venerdì 1 dicembre 2006

UNA PRIMAVERA DA CERCARE

Tra le mille vicende quotidiane e le valanghe di notizie che ci arrivano da ogni parte, non ha trovato molto spazio nell’informazione televisiva e stampata un evento ecclesiastico assai rilevante.

Giovedì 23 novembre, a 40 anni dall’incontro tra Paolo VI e l’arcivescovo Michael Ramsey, è avvenuto un cordiale faccia faccia tra papa Ratzinger e l’attuale arcivescovo di Canterbury. Il quadro, la cornice e i due interlocutori meritano un po’ di attenzione.

Intanto non può sfuggirci un particolare. Il primate della chiesa anglicana, l’arcivescovo Rowan Williams, è giunto al palazzo apostolico accompagnato dalla moglie Jane e dal figlio Philip. Un elemento di cornice, un dettaglio.

Può darsi, ma si tratta di un particolare non del tutto irrilevante. Noi non siamo abituati a vedere vescovi, cardinali, arcivescovi e preti arrivare con moglie e figli. Se ci sono, come spesso succede, sono tenuti rigorosamente lontani e nascosti.

A mio avviso, questo “dettaglio” conferisce al quadro un tratto di calda umanità spesso assente dagli incontri ufficiali. Il colloquio è stato caratterizzato da una franchezza davvero encomiabile, di cui si registra una eco fedele nel comunicato finale.

Né Ratzinger né Williams hanno girato attorno ai problemi, alle divergenze, ai nodi teologici e pastorali che dividono le due chiese. Va dato atto ai due interlocutori di questo comportamento onesto, franco, diretto.

Senza preamboli, senza dimenticare le convergenze sul piano sociale e solidaristico, hanno fatto emergere la crescente distanza che caratterizza il cammino delle due chiese.

Il papa ha sottolineato che l’ordinazione al sacerdozio e all’episcopato di donne e di omosessuali rappresenta un vero ostacolo come “certi insegnamenti morali”. L’arcivescovo di Canterbury ha dichiarato che il cammino ecumenico non potrà essere facile.

Fin qui, tutto sommato, è cronaca che, in qualche misura, conosciamo. Nessuno poteva pensare che l’incontro non sollevasse qualche problema. Ma, dietro tutto questo scenario, si scopre un fossato che si allarga sempre di più.

Decenni di dialogo, se da una parte hanno creato un indubbio rapporto di amicizia, dall’altra hanno messo in luce delle differenze che si stanno approfondendo. Né si tratta soltanto di difficoltà che coinvolgano i rapporti tra cattolici e anglicani.

Anche nei confronti degli ortodossi, il cammino ecumenico sembra raffreddarsi rispetto alla questione del primato. Le chiese nate dalla Riforma sui terreni della laicità, del ministero, della morale sessuale percorrono strade assai diverse.

Mi sembra che la stagione ecumenica debba affrontare seriamente questo inverno,debba viverlo, se poi vuole ritrovare una primavera. L’irrigidimento del cattolicesimo romano-vaticano riprende una storia lunga e triste: la chiesa cattolica, senza rinnegare ufficialmente le sue affermazioni ecumeniche, si avvia verso un sentiero solitario.

Il suo rischio consiste nell’isolarsi dall’ecumene cristiana perché pretende di essere la sola che, nelle “questioni di vitale importanza per la predicazione del vangelo nella sua integrità”, resta coerente di fronte alla marea montante della modernità.

Ma questa rigidità, spesso scambiata per coerenza, non ha già prodotto dentro la chiesa cattolica uno scisma sommerso “che nessun affollamento di grandi piazze e di pellegrinaggi devoti o di giubilei millenari basta a isolare nel nascondimento nella coscienza dove si parla davvero con Dio?

Ci si lascerebbe sfuggire l’importante novità di quel mondo di valutazioni e di comportamenti pratici che si viene manifestando nel popolo dei credenti in maniera sempre meno facilmente contestabile, se ci si limitasse a qualificarli, come fino ad ora hanno fatto molti sociologi, come altrettanti forme dell’allontanamento o dell’uscita dalla comunità ecclesiale o, in generale, dall’ortodossia e dalla pratica cattolica.

Bisogna invece rendersi conto che siamo di fronte, come ho già osservato, ad una specie di scisma. Non è uno scisma istituzionale, ossia tale da assumere, come è avvenuto spesso in passato, la forma di una società ecclesiale separata dalla Chiesa cattolica storicamente istituita.

E’ piuttosto un distacco, semplicemente nascosto, o sommerso, di molti fedeli dalla soggezione agli insegnamenti della gerarchia ecclesiastica della quale non si accettano più posizioni dottrinarie o pratiche pastorali che si ritengono fuori dal tempo e dallo spazio della scienza o, con espressione più precisa, inadeguate ad accogliere significati e valori dove la cultura meno contestabile di oggi non pare in contrasto con una presa di coscienza più autentica dei principi cristiani” (Pietro Prini, Lo scisma sommerso, Garzanti pagg 55 e 78).

Non si può costruire con l’immobilismo e il dogmatismo un monumento alla coerenza cristiana. E, come la vicenda Milingo ci fa temere, non è proprio il caso, per esempio, di creare uno scisma a causa dell’assurda legge del celibato obbligatorio dei preti.

In una “società chiusa” diventa scismatico o eretico ciò che non sta dentro i “paletti” della tradizione, tradizionalisticamente interpretata. Quanti hanno a cuore la bellezza e la fecondità della fede cristiana e avvertono la preziosità dell’impegno ecumenico, non possono rimanere indifferenti di fronte ad arroccamenti, figli della paura e del dogmatismo.

L’ecumenismo procede per altre strade e anche il più lungo e gelido inverno lascia sempre posto alla primavera. Ma, su questo terreno, la primavera non arriva magicamente. Va cercata con intelligenza ed impegno. Non basta attenderla.

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