venerdì 2 gennaio 2009

ARTICOLO DI UNO STORICO ISRELIANO

Pensare di dare una lezione ad Hamas è un errore fondamentale

(Tom SEGEV - Haaretz 29 12 08 )

 

La prima catena televisiva si è dedicata a un interessante lavoro di mixage sabato mattina. I suoi corrispondenti parlavano da Sderot e Ashkelon, mentre sullo schermo si vedevano immagini della Striscia di Gaza. Così la catena dava il messaggio giusto, benché, senza dubbio, inconsapevolmente. Un bambino di Sderot e un bambino di Gaza sono simili, e chi li minaccia è cattivo.

Ma la condanna morale dell'assalto a Gaza non è la cosa che più importa. Ciò che più importa, è un po’ di memoria storica. Sia la giustificazione che viene data oggi, sia la scelta degli obiettivi, ripetono le medesime certezze che si sono dimostrate false ogni volta. Tuttavia Israele le estrae dal suo cappello ancora una volta, una guerra dopo l'altra.

Israele colpisce i Palestinesi per «dare loro una lezione». E’ la certezza primordiale del sionismo dalla sua origine. Noi siamo i rappresentanti del progresso e dei lumi, della razionalità complessa e della moralità, mentre gli arabi sono primitivi, dei bruti violenti, dei bambini ignoranti, che bisogna educare e a cui bisogna insegnare la saggezza -  grazie, ovviamente, al metodo della carota e del bastone, come si fa con gli asini.

Il bombardamento di Gaza serve a «liquidare il regime di Hamas», secondo quest’altra certezza del sionismo fin dalla sua origine: che è possibile imporre una direzione «moderata» ai Palestinesi, cioè una direzione che abbandoni le loro aspirazioni nazionali.

Corollario di quest’assioma: Israele crede sempre che infliggere sofferenze ai civili palestinesi li farà rivoltare contro i loro leader. Questa certezza si è dimostrata sempre falsa.

Tutte le guerre d'Israele si sono basate su un’altra certezza che noi abbiamo sin dall’inizio: che noi ci difendiamo. « Mezzo milione di Israeliani sotto tiro» titolava domenica Yedioth Ahronoth - come se la Striscia di Gaza non fosse sottoposta a un lungo assedio che ha distrutto per un’intera generazione le possibilità di una vita che valga la pena di essere vissuta.

Si può ammettere che sia impossibile vivere sotto la minaccia costante dei missili, benché nessun luogo al mondo sia oggi al riparo dal terrore. Ma Hamas non è un’organizzazione terrorista che tiene la popolazione di Gaza in ostaggio. E’ un movimento nazionalista religioso e la maggioranza degli abitanti di Gaza lo segue. Si può certo attaccarlo, con un assedio di cui la Knesset ha la chiave. Ma, in questo contesto,  è bene ricordare un’altra verità storica. Dall'alba della presenza sionista sulla terra d'Israele, nessuna operazione militare ha fatto avanzare il dialogo con i Palestinesi.

Più pericoloso di tutto è il cliché che noi non abbiamo interlocutori. Questo non è mai stato vero. C’è il modo di parlare con Hamas, e Israele ha qualcosa da offrire a questa organizzazione. Mettere fine all’assedio di Gaza, e permettere la libertà di movimento tra Gaza e la Cisgiordania potrebbe ristabilire la vita nella Striscia.

Nello stesso tempo, bisogna rispolverare i vecchi piani che datano dalla fine della Guerra dei Sei Giorni, che prevedevano di insediare migliaia di famiglie di Gaza in Cisgiordania. Questi piani non sono mai andati in porto, perché la Cisgiordania è stata consacrata alle colonie ebraiche. E quella fu la certezza più nefasta di tutte.

 

 

 

 

 

 

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