ma il prendere parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo"
sabato 31 gennaio 2009
BONHOEFFER
ma il prendere parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo"
SUVVIA, NON ESAGERIAMO
VOGLIA DI RISCATTO
CHIEDONO RICONOSCIMENTO IN ITALIA
venerdì 30 gennaio 2009
NON DISTURBARE...
UNA PREGHIERA PER I BAMBINI DI GAZA
Una preghiera ebraica per i bambini di Gaza.
Di Bradley Burston, inviata da Rabbi Levi Weiman-Kelman di Kol Ha Neshama, Gerusalemme.
Se c'è mai stato un tempo per pregare, questo è il tempo per pregare.
Se c'è mai stato un luogo abbandonato, allora Gaza è quel luogo.
Signore, che sei il creatore di tutti i bambini, ascolta in questi giorni maledetti la nostra preghiera. O Dio, che noi chiamiamo il Benedetto, volgiti verso di loro, verso i bambini di Gaza, affinché possano conoscere le tue benedizioni, la tua protezione, possano conoscere luce e calore dove ora c'è solo oscurità, fumo e un freddo che sferza la pelle.
Onnipotente che compi eventi straordinari, che noi chiamiamo miracoli, compi qualcosa di straordinario per i bambini di Gaza. Proteggili da noi e da loro stessi. Risparmiali. Guariscili. Fa' che stiano al sicuro. Liberali dalla fame, dall'orrore, dalla violenza e dal dolore. Liberali da noi e da loro stessi.
Restituisci loro la loro infanzia rubata, la loro primogenitura che ha il sapore del paradiso.
Donaci di ricordare, o Signore, il bambini Ismaele che è il padre di tutti i bambini di Gaza. Donaci di ricordare come il bimbo Ismaele fosse senz'acqua e prossimo alla morte nel deserto di Beer-Sheba, privo ormai di ogni speranza, mentre sua madre non riusciva a sopportare di vederlo morire sotto i suoi stessi occhi.
Sii quel Signore, il Dio del nostro fratello Ismaele, che ne udì il grido e gli inviò il Suo angelo per consolare sua madre Agar.
Sii quel Signore che, in quel giorno, fu accanto a Ismaele e continuò a esserlo per tutti i giorni della sua vita. Sii quel Dio, il Misericordioso, che in quel giorno aprì gli occhi di Agar, che poté scorgere un pozzo d'acqua e dare da bere al piccolo Ismaele salvandogli la vita.
Allah, nome che noi pronunciamo Elhoim, Tu che doni la vita, Tu che conosci il valore e la fragilità di ogni vita umana, manda i tuoi angeli in soccorso di questi bambini. Proteggi i bambini di Gaza, luogo bellissimo e al tempo stesso dannato.
In questi giorni in cui l'inquietudine, la rabbia e il lutto della guerra si impadroniscono del nostro cuore per ricoprirlo di cicatrici, noi gridiamo a Te che sei il Signore il cui nome Pace:
Benedici questi bambini e proteggili.
Volgiti verso di loro, o Signore. Mostra loro, come se fosse la prima volta, luce e benevolenza, sommergili con il tuo amore.
Ponili sotto il tuo sguardo, o Signore. Dona loro di vedere il tuo volto.
E, come se fosse per a prima volta, dona loro la pace.
OBAMA FA SUL SERIO
LEFEVRIANI ALL'ATTACCO
CRISTIANESIMO LEFEVRIANO?
Giancarla Codrignani
La prima volta che, nella cappella Sistina, Benedetto XIV celebrò dando le spalle al popolo, gli cadde l'anello e un monsignore dovette chinarsi a recuperarglielo. Le casualità assumono valore simbolico e vengono in mente quando fatti più rilevanti e contraddittori fanno pensare quanto il Padre eterno possa essere contento dei suoi figli o - che è lo stesso - come faccia bene se allontana il suo volto dalla nostra realtà.
Che il Concilio Vaticano II non andasse bene ai tradizionalisti è sempre stato chiaro. Infatti Giovanni XXIII, che non era ignaro né di essere stato designato perché, anziano, doveva essere "un Papa di transizione", né di trovarsi circondato da conservatori impenitenti presentò la notizia del Concilio nel più imprevedibile dei modi: il 25 gennaio 1959 si presentò - dopo la messa e l'Omelia a conclusione della settimana per l'unità dei cristiani - nella sala capitolare di san Paolo e annunciò alla stampa e al mondo prima che al sacro collegio cardinalizio la grande novità.
L'imprevista decisione fu accolta dall'ossequioso consenso interno e, successivamente, dal rispetto di Paolo VI che quel Concilio proseguì e chiuse e dalle citazioni confermative dei successori. Anche di Benedetto XVI. Non si può, infatti, definire eretico un Concilio teologicamente sempre presieduto dalla Spirito santo. Ma qualcuno certamente lo ha pensato: il timore che una Chiesa più umana diventasse meno potente indusse, infatti, parte del clero alla rimozione, alcuni alla contestazione, mentre gran parte del "popolo di Dio" si apriva alla speranza.
Lo scisma di mons.Lefebvre fu condannato dalla scomunica di Giovanni Paolo II: conoscendo l'uomo e la storia, risulta evidente che Wojtyla definiva l'errore patente. Oggi è scandaloso che, senza pentimento, Papa Benedetto abbia cancellato quella scomunica, proprio a conclusione della settimana dell'unità e dopo che uno dei quattro vescovi lefevriani, Richard Williamson, si è espresso in termini negazionisti dell'Olocausto (come se già non fosse bastata la rottura con gli ebrei a causa della preghiera per la loro conversione da qualche anima pia definita non intenzionale, come se in Curia fossero tutti analfabeti).
Adesso il Papa, uno che privilegia il logos della ragione, dovrebbe spiegare come possano convivere nelle sue parole l'elogio anche recente del Vaticano II e il tradizionalismo bigotto della Fraternità di san Pio X.
I laici che vogliono mantenersi credenti si interrogano sulla volontà della Chiesa di farsi del male. Teologicamente è un assurdo riconoscere che Gesù era ebreo e continuare con l'antisemitismo subdolo, ed è un assurdo non dare slancio all'ecumenismo ormai, al massimo, limitato agli ortodossi, proprio in un tempo in cui si mondializzano le religioni e i cristiani disuniti non sono segno di pace agli altri mentre l'Occidente incontra un Islam che, nato nello stesso seno monoteista, non può finire nella logica perversa amico-nemico.
Ma la Chiesa si fa ancor più male perché conosce le statistiche dell'abbandono crescente della pratica cattolica (oltre a quelli interni al clero e agli ordini religiosi, sa i dati circa il numero delle vocazioni, delle pratiche dei sacramenti, delle chiese chiuse o vendute e le indagini dell'Istat, del Comune di Milano, di Critica liberale e il libro di A.Castagnaro Religione in stand-by) e ha paura. Come ha paura della scienza, delle prospettive etiche diversificate, della libertà degli uomini e delle loro libere istituzioni. Non era mia neppure la teologia di Papa Wojtyla; ma né io né nessuno dimentica il suo "non abbiate paura".
La chiesa cattolica - e, forse, ogni chiesa, come ogni essere umano - ha paura del futuro. Ma una cosa è condividere la debolezza di non avere capacità di antivedere e di prevenire guai prevedibili, un'altra è imporre come universali proprie determinazioni non argomentate, non ospitare la condizione problematica delle altre chiese e non aprire a tutti gli uomini, credenti e non credenti, la via della speranza. Senza la speranza non è comunicabile né credibile la fede ordinata sul dogma, o il richiamo predicatorio all'amore non fondato gratuitamente sull'uguaglianza dei figli di Dio, cioè di tutti. Solo l'attenzione ai "segni" - che cinquant'anni fa erano l'avanzamento dei lavoratori, delle donne e dei popoli oppressi, e che oggi si sono diversamente moltiplicati - dà senso (e consenso) alla Chiesa. Il ritorno di un prete che non condivide, ma interpreta il Cristo è un esempio triste, lontano dalla convivialità evangelica. Data l'ignoranza storica degli italiani anche nella pratica religiosa, rafforzarne la regressione che "segno" é? Davvero deve cadere l'anello simbolico solo di un potere?
RICEVO PUBBLICO E CONDIVIDO
Il papa, i lefebvriani, il concilio
di don Paolo Farinella
Il papa è ancora cattolico?
Dovrei provare soddisfazione nel dire «lo avevo detto», invece provo amarezza e rabbia. Il 14 settembre 2007, opponendomi con tutte le mie forze all'introduzione della Messa preconciliare voluta dal papa attuale, scrissi in 24 ore un libretto (Ritorno all'antica Messa, Gabrielli Editore) in cui mi dichiaravo obiettore di coscienza e mentre tutti giocavano sul folclore della «Messa in latino» dimostravo che l'obiettivo esplicito del papa era l'abolizione del concilio ecumenico Vaticano II. Qualcuno parlò di esagerazione. Oggi gli increduli di allora ne hanno la prova provata e spero che nessuno riduca ciò che sta accadendo a meri fatti interni alla Chiesa che non interessano il mondo laico.
a) Il ritorno all'anticoncilio
L'abolizione della scomunica ai quattro vescovi scismatici lefebvriani è uno stupro compiuto dal papa contro la Chiesa perché di sua iniziativa sancisce e definisce che il concilio Vaticano II non è mai esistito. Il papa infatti non chiede ai lefebvriani un atto previo di adesione al magistero del concilio come condizione per l'abolizione della scomunica, ma li riammette semplicemente come se niente fosse successo, schierandosi contro due papi che li sospesero a divinis (Paolo VI) e li scomunicarono come scismatici (Giovanni Paolo II). O i lefebvriani erano scismatici o il papa che li scomunicò compì un atto illecito, visto che le condizioni della scomunica non sono mutate. Oppure sbaglia, e alla grande, il papa di adesso. Lo stesso giorno dell'abolizione della scomunica (24 gennaio 2009), il capo degli scismatici, Fallay in due distinti comunicati ai suoi seguaci scrive:
«Noi siamo pronti a scrivere col nostro sangue il Credo, a firmare il giuramento anti-modernista di Pio X, facciamo nostri e accettiamo tutti i concili fino al Vaticano I. Nello stesso tempo non possiamo che esprimere delle riserve riguardo al concilio Vaticano II, un concilio «diverso dagli altri». In tutto ciò, noi manteniamo la convinzione di restare fedeli alla linea di condotta indicata dal nostro fondatore, Monsignor Marcel Lefebvre, di cui ora aspettiamo la pronta riabilitazione … Allo stesso modo, nei colloqui che seguiranno con le autorità romane, vogliamo esaminare le cause profonde della situazione presente e, nel trovare il rimedio adeguato, giungere a una restaurazione solida della Chiesa. … La nostra Fraternità desidera potere aiutare sempre di più il papa a porre rimedio alla crisi senza precedenti che scuote attualmente il mondo cattolico … Siamo anche felici che il decreto del 21 gennaio 2009 ravvisa come necessari «incontri» con la Santa Sede; questi incontri permetteranno alla Fraternità Sacerdotale San Pio X di esporre le ragioni dottrinali di fondo che ritiene stiano all'origine delle difficoltà attuali della Chiesa. In questo rinnovato clima, noi abbiamo la ferma speranza di giungere presto al riconoscimento dei diritti della Tradizione cattolica» (Menzingen 24 gennaio 2009. Bernard Fellay).
b) Qualcuno mente spudoratamente
Coloro che parlano, come la Sala Stampa vaticana e il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, di gesto di clemenza e di magnanimità del papa, mentono sapendo di mentire, perché sanno troppo bene che i problemi sono dottrinali e riguardano una sola questione: «Il concilio Vaticano II è un concilio almeno come gli altri, la cui accettazione è essenziale per essere cattolici, oppure è ad libitum, a discrezione cioè della sensibilità di ciascuno, essendo solo un conciliabolo per pochi intimi?». Come conciliare le affermazioni del capo dei lefebvriani che lo stesso giorno dell'abolizione della scomunica dichiara pubblicamente che non accetteranno mai il concilio Vaticano II e il suo magistero per «ragioni dottrinali di fondo»?
Non vi sono alternative: o mente il papa o mente il capo dei lefebvriani o mentono tutti e due. Se i lefebvriani possono archiviare e disprezzare un concilio ecumenico, è lecito ad un cattolico, restando cattolico, rifiutare per motivi dottrinali il magistero di Benedetto XVI ritenuto lesivo per la fede cattolica?
Se i lefebvriani possono essere riammessi nella Chiesa cattolica senza dovere contestualmente accettare il magistero di un concilio ecumenico, perché il papa non compie lo stesso «gesto di misericordia» verso quei cattolici che sono stati buttati fuori dalla Chiesa per «eccesso di progressismo», colpevoli di considerare il concilio un'assise incompiuta? Che posto occupano nella chiesa i teologi e teologhe della liberazione perseguitati, vilipesi e cacciati? Se il concilio non è determinante, perché usare due pesi e due misure?
Posso esigere che le mie posizioni teologiche diametralmente opposte a quelle dei lefebvriani debbano avere la stessa cittadinanza nella chiesa ponendo fine così ad un ostracismo ed isolamento che dura da oltre un quarto di secolo? Dal momento che si stanno avverando tutte le «profezie» che scrissi nel 2007 e ancora prima, non è il caso che il vescovo chieda scusa e mi restituisca quella dignità di cattolico a tutto tondo che io credo di meritare?
Dal mio punto di vista anticipo e prevedo (come si suole dire in diritto: nunc pro tunc) che la prossima mossa di Benedetto XVI sarà la dichiarazione che la Messa tridentina dovrà considerarsi «forma ordinaria» e la Messa riformata di Paolo VI «forma extraordinaria» per giungere nel ragionevole tempo di una decina d'anni alla sua abolizione e ripristinare il clima tridentino per andare alla riscossa del mondo moderno con le truppe cammellate dei tradizionalisti, combattenti fidati per restaurare la Christianitas medievale.
c) L'antisemitismo come fondamento teologico
Uno dei vescovi scismatici e sospesi a divinis, tale Richard Williamson ha avuto l'ardire di negare l'olocausto la vigilia della sua riammissione nella comunione cattolica che per gentile concessione del papa, coincideva con la vigilia della giornata della memoria della Shoàh. Nulla avviene per caso e tutto ha un senso e una simbologia. Dopo le reazioni dentro e fuori la Chiesa, il Vaticano, la Cei e chi più ne ha più ne metta, si sono arrampicati sugli specchi per tentare di fare quadrare il cerchio, senza rendersi conto che chi nasce quadrato non può morire rotondo. Per i lefebvriani l'antisemitismo è una nota caratterizzante la loro teologia per la quale gli Ebrei sono «deicidi» e lo sono per l'eternità, a meno che non si convertano e riconoscano Gesù Cristo come loro Messia e Dio. Nella lettera di scuse inviata al papa dall'altro compare e capo dei lefebvriani, Bernard Fellay, si chiede perdono al papa, ma non al popolo giudaico e a tutti i morti ebrei nei campi di concentramento e per mano nazi-fascista. La pezza è stata peggio del buco. I lefebvriani rifiutano di sana pianta il documento conciliare «Nostra Aetate» in cui al n. 4 si parla della religione ebraica in termini positivi e si rifiuta per la prima volta il concetto di «deicidio» come colpa di tutto il popolo d'Israele, ma lasciandone la responsabilità solo alle «autorità ebraiche con i loro seguaci» del tempo di Gesù (n. 4/866).
d) I papi sbagliano
Nella Chiesa cattolica, da un punto di vista cattolico, non possono coesistere i lefebvriani e il concilio Vaticano II. Se entrano i primi deve uscire il secondo e se resta il secondo, non possono entrare i primi. A mio avviso, infatti, i nodi dovranno ancora venire al pettine e questa riconciliazione porterà molta più frattura di quanto si possa immaginare. Prego che il papa torni suoi passi e riprenda la fede cattolica che ha abbandonato consapevolmente sulla soglia della Fraternità lefebvriana. Diversamente ci sentiamo dispensati dal riconoscere la sua autorità, come i lefebvriani hanno rifiutano e rifiutano l'autorità di Giovanni XXIII, Paolo VI e in parte di Giovanni Paolo II. Tutto ciò dimostra che la confusione regna ai vertici della Chiesa cattolica e la prova che spesso anche i papi infallibilmente sbagliano. Enormemente.
(28 gennaio 2009)
La sottile linea rossa tra Williamson e Tremonti
Non bisogna commettere l'errore di considerare le aberranti parole del vescovo Williamson come una voce dal sen sfuggita, come una convinzione personale espressa avventatamente nella forma di una gaffe planetaria, come un accidente rispetto al corpus filosofico-teologico che costituisce la visone del mondo di questi settori dell'integralismo cattolico radicale di cui la Fraternità di San Pio X non è che una componete.
Come ha giustamente osservato Adriano Prosperi su Repubblica (27/1) l'itinerario dei seguaci di monsignor Lefebvre ha "un rapporto molto preciso con lo sterminio degli ebrei. Ciò che spinse il prelato francese a ribellarsi alla Chiesa fu la dichiarazione sulla libertà religiosa e l'apertura verso l'ebraismo. Cercheremmo invano la sua firma sotto la 'Nostra aetate', il documento fondamentale sulle relazioni tra la Chiesa cattolica e le altre religioni".
Del resto il rifiuto del Concilio da parte di questa componente del cattolicesimo più tradizionalista affonda le proprie radici nel più generale rifiuto di una Chiesa aperta al mondo, capace di confrontarsi in maniera costruttiva con la modernità, la società laica, le altre grandi religioni e, non da ultimo, le istanze di giustizia che all'indomani del secondo conflitto mondiale muovevano straordinarie energie alla conquista di nuove frontiere del progresso civile, democratico e sociale.
Le parole d'ordine in nome delle quali questi gruppi hanno opposto la propria resistenza alla "satanica" alleanza tra la Chiesa di Giovanni XIII e il mondo laico sono state: "Tradizione", "autorità", "conservazione", "identità". Una galassia valoriale, insomma, del tutto coerente con il più classico armamentario ideologico della "destra profonda" del trittico "Dio, Patria, Famiglia", della difesa delle "Radici Cristiane" nel sacro suolo europeo, della difesa della Nazione contro l'invasione dei nemici esterni e le forze disgregatrici interne (laicismo, secolarismo, relativismo).
E non è un caso che questo mondo abbia finito per incrociare la battaglia "antimoderna" che Joseph Ratzinger ha ingaggiato sin dal giorno della sua designazione sul soglio pontificio. Come non è un caso che questi stessi gruppi siano spesso fortemente legati ad organizzazioni politiche della destra identitaria e xenofoba (in Italia i collegamenti fra Lega Nord, Forza Nuova e Fraternità di San Pio X sono sotto la luce del sole).
Questo non significa in alcun modo che Benedetto XVI condivida le deliranti frasi di mons. Williamson sulla Shoah e le camere a gas. Ma fermarsi a quelle frasi può deviare l'attenzione da quel filo rosso che lega gli attuali vertici della Chiesa, i gruppi dell'integralismo cattolico più radicale, l'arcipelago dell'estrema destra e gli ambienti della destra istituzionale e "presentabile" che civettano con certe parole d'ordine e certi slogan. La fuoriuscita da destra dal pensiero unico globalista che Giulio Tremonti cerca di delineare nel suo ultimo bestseller "La paura e la speranza" si muove lungo lo stesso solco nel quale prima di lui si erano avventurati Oriana Fallaci e Marcello Pera. La devastante crisi economica verso la quale stiamo andando incontro non ci permette di sottovalutare chi a questa crisi sa contrapporre pericolose ed inquietanti "sicurezze". La giornata della memoria si celebra anche così.
LA PAURA DEL MINARETO
giovedì 29 gennaio 2009
L'ACQUA RESTA PUBBLICA
Da Repubblica del 28 Gennaio 2009:
"Cambia tutto nella battaglia dell'acqua in Italia. Fino a ieri era quasi un tabu' dire "no" alla privatizzazione come rimedio a tutti i disservizi. La fine della gestione pubblica del bene piu' universale era diventata un "must" anche nei partiti di sinistra. Alemanno e Veltroni, Lanzillotta e Veltroni erano su posizioni quasi analoghe: mettere in gara i servizi. Ora, improvvisamente, il parlamento della Lombardia, la cui giunta di centrodestra si era lanciata verso il privato idrico in modo ancora piu' spericolato del governo Berlusconi, ha fatto marcia indietro. Tutti i partiti, inclusa Forza Italia, hanno detto che non era il caso di spingersi cosi' avanti e in effetti andava lasciato ai Sindaci decidere se cambiare gestione.
Cos'e' accaduto ? Un reggimento di comuni lumbard ha rivendicato il diritto a mantenere l'acqua pubblica laddove funzionante. Non è stata una rivolta come un'altra. Innanzitutto per la dimensione: 144 sindaci e i loro consigli hanno sottoscritto la stessa richiesta. Poi, per la trasversalità, parallela e contraria a quella che fino a ieri aveva visto Destra e Sinistra quasi unanimi nel sostenere la scelta privata.
Quella di ieri a Milano, festeggiata con un brindisi di acqua di rubinetto,è stata una vittoria della democrazia diretta, ottenuta con una battaglia caparbia che ora avrà i suoi effetti sul resto del paese, anche alla luce delle calde reazioni popolari alla legge 133 dello scorso Agosto una bomba approvata alla chetichella che obbliga i Comuni a mettere le reti sul mercato anche laddove i conti tornano.
La contrarietà al privato "tout court" non nasce da posizioni "teologiche" ma da una constatazione pratica: quasi ovunque dove si è scelta questa strada, le bollette sono aumentate senza che la qualità del servizio migliorasse. La rete italiana resta in rovina e richiede urgenti investimenti che nessuno vuole scucire. Per questo, Regioni hanno gia' fatto ricorso costituzionale e sindaci da Nord a Sud hanno gridato all'esproprio. Ora, con la rivolta lombarda, tutto cambia e anche il federalismo acquista piu' senso."
Cari saluti
GESU': UN DISTURBATORE
Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare.Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare:«Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio».E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo».
E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea. (Marco 1, 21-28)
- Molto spesso anche a Cafarnao il popolo aveva subìto i lunghi discorsi delle autorità politiche e religiose, Quante promesse mai realizzate..., quante leggi e leggine imposte e ribadite...C'era di peggio nell'esperienza di questi abitanti di Cafarnao. Più volte avevano dovuto constatare il disinteresse delle autorità per la gente semplice e ricordavano benissimo i nomi di tante persone costituite in autorità che si erano arricchite sulle spalle del popolo. Avevano approfittato della loro posizione per costruirsi dei privilegi.
- Tutto questo era, purtroppo, molto vero e pesante, molto evidente ai cittadini di Cafarnao.
In realtà avevano anche conosciuto, sia pure più raramente l'altra faccia della medaglia. Qualcuno ricordava di aver ascoltato Giovanni, il profeta battezzatore. Quello davvero era un uomo "autorevole", un uomo coerente, dedito alla causa del popolo e alla causa di Dio. Così pure alcuni maestri della legge e alcuni farisei erano dei veri esempi di vita nella fedeltà a Dio e ai poveri.- In Gesù questa dedizione a Dio e al popolo brillava di luce tutta particolare. In lui questa gente di Cafarnao vide i tratti concreti di una persona autorevole. Si potrebbe dire che in Gesù videro il ritratto dell'autorità in senso biblico, costruttivo, liberante.
- Il testo non è poi così lontano da noi, dai nostri problemi di oggi.
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CARO VENDOLA,
mercoledì 28 gennaio 2009
APPUNTI SULLA LAICITA'
Constatando, e non da oggi, che è dificile individuare sedi di riflessione e
di confronto, senza pretese di completezza e di sistematicità voglio rendere
partecipi amici, compagni o conoscenti con cui ho condiviso e condivido
esperienze politiche, amministrative e culturali di alcuni pensieri sulla
laicità.
1. So bene che la politica è (dovrebbe essere) laica e che nella fase attuale
le forze politiche tutte, ma penso soprattutto al PD, devono (dovrebbero)
raddoppiare il loro impegno per renderla tale. Ciò non significa escludere
dall'orizzonte di vita individuale e collettivo, la spiritualità, ciò che le
fedi e le religioni predicano e rappresentano.
Per chi poi ha maturato, interpretato e conquistato il concetto e la pratica
di laicità partendo dall'esperienza di comunità cristiana e superando
integrismo, integralismo e collateralismo politico, il problema è oggi tanto
più acuto. Pare che il percorso vada a ritroso mentre la situazione esige
prosecuzione.
2. 50 anni or sono, il 25 gennaio 1959, veniva indetto il Concilio Vaticano
II. E' difficile pensare oggi alle energie ed alle speranze che quell'evento
ha suscitato ed alla logica che ha innestato. Basta leggere il primo
paragrafo della Costituzione conciliare "gaudium et spes" per renderci conto
dell'orizzonte in cui il Concilio pose la Chiesa ed i singoli credenti: "le
gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei
poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono anche le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di
genuinamente umano che non trovi eco nel loo cuore".
3. La Chiesa conosce per secolare tradizione il valore dei simboli; le date
e le ricorrenze rientrano in questa categoria. Proprio per questo motivo non
si può non dare valore simbolico al fatto che la vigilia del 50°
anniversario dell'indizione del Concilio venga tolta la scomunica a chi ha
contrastato e negato (e continua a negare) il valore del Concilio. Non è il
figliol prodigo che torna a casa pentito, è il padre che dice di essersi
sbagliato nei sui confronti.
Credo non sfugga a nessuno che siamo di fronte ad un fatto che va ben al di
là della riammissione nella comunità ecclesiale di alcune migliaia di fedeli
e di 4 vescovi: è la riabilitazione di un filone di pensiero, di una pratica
liturgica e pastorale. E' una visione del mondo e della religione e non è
possibile slegare questa vicenda da tanti altri fatti che capitano nella
Chiesa.
4. In tanto uno dei vescovi riabilitati per meglio precisare il suo pensiero
nega l'esistenza dei campi di sterminio nazisti. La coincidenza del
pronunciamento con il Giorno della memoria rende tanto più macabro e triste
il tutto, ben sapendo che al negazionismo e all'antisemitismo sono legati
tutti i momenti peggiori della storia civile ed ecclesiastica ed hanno un
ben preciso ed indubbio segno politico.
5. Sul caso di Eluana Englaro e su tutte le problematiche connesse, sulla
costruzione di luoghi di culto per i musulmani, argomenti diversissimi fra
loro, ma cartina al tornasole, sentiamo e leggiamo pronunciamenti che
pongono interrogativi su laicità, pluralismo, tolleranza, integrazione e
multiculturalismo. Se penso che siamo solo all'inizio del capitolo che i
casi sopraindicati aprono e che il futuro ci porrà di fronte a ben altre
realtà, mi pare di poter dire che la riflessione a livello generale, ed in
ambito politico in particolare sia del tutto insufficiente ed inadeguata.
Una assenza di riflessione in sede laica e politica (e sarà bene sempre
ricordare che ciò non significa assenza di principi, di riferimenti etici e
di considerazione per quanto viene dalle religioni) fa correre ai politici
il rischio dell'opportunismo: interpretare la Chiesa come un potere che può
condizionare l'elettorato e quindi adattarsi ai suoi pronunciamenti per mero
interesse. Ci sono già gli atei devoti che ben interpretano questa
posizione.
L'assenza di ricerca e riflessione che si tramuta quindi in venir meno di
dialettica di dialogo non aiuta neanche la Chiesa (ma dovremmo sempre di
più pensare alle varie religioni) per superare fondamentalismi ed
integralismi.
6. Ed è possibile superarli. Penso alle conseguenze positive che si
avrebbero nella vita civile se all'interno della Chiesa trovassero udienza e
prevalessero le posizioni che recentemente ho riscontrato in scritti di
autorevoli vescovi.
Il primo. Nel momento in cui lascia la sua Diocesi, Caserta, mons. Nogaro
tra l'altro scrive: "Amos Oz riferisce un aneddoto: "Avevo dato all'amico un
appuntamento al bar. Assolsi ad un piccolo impegno d'urgenza e subito
raggiunsi l'amico. Con mia sorpresa già seduto accanto a lui un signore dal
nobile aspetto. Con qualche gesto impercettibile chiesi all'amico chi fosse.
Quegli, con fare circospetto, mi disse: mi pare tanto che sia Dio. Mi
sedetti accanto e, parlando, anch'io ebbi l'impressione che fosse Dio. Volli
allora togliermi una curiosità. Dissi: da noi qui ci sono tante religioni:
la cristiana, l'ebraica, la musulmana. Qual è quella vera? Rispose: non lo
so; io non sono religioso. Sono venuto sulla terra per amare gli uomini e
per salvarli". Invece il confronto religioso diventa facilmente violenza,
dalla lotta contro gli albigesi alle crociate."
Il secondo. Il cardinal Martini nel suo libro Conversazioni notturne a
Gerusalemme scrive: "Gli uomini si allontanano dai propri documenti di base,
dai dieci comandamenti, e si costruiscono una propria religione; questo
rischio esiste anche per noi. Non puoi rendere Dio cattolico. Dio è al di là
dei limiti e delle definizioni che noi stabiliamo".
Sono testi di alta spiritualità ma ritengo che ognuno, credente o no,
comprenda il valore civile che essi hanno e come sarebbe più facile vivere
se ci si impegnasse su queste linee.
Ci sarebbero ancora molte cose da dire. Concludo sottolinerando ancora che
gli appunti sopra riportati avrebbero bisogno di ulteriori approfondimenti.
Cordiali saluti, Alberto Barbero
REQUIEM PER IL CONCILIO?
Ora il Concilio Vaticano II è un cadavere in decomposizione, roba da museo. Nel 1975 scrissi un piccolo saggio intitolato "Al capezzale del Concilio" e nel 1978 ne firmai un altro intitolato "Il funerale del Concilio". Mi fa un po' di tenerezza l'ingenuità di chi continua a misurarsi con un cadavere e mi suscita, invece, una certa composta indignazione il fatto che, dopo ogni mossa reazionaria, le gerarchie citino un versetto del Concilio, come si serve un dolcetto alla fine di un pasto indigesto.
Occorre uscire da questa ingenuità. Chi come me ha vissuto intensamente il Concilio, non lo ha mai mitizzato, né si è illuso che esso potesse, nelle sue parti più promettenti, trovare accoglienza vasta nel corpo ecclesiale. Io ho sempre pensato che esso, con le sue ombre e le sue luci, fosse un punto di partenza per riscoprire più radicalmente la nostra vocazione cristiana nel mondo. Il centro per me non è mai stato il Concilio, ma il Vangelo di Gesù di Nazareth.
Non siamo cristiani per difendere un Concilio morto e sepolto, ma per andare oltre, avendo il cuore e gli occhi al mondo così diverso in cui viviamo oggi e al messaggio del Vangelo, una roccia su cui costruire.
Stupirci delle posizioni della gerarchia? Essa è un gambero e guida la marcia all'indietro. E il papa? Mi sembra che abbia scontatamente ragione il teologo Kung: "Il Pontefice vive nel suo mondo, si è allontanato dagli uomini, e oltre a grandi processioni e pompose cerimonie, non vede più i problemi dei fedeli. Benedetto non vede che sta alienando se stesso dalla gran parte della Chiesa cattolica e della cristianità. Non vede il mondo reale, vede solo il mondo vaticano".
Ma lasciamolo dire, fare… Ratzinger è un uomo certamente in buona fede. Però la chiesa è un'altra cosa, è oltre. Io da decenni mi considero "senza papa" e non mi sento orfano. È il papato in sé che è un ente inutile, anzi dannoso. Una istituzione che non trova nessun fondamento nelle Scritture. Un giorno avremo "il ministero di Pietro": questo sì.
ALLARME
Ho il dovere di lanciare un allarme, perché a un passo dall'approvazione di una legge sul testamento biologico, auspicata da chi non crede nei diritti, si profila il rischio che venga approvata una legge che invece calpesta e nega tali diritti.
Umberto Veronesi, 26 gennaio
La congiura clerico-fascista rende assolutamente vero questo grido di allarme del professor Veronesi.
GAZA E DINTORNI
Intervista ad Arturo Paoli
Cosa succede se la Chiesa diventa troppo "organica" alla logica delle società capitalistiche occidentali? Trascura i poveri e perde coraggio e radicalità nell’annuncio del Vangelo. Un profeta dei nostri giorni analizza lo stato di salute di una comunità ecclesiale che corre il rischio di essere molto "visibile" e potente ma poco autorevole.
Lui dice che basta guardarsi in giro per persuadersi che i risultati di una società fondata sull’egoismo sono disastrosi. Ed è anche convinto che lo saranno sempre di più. «A meno che…».
Arturo Paoli, 90 anni, una vita intensa di prete e di profeta, erede di Carlo Carretto (2 aprile 1919 - 4 ottobre 1988) tra i Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld, "Giusto delle nazioni" per Israele per aver salvato la vita a un ebreo a Lucca nel 1944, sacerdote da 62 anni, scrittore e conferenziere in tutto il mondo, uomo che da 40 anni condivide la vita con i boscaioli, i contadini dello Stato del Paranà in Brasile, spiega cosa ha guidato la sua vita e cerca di spendere qualche parola sulla fede in questa intervista che è un po’ come un testamento. Il nostro incontro con Arturo Paoli prende le mosse da un libro, l’ultimo dei suoi, intitolato Quel che muore, quel che nasce (Ega, lire 22.000).
Cominciamo da quell’"a meno che…". Cosa vuol dire?
«A meno che non prendiamo su di noi il peccato del mondo. Concretamente, senza pensare che il raddrizzamento delle situazioni che non vanno, insomma che la redenzione dell’umanità, sia qualcosa affidata, come si diceva, al sangue di Cristo. Bisogna lasciarsi guidare dai volti delle persone, bisogna andare nei sotterranei della Storia dove vivono le persone. Dobbiamo occuparci delle vittime e non gioire per la bravura dello stratega».
C’è troppa angoscia in giro oggi?
«Sì, angoscia e paura. Ossessioni. Siamo ossessionati dal denaro, dal sesso, dal gioco e anche da santi buoni e un po’ antichi che pensiamo ci possano risolvere tutti i problemi. Compreso quello della nostra sicurezza. In ogni campo. Ma la nostra angoscia più grande è data dalla incapacità, che ci rode dentro, di prevedere il futuro. Facciamo finta di essere spavaldi, perché non riusciamo a calcolare tutto. Umberto Eco ricorre alla fantascienza per pensare, solo pensare, al futuro».
Come si fa a guardare nei sotterranei della Storia?
«Ci si riesce solo se al centro della vita il cristiano mette il Regno di Dio e non se stesso. Insomma facendo quello che coerentemente ci consiglia il Concilio Vaticano II. Bisogna far sparire l’io come preoccupazione personale, che provoca angoscia. Quanti sono quelli che credono che lo Spirito agisce nella Storia e la trasforma? Quanti credono al Vangelo che dice "chi vuol salvare la propria anima la perderà"? È un tema centrale perché rimanda alla polemica che Gesù ha aperto con il mondo religioso della sua epoca. Gli ebrei rimandavano continuamente al passato, ad Abramo, a Mosé, ai profeti. Lui no, si occupa delle persone. Dice che Dio è qui davanti a voi: il povero, la vedova... La carità non deve servire a me, non è un rimedio alla mia angoscia. Perché si può essere caritatevoli senza essere giusti, se si mantengono le distanze».
La Chiesa è responsabile di una religiosità della distanza?
«Certo. La Chiesa – non tutta – ha ritirato Dio in cielo. Dice agli uomini: consolati, il Regno di Dio è vicino. Nelle omelie dei preti si parla di cose lontane. I sacramenti sono parole e non simboli. Dov’è lo Spirito che sprona a fare? Il Vangelo ha raccomandato l’annuncio attraverso la persona, non attraverso le parole. È la persona che parla. La parola è solo rimedio d’emergenza. Se la mia vita non testimonia, io non posso neppure parlare».
Come sta la Chiesa?
«Male. Non ha seguito fino in fondo l’ordine dello Spirito Santo e del Vangelo. Il centro della predicazione si è spostato: dal Regno di Dio alla visibilità della Chiesa, alla sua grandezza, al suo potere. Parla molto la Chiesa, scrive molto. Non si può dire che non si occupi dei poveri: mai sono state prodotte tante parole sull’argomento, mai tanti documenti. Viviamo una religiosità opulenta, anche dal punto di vista intellettuale. Sappiamo come affrontare i problemi, sappiamo come risolverli, da soli, sempre da soli, senza contare sugli altri. I poveri, i barboni, gli esuli, cosa contano per me intellettuale, per la mia teologia, per la mia pastorale? Il Vangelo è ridotto a manifestazioni rituali o metafisiche. Voglio fare una provocazione e dire ai credenti: spogliatevi anche della vostra fede e allora comincerete a capire cos’è la gratuità».
Ma tutta la Chiesa è così?
«Non tutta. Nei Paesi poveri modelli di Chiesa diversi sono stati soffocati, ma non distrutti. Alla Chiesa era stata servita su un piatto d’argento la teologia della liberazione, ma è stata rifiutata. Ripeto: soffocata, non distrutta».
Eppure la riflessione attorno a un nuovo umanesimo è stata portata avanti…
«E con grande forza, per esempio da Giovanni Paolo II, soprattutto negli ultimi anni in modo profetico. Ma la Chiesa è troppo legata all’Occidente. Ha dovuto mantenere buone relazioni con il capitalismo. Gesù dice che saremo giudicati non sull’obbedienza, ma se l’avremo visto nudo, affamato, prigioniero, schiavo. Tutto lì. Vederlo sta solo a me».
Lei è dunque contro la Chiesa, i suoi dogmi?
«No. Per me l’obbedienza non è un problema. Ma dico che il concetto di "santo" non coincide necessariamente con "religioso". Il giudizio va dato sulla costruzione del Regno di Dio: beati i poveri, i miti… Io sento che sarò giudicato su questo, non sul devozionalismo, che in questo secolo non ha impedito guerre e sangue. È sull’uso della mia libertà che mi si chiederà conto. Se uno risponde "Eccomi", è santo. Diventare santi è drammaticamente difficile appunto per l’estrema semplicità della risposta. È difficile obbedire a Dio piuttosto che agli uomini».
La Chiesa tuttavia oggi è molto visibile, di essa si parla e si scrive. Allora cosa c’è che non va?
«La Chiesa gode di grande prestigio. Vorrei dire che il carisma del prestigio è sceso sugli Stati e sui popoli. Molti stanno ad ascoltare le parole del Papa. Molti restano ammirati dalla sua figura e dalle cose che dice. Ma la disobbedienza formale e la noncuranza rispetto ai suoi insegnamenti è enorme. Nella Chiesa quelli che prendono sul serio la responsabilità di fare la giustizia, di difendere il diritto dei poveri, molto spesso vengono emarginati. E di solito fanno molto meno di quello che è scritto nei documenti. Prenda il Brasile, Paese visitato tante volte dal Papa: che riscontro hanno avuto le sue parole forti sulla giustizia, sulla distribuzione della terra, sui popoli oppressi? Zero. Chi oggi è convinto che amore per gli altri significa uso sobrio dei beni? Molti credenti nel mondo praticano una buona spiritualità individuale, ma poi sono assolutamente sfrenati nell’uso del denaro, anarchici nell’uso dei beni. Non si può giustificare il primato di Dio, sopra tutti gli altri diritti».
Parliamo del Concilio. Perché lei spesso dice che è stato tradito?
«È stato il Concilio Vaticano II a richiamare i credenti sulla centralità del Regno di Dio e sul ruolo dello Spirito Santo. Il Concilio ci ha chiesto di aprire le porte e non soltanto di parlare di Dio, ma di camminare con gli uomini, di affermare il diritto a una vita piena, di esaminarci in base alla giustizia o all’ingiustizia. Non ci ha insegnato a consolarci con la religione. Quando Gesù va via da Nazareth non si mette a fare il guru, non va nel tempio di Gerusalemme ad ascoltare, ma ad attaccar briga, dando la prova tremenda del suo unico interesse: costruire il Regno di Dio. Noi invece ci ritiriamo sul culto, a volte in modo narcisista».
Ma le responsabilità sono dei preti o dei laici?
«Di entrambi. Cominciamo dai preti, che sono educati secondo forme rigidamente borghesi. I preti – non tutti – stanno troppo bene. Si occupano di sé stessi. C’è troppa paura di perdere vocazioni. Vengono allenati ad avere coscienza di sé, a essere altro rispetto al mondo. Ecco l’insistenza sul sacramento dell’Ordine che vale di più di altri sacramenti, compreso quello del matrimonio. Stanno chiusi nei seminari e vanno nel week-end nelle parrocchie. Io domando: quando si calano sulle piaghe di Cristo? È sicuramente migliorata la formazione intellettuale. Le omelie sono più colte, più dotte che in passato. Ma sono spesso anche più lontane dalla vita reale che nel passato. La Chiesa ha come paura di essere invadente, di essere esigente. Non si può dire che i giovani rifiutano la Chiesa. Se si analizzano le cose in profondità, si vede che essi non capiscono, non ci comprendono. Dio non c’è nel loro orizzonte».
E il laicato?
«Manca di audacia. Passa da un ritiro spirituale a un altro, ma poi non si interroga sulla propria responsabilità davanti alla società. Non si può essere contro la manipolazione della vita, contro una bioetica sbagliata, e poi dichiarare valido il sistema economico che arriva a queste aberrazioni, quello che succhia il sangue dei poveri, che è la benzina di cui ha bisogno il nostro mondo troppo ricco per vivere. Vogliamo una società nuova, ma poi applaudiamo al politico di turno. Siamo troppo miopi, non siamo capaci di guardare avanti. Il laico che vive la sua responsabilità politica con autonomia, sapendo che di essa deve dar conto solo davanti a Dio, oggi è scomparso. Naufragate le ideologie, il laicato religioso è stato inglobato nella Chiesa, che ne ha marcato la clericalizzazione».
Lei quali esempi indica?
«Ho ammirato De Gasperi, La Pira, Dossetti come cattolici. Uomini che sapevano distinguere l’area religiosa da quella politica e la propria autonomia e responsabilità dall’obbedienza dovuta alla Chiesa. Uomini che erano convinti di rispondere al Vangelo e non al prestigio della Chiesa nel Paese in cui abitavano. Dov’è finita la tradizione che loro hanno incarnato? Il laico credente – uomo o donna che sia – non deve rifugiarsi sotto le ali della Chiesa per stare al caldo e dimostrare che sa fare. Ha una responsabilità adulta, libera, autonoma, di rendere il mondo più umano della quale risponderà solo a Dio».
Arturo Paoli ha raccolto, insieme a Carlo Carretto, morto il 4 ottobre 1988, l’eredità di padre Charles de Foucauld. Secondo Paoli, è stato il fondatore dei Piccoli Fratelli «a indicare gli orientamenti essenziali di ogni vita religiosa: il servizio sacerdotale, assetato di giustizia, deve suscitare una gioventù che vuole una società differente».
Arturo Paoli è autore di oltre trenta opere, tra cui Camminando s’apre cammino (Cittadella editrice), Facendo verità (Gribaudi), Dialogo della liberazione (Morcelliana), Il sacerdote e la donna (Marsilio), Gesù amore (Borla), Cercando libertà. Castità, obbedienza, povertà (Gribaudi), Il grido della terra (Cittadella editrice)
LARGO AI TRADIZIONALISTI
DAL VATICANO
martedì 27 gennaio 2009
FRATTINI, IL MINISTRO ORNAMENTALE
Marco Travaglio, su L'Unità del 19 gennaio, ha delineato il ritratto del nostro ministro degli esteri. È come un soprammobile. Potrebbe anche fare il cardinale
"Antonio Martino è uno dei pochi italoforzuti dotati di cervello scollegato da Arcore. Ma coma fa a contestare le idee di Franco Frattini su Gaza? Egli non ha mai avuto idee. E si spera che non gliene capiti una a tradimento, ché potrebbe non riaversene più. Del tutto oziose anche le polemiche sull'inappropriatezza delle location in cui l'eventuale ministro si fa sorprendere a ogni crisi internazionale. Nel 2004 apprese a Porta a Porta che in Iraq avevano ucciso Quattrocchi (alla Farnesina lo sapevano da ore, ma s'eran scordati di avvertirlo) e restò lì disteso sulla poltrona con l'aria del passante. Guerra russo-georgiana: si fece trovare in bermuda alle Maldive e disertò il vertice dei ministri Nato (lui non sa di esser ministro né di essere Nato). Ma assicurò di seguire la crisi dall'atollo grazie alle "moderne tecnologie": aveva appena scoperto l'uso del telefono. Ora lo sbadiglio che cammina rilascia dichiarazioni piene di vuoto su Gaza in tuta da sciatore. Ma accusarlo di essere un "fifone terrorizzato da Hamas" (Martino), non è sbagliato: è superfluo. Lui non s'è mai posto il problema di questa nuova marca di sci chiamata Hamas. È come Chance il giardiniere di "Oltre il giardino" con Peter Sellers. Scandisce stentoreo: "Se nevica, bisogna spalare". E tutti pensano a una sottile metafora su imminenti iniziative del governo. Invece lui parla proprio della neve. È fatto così. Buono, belloccio, ben pettinato. Non disturba, non sporca, dove lo metti sta. È un ministro ornamentale, una specie di ficus della diplomazia. Ogni tanto passa qualcuno e gli dà un'innaffiata".
GRAZIE
Sono stato sabato 24 e domenica 25 a Milano e Bergamo per una serie infinita di incontri.
Voglio salutare tutti, davvero tanti e tante che ho incontrato, aldilà delle mie più rosee previsioni.
Un particolare saluto a Gianni e a tutto "il Guado", a don Fabrizio e Carina e ai loro amici di Bergamo e dintorni. Ho avvertito le sintonie profonde dei nostri cuori per nulla turbati dalle nostre differenze.
Per contattare il Guado: 347/7345323; per contattare il gruppo di Bergamo: 348/4036806
SETTIMANA DELL'UNITA' DEI CRISTIANI
È giunta al termine la settimana di preghiera e di dialogo per l'unità dei cristiani.
In realtà l'ecumenismo, a partire da quello intracristiano, attraversa una stagione difficile, anzi è bloccato dalle rigidità della chiesa cattolico-romana. Di fatto l'ecumenismo è sempre più importante e continua a realizzarsi in tanti "spezzoni" di chiesa, ben oltre gli altolà istituzionali. Quando occasionalmente partecipo al culto protestante, con gioia condivido il pane e il vino con i fratelli e le sorelle di quella comunità che è chiesa a tutti gli effetti.
Un aspetto meno noto, ma non meno rilevante, è costituito dal fatto che molti teologi e teologhe ormai lavorano insieme e gli steccati confessionali sono saltati. Personalmente, fin dalla mia prima giovinezza e dalle mie prime esperienze pastorali, ho sempre vissuto e lavorato a contatto con la chiesa valdo-metodista, una delle esperienze cristiane più significative di tutto l'arcipelago protestante. Quando si supera l'ossessione della identità confessionale e ci si mette alla pari, allora il dialogo diventa una delle strutture fondamentali del proprio cammino di fede.
Alla vita della mia comunità partecipano alcune persone protestanti senza affatto mettere tra parentesi la loro esperienza e la loro teologia.
Voglio dire che l'ecumenismo può percorrere tanti piccoli sentieri. Non dobbiamo lasciarci paralizzare dai diktat istituzionali, ma piuttosto lasciarci sospingere dal soffio ecumenico di Dio.
AI FRATELLI AFRICANI
STUPIDITA' SENZA FINE
BRAVISSIMO SORU
lunedì 26 gennaio 2009
RICEVO E PUBBLICO
IL PAPA CHE PREFERISCE DIMENTICARE LA SHOAH
VITO MANCUSO
La repubblica 26 gennaio 2009-01-26
UNA cosa dev’essere chiara: negare che un crimine sia avvenuto significa commetterlo di nuovo. Ed è quello che fa sua eccellenza monsignor Richard Williamson, vescovo lefebvriano ora pienamente cattolico grazie alla clemenza di Benedetto XVI, col negare l'esistenza delle camere a gas e ridurre il numero degli ebrei uccisi a un massimo di 300.000. In questo articolo provo a indagare due cose: 1) il motivo che porta un seguace dell'ebreo Gesù, immagino anche particolarmente devoto all'ebrea sua madre Myriam, a negare
Monsignor Williamson non ha scoperto nuovi documenti in base a cui dimostra che la ricostruzione storica della Shoah è grandemente inesatta. Egli semplicemente sceglie di prestare fede, di contro ai numerosissimi storici che attestano
INFATTI è una particolare interpretazione della fede cristiana a muovere la mente di monsignor Williamson: la medesima che fu all'origine dell'antisemitismo che portò alla Shoah. Questo nuovo vescovo che noi cattolici abbiamo ricevuto in dono dal Papa è la prova provata che un certo cristianesimo ha molto a che fare con quel pensiero assassino che si concretizzò nella Endlösung decisa da Hitler il 20 gennaio 1942 nella conferenza di Wannsee. Aproposito dell'antisemitismo nazista ha scritto monsignor Pier Francesco Fumagalli, per anni segretario della Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l'ebraismo: «Simili concezioni neo-pagane erano favorite da un ambiente generale nel quale già da secoli circolavano stereotipi antiebraici di carattere cristiano, che permisero la crescita di un antisemitismo diffuso, solo apparentemente moderato». Il per nulla moderato monsignor Williamson è un elemento chimico molto utile al laboratorio della storia, è una specie di fossile vivente, un reperto personificato delle radici cristiane dell'antisemitismo, di cui Giovanni Paolo II ha chiesto perdono, ma a quanto pare con poco successo presso il suo successore.
Vengo al secondo punto: come
C'era qualcosa di più importante della negazione della Shoah, della memoria di sei milioni di morti. Di sicuro erano pure previste le reazioni scandalizzate, gli inevitabili contraccolpi per il dialogo col mondo ebraico, ma si è proseguito lo stesso. Perché Benedetto XVI ha agito così? A mio avviso la risposta è una sola: per l'interesse della Chiesa. Il Papa ha ritenuto il bene della struttura ecclesiastica superiore al rispetto della verità e della memoria dei morti. È il tipico peccato de-gliuomini dipotere, che per dare forza al proprio stato o partito o azienda sono disposti a calpestare la verità. Questo è avvenuto: una fredda, gelida, lezione di che cosa significa " servire
La storia della Chiesa conosce molte pagine di questo stesso tetro colore. Concludo ricordando che nel 1998 il Vaticano pubblicò un documento intitolato «Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah». Accettando monsignor Williamson come vescovo cattolico, Benedetto XVI ne ha scritto un altro, con un titolo diverso: «Noi dimentichiamo». Desidero dire ai fratelli ebrei che molti cristiani non leggeranno mai quel documento, e continueranno a ripetere con Giovanni Paolo II: Noi ricordiamo.
UN VESCOVO MILITARIZZATO
VESCOVI USCENTI ED ENTRANTI
A Caserta ha rassegnato le dimissioni il vescovo Nogaro che lascia in diocesi la testimonianza di un grande amore per la sua gente e il tentativo di vivere il Vangelo dentro la concretezza dei problemi.
NASCERE
Nasciamo, per così dire,
provvisoriamente
da qualche parte.
Soltanto poco a poco
andiamo componendo
in noi il luogo
della nostra origine,
per nascervi dopo,
e ogni giorno
più definitivamente.
Rainer Maria Rilke
domenica 25 gennaio 2009
MANTIENE LE PROMESSE, MA.......
SINDACATI GOVERNATIVI
sabato 24 gennaio 2009
OLMERT IN ALTRA EDIZIONE
Nei giorni scorsi sulla Stampa di Torino è apparso un articolo a firma di Barbara Spinelli che dovrebbe essere letto da tutti coloro che vivono con dolore ed angoscia il conflitto che ha come teatro Gaza e i territori israeliani al suo confine. Lo scritto della Spinelli appassionato e lungimirante riporta le parole sconcertanti di un Ehud Olmert insolito riprese da un intervista rilasciata dall'ex primo ministro israeliano il 29 settembre 2008 a Yedioth Aharonot, il principale quotidiano in Israele.
In sintesi Olmert invitava la politica israeliana a concentrarsi sul proprio fardello di colpe, non per negare le colpe degli altri attori del conflitto, ma per abbandonare la logica ottusa e ossessiva della forza militare, per ritrovare l'unico vero valore: la pace, perseguibile solo al prezzo di smantellare le colonie e di restituire quasi tutti se non tutti i territori, compresa una parte di Gerusalemme ai palestinesi. Olmert riconosceva anche una certa cecità israeliana con questi accenti: "Per quarant'anni abbiamo rifiutato di guardare la realtà con gli occhi aperti…".
Noi, amici dei due popoli e per questo solidali con i palestinesi non contro Israele, ma perché Israele abbia un futuro di pace e non di gendarme di un popolo in una gabbia e di signore della distruzione, da lustri cerchiamo di spezzare le cecità di una visione ottusamente nazionalistica e succube dei Coloni più estremisti per sollecitare a trovare la via del dialogo anche con Hamas invece che pretendere di cancellare con la forza una formazione politica democraticamente eletta.
Molto più efficace sarebbe per contrastare democraticamente Hamas liberare dalle carceri israeliane Morwan Barghouti, forse l'unica figura di palestinese laico attualmente in grado di restituire credibilità a Fatah e firmare una pace definitiva con Israele.
LETTERA AL CARDINALE
venerdì 23 gennaio 2009
RICEVO E PUBBLICO VOLENTIERI
QUANDO RICOMPORREMO LO SCISMA COL NAZARENO?
Stefania SALOMONE
Che si stesse andando in questa direzione non c’erano molti dubbi, mi pare. Infatti credo che nessuno sia stato colto da malore o abbia appreso la notizia come un fulmine a ciel sereno.
Ciò non toglie che sia comunque una cosa di una gravità sconcertante.
ANNUNCIO: Signore e Signori, Mesdames et Messieurs, Meine Damen und Herren, questa sera a cena sarà servito Concilio Arrosto con contorno di preti sposati saltati, in salsa tridentina.
Qualche anno fa un nostalgico del latino poteva andare dal prete a chiedere una celebrazione con rito tridentino, in via del tutto eccezionale. Questi poteva accontentarlo solo previa autorizzazione del vescovo (e se conosceva il rito, ovviamente).
Poi siamo arrivati al Motu Proprio, con cui è stato legittimato e incoraggiato il riutilizzo dell’antico messale. Cori di polemiche e proteste. Dice: “No, è solo una questione di libertà e democrazia; chi lo desidera, deve poter avere la sua liturgia in latino”.
Da quel momento, in ogni occasione ufficiale, il papa ha celebrato di spalle all’assemblea e in latino, e, per la gioia di grandi e piccini, ha tirato fuori dalla cantina anche alcuni vecchi inginocchiatoi per i comunicandi … hai visto mai fossero troppo poco pentiti…
Oggi, con questa ricomposizione dello scisma, abbiamo la certezza (ammesso che ce ne fosse bisogno) di un ritorno al passato, della precisa e consapevole intenzione di annullare ogni qualsivoglia novità legata al Vaticano II. E c’è compreso tutto: dalla liturgia, alla famiglia, al ruolo dei laici e delle donne, all’ecumenismo.
Io nelle scomuniche non c’ho mai creduto, per me è carta straccia, ma loro sì, loro ci credono.
E non credo neppure negli scismi; tutte cose che riguardano sottigliezze dottrinali e teologiche; pensiamo alle questioni con gli ortodossi: “ma lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio oppure no?” Mi pare essenziale!
Che però si cancelli con un tratto di matita un intero Concilio, espressione della volontà del Popolo di Dio, cioè della Chiesa, è cosa di poco conto.
Ma ci hanno assicurato che nulla del Concilio verrà sconfessato, che tutto avverrà in perfetta continuità. In fondo non c’è contraddizione … E’ come esortare la gente a condurre uno stile di vita sobrio mentre si indossa una pelliccia di ermellino … Tutto in perfetta continuità.