venerdì 31 luglio 2009
SOLDI E ANCORA SOLDI
GERMANIA, SI DEL MINISTRO ALLE ADOZIONI GAY
STAINO
HA COMBINATO, LEI
E' PRPRIO UN BEL
DELINQUENTE!
DELINQUENTE
MI SEMBRA TROPPO.
DICIAMO CHE NON
SONO UN SANTO…
giovedì 30 luglio 2009
BONSAI
SINDONE E DIMISSIONI
MANGIARE IL CORPO E BERE IL SANGUE
Giovanni cap. 6 vv. 22 -71
Uno dei guai in cui incappa chi medita sui brani biblici che queste domeniche ci propongono nella liturgia consiste nella frammentazione che il capitolo 6 di Giovanni subisce. Esso, in realtà, è e va letto come una sola pagina perchè costituisce un tutt'uno consequenziale e indivisibile.
Non si tratta certo di un brano preso dalla bocca del nazareno, ma di una meditazione dell'ultimo redattore del vangelo di Giovanni (siamo con ogni probabilità intorno all'anno 100 d. C.) sulla importanza e sulla funzione di Gesù per i membri della sua comunità.
Anzi, il redattore vuole dire di più e intende segnalare quanto la relazione con Gesù debba essere reale e profonda per ogni fratello e sorella che vuole definirsi suo discepolo.
DAL PANE A GESU' PANE DI VITA
Certo, lo abbiamo meditato nei primi 15 versetti, Gesù non si interessa di puri spiriti, ma porta la sua attenzione e la sua opera per venire incontro ai bisogni reali della gente (pane, lavoro, salute, affetti).
Ma qui il redattore del vangelo, senza abbandonare quella prospettiva, compie un passo ulteriore e parla direttamente alla sua comunità qui rappresentata dalla gente. Che cosa chiede Dio a questa comunità?
"L'opera che Dio vuole da noi è che crediate in colui che Egli ha mandato" (vs. 28).
I versetti che seguono, nel consueto stile ribaditivo a scala a chiocciola di questo Vangelo, presentano Gesù come il pane di vita che Dio dona al mondo e alla comunità.
Il gruppo dei discepoli è giunto ad una conclusione davvero decisiva e chiara: noi dobbiamo nutrire la nostra vita di fede con il messaggio, l'insegnamento e le scelte concrete di Gesù così come nutriamo il nostro corpo con il pane: Gesù pane di vita significa semplicemente questo.
I versetti dal 51 in avanti si avvitano sempre attorno a questa riflessione. La forza espressiva di questo linguaggio metaforico raggiunge il suo apice nei versetti in cui si parla di mangiare il suo corpo e bere il suo sangue fino a "chi mangia me, vivrà anche lui per mezzo di me" (vs. 57).
CHE IMPRESA
Mangiare il corpo e la carne di Gesù... Sì, proprio questo c'è richiesto, ma attenzione. Non è un invito al cannibalismo. Di ben altro si tratta: ci è richiesto di fare nostre le scelte, lo stile di vita di Gesù, quelle che egli compì nella sua carne, cioè nella sua esistenza storica nei giorni della Palestina.
Si tratta di mangiare e digerire, cioè metabolizzare, interiorizzare e praticare l'orizzonte di vita di Gesù dalla parte dei più deboli, delle persone emarginate. In sostanza i discepoli devono diventare un "solo corpo" con Gesù, cioè seguirlo sui sentieri della fiducia in Dio, della solidarietà, della speranza.
Questo testo "eucaristico" non lascia spazio alcuno ad una interpretazione mistica, evasiva, intimistica, spiritualista. Ma c'è di più: ci viene chiesto di bere il suo sangue. L'allusione al sangue costituisce un rimando esplicito ai giorni della passione e della crocifissione.
Colui che vuole davvero diventare discepolo di Gesù dovrà seguirlo anche quando ci sarà da bere il calice amaro della emarginazione, della indifferenza, dell'ostilità, della sconfitta. Bere il suo sangue non significa andarsi a cercare le croci, ma saperle affrontare quando esse derivano dall'impegno sui sentieri del regno di Dio.
Ora, se è vero che spesso noi cristiani abbiamo riempito le chiese, le piazze, le strade, le nostre case e tutti i luoghi pubblici di crocifissi e abbiamo nei secoli "crocifisso" milioni di creature, non è meno vero che moltissimi uomini e donne hanno seguito Gesù fino alla croce con coerenza e dedizione.
DUNQUE...
Può essere molto comodo leggere queste parole "materializzando" la presenza di Gesù in un'ostia. Si tratta d'altro, cioè di lasciare che il nostro riferirci a Gesù e la stessa celebrazione eucaristica diventino per noi stimolo alla trasformazione, alla conversione della nostra vita quotidiana.
Possiamo leggere mille volte la Bibbia e possiamo mangiare pane o ostie eucaristiche a tonnellate, ma se non entriamo nello stile di vita di Gesù, non abbiamo, secondo l'immagine biblica, mangiato la sua carne e bevuto il suo sangue.
IL VANGELO E' MESSAGGIO DI FIDUCIA
Le righe che abbiamo letto suonano come un richiamo forte, risvegliante. Ma esse sono anche un invito alla fiducia.
Se non ci nutriamo solo di "religione", di madonne multicolori, di Padre Pio, di sindoni o di sangue di san Gennaro o di reality, di veline o simili, allora lentamente il "vento di Dio" e la sua calda azione possono smuovere i nostri cuori e trasformare le nostre esistenze quotidiane.
Teniamo lo sguardo fisso su Gesù, cerchiamo le sue tracce. La sua parola e la sua testimonianza sono il miglior antidoto, la più sicura profilassi e la più efficace medicina contro l'inquinamento dei pensieri e contro i sottili veleni che minacciano i nostri cuori.
Troppe volte la nostra fede perisce per denutrizione e allora cerchiamo cibi che non nutrono e acque che non dissetano.
mercoledì 29 luglio 2009
CAMILLERI
Altrettanto bene è andata quando Dante ci ha detto del suo Dio. E quando Manzoni ci ha parlato del suo. Giganti del pensiero che però, davanti a Dio, hanno la coscienza di essere nani.
Il problema nasce quando i nani si rappresentano il loro Dio. Allora sì che Dio, come dice lei, diventa l'inquilino della porta accanto con il quale si può avere persino una lite di condominio. E il problema si fa ancora più grosso quando un nano si crede addirittura Dio.
Lei pensa che io stria alludendo? Non si sbaglia.".
DELIA VACCARELLO CI INFORMA
ALTRE TRE RAGAZZE
martedì 28 luglio 2009
UNA LETTURA PREZIOSA
UNA PAROLA DI TROPPO, MA..............
IL PAESE DEI CREDULONI
Il numero dei creduloni nel nostro paese è davvero inimmaginabile, è talmente sproporzionato al punto da rappresentare una patologia grave. L'affezione è diffusa in tutti gli strati sociali del paese, in tutti gli ambiti professionali. Pensare, ci sono uomini di teatro che votano per il Pdl e non si limitano a votare ma si candidano e vengono eletti nelle liste di questa destra. Come è possibile essere così "sprovveduti"? ci sono operai, in gran numero, che delusi dal centro-sinistra si orientano verso la Lega pensando forse che sosì vinceranno la guerra dei poveri. Ma come è possibile una tale dabbenaggine? Questo è un governo che vocazionalmente favorisce i potenti e gli evasori e che è guidato dalla caricatura di un imperatore romano. I terremoti abruzzesi, per esempio, dopo essere stati strumentalizzati ad uso di una delle tante operazioni maquillage e avere fatto impennare gli ascolti grazie alla sarabanda degli spettacoli del dolore, subiscono magari l'atroce e ripugnante beffa di vedersi recapitare lettere di licenziamento proprio nelle tende dove sono accampati per avere perso gli spazi della loro esistenza.29 luglio
lunedì 27 luglio 2009
ELLEKAPPA
FENICIA NON
DENUNCIATA
NELLA VILLA DI
BERLUSCONI
IL NOTO
TOMBAROLO
DE FEMMES
(da Repubblica del 25 luglio)
STAINO
CAMBIATO? OGGI, TRA
UNA BELLA DONNA COME
LA PRESTIGIACOMO E UNA
CENTRALE NUCLEARE…
…SCELGO
LA CENTRALE
NUCLEARE.
(da L'Unità del 25 luglio)
GRUPPI E APPUNTAMENTI DELLA SETTIMANA
• Mercoledì 29 il gruppo Primavera di Rivalta si incontra a Pinerolo alle ore 21 presso la sede della comunità cristiana di base di Corso Torino 288.
• Venerdì 31 luglio alle ore 21 celebriamo l'eucarestia.
VERSO LUNDICI OTTOBRE
• Dario Franceschini (sostenuto da Marini, Fassino, Veltroni, Rrutelli, Binetti, Minniti e Cofferati) non sembra rappresentare, vista la sua squadra, nulla di nuovo. La presenza di Rutelli e Binetti parla chiaro.
• Bersani è l'uomo sostenuto dai "pezzi grossi" dell'apparato. Lo sostengono D'Alema, Errani, Bindi, Enrico Letta, Loiero, Penati e Mercedes Presso. Letta ha già dichiarato che dei matrimoni gay non si parla nemmeno. Con Bersani è prevedibile un rafforzamento della struttura di partito. Può farcela.
• Marino è troppo pulito, nuovo ed intelligente per piacere ai notabili. Ha un senso alto della politica e della laicità. Lo appoggiano Civati, Marta Vincenti, Paola Concia, Felice Casson, Beppino Englaro, Umberto Veronesi, Goffredo Bettini. Ovviamente non ha lunga esperienza di partito e poi, da vero credente, è un politico molto aperto al dialogo, ma per nulla propenso agli scambi sottobanco. La coerenza spesso fa paura.
I MIGLIORI SE NE VANNO DALL'ISTITUZIONE- RICEVO DA DON FEDERICO BOLLETTIN
Reverendo Vescovo Antonio,
non è facile per me mettere nero su bianco le motivazioni che mi hanno portato a questa scelta che forse non condividerà, ma spero vivamente ne possa intuire i colori di fondo e le sfumature.
Nelle cinque comunicazioni precedenti, con le quali ho tenuto aggiornato lei e altri quattro accompagnatori di Padova della mia esperienza esmeraldeña, già mi sono raccontato molto, e quindi cercherò ora di essere più semplice possibile per dipingere il quadro della mia situazione personale.
La ricerca che mi accompagna dai tempi del seminario è stato un cammino di fede, di interrogativi, di sogni di vivere un ministero che possa portare vita ai più lontani ed emarginati, anche dalla chiesa in molti casi, ed ho sempre pensato fino alla fine dell'anno scorso che ci fosse spazio nella chiesa per un servizio del genere. Da un po' di mesi la ricerca e il dialogo con il Signore hanno raggiunto il loro apice iniziando a ventilare la possibilità di un cammino laicale al servizio del Regno.
I motivi principali per cui chiedo la rinuncia al ministero presbiterale sono sostanzialmente due: uno riguarda la mia identità ecclesiale e di conseguenza lo stile pastorale, l'altro la mia affettività e il mio non capire più il celibato.
Il primo, grazie ai numerosi confronti con preti e con psicologi (due in Ecuador e uno qui), sembra essere il più importante, quello che soffia sulle braci del secondo.
Comunque tutti e due rivelano valori per me abbastanza soffocati e che hanno in sè la forza della vita e della verità che non si può arrestare... soprattutto per noi che seguiamo e crediamo in un Gesú che ha detto di essere Lui la Via, la Verità e la Vita.
Riguardo il primo livello sento l'incapacità di rappresentare una chiesa-istituzione che spesso pone i valori-leggi prima del bene della persona concreta che spesso incontriamo con una storia che, sia qui come in America latina, ci spiazza, ci fa ricredere sulla dottrina, sulle verità di cui andiamo così orgogliosi per il semplice fatto che lei esiste... e può essere l'adultera, o la samaritana, o il lebbroso di turno che continuano a scardinare le religioni e le strutture per incontrare Dio, per chiedere vita, rispetto, comprensione e magari farci capire che attraverso questo Dio ci sta bussando da tempo alla porta.
Ho fatto tutto uno studio in questi mesi sull'obbedienza e purtroppo devo risponderle come Pietro e Giovanni negli Atti 4,19 e concludere come loro "che non possiamo più tacere quello che abbiamo visto e ascoltato".
Tanti reclami di giovani e adulti che non ne possono più di una chiesa che sta perdendo sempre più il soffio liberante dello Spirito, che fatica a incarnarsi in realtà nuove, che non suscita più, in molti casi, lo stupore degli stranieri di Atti 2,8 che esclamavano "come è che li sentiamo parlare ciascuno la nostra lingua...?"
Ho deciso, finalmente! E sento che non è un capriccio ma un invito che viene dallo Spirito. Ora riconosco ciò che il Signore mi propone: un cammino di vita, di bene, di pace, di evangelizzazione in una forma "altra" più simile a quella di Gesù o Francesco. Una forma laicale senza tante strutture mentali, istituzionali, tradizionali (che a volte senza accorgersene soffocano la novità del Vangelo), più vicina (seconde me) al Padre e ai fratelli, per condividere quel "di più" che viene da Lui e non da me, di cui il mondo ha estremo bisogno. Una tendenza missionaria per sempre. Un "di più" di amore, libertà, di rispetto, di profondità da condividere.
Anche se mi è costato ammetterlo, e non è una scelta facile, non penso sia per me il cammino migliore attraverso il ruolo-servizio del prete (di cui non nego il valore e il dono per la gente), con il celibato e l'obbedienza che così come sono intesi ora non solo non mi servono, ma anche non mi aiutano a donarmi più gratuitamente, non vi ritrovo fondamenti biblici e mi impediscono di vivere serenamente l'amore, come anelito di ogni uomo e di ogni donna.
Penso che il mio futuro sia in Ecuador (per lo meno per i prossimi anni, e non escludo per tutta la vita), vicino a tante situazioni di povertà, con stile povero e solidale per cercare nel mio piccolo di attuare qualcosa del programma di vita di Gesù: le Beatitudini.
Mi sentirò sempre discepolo, mai maestro o "padrecito" ("perché uno solo è il vostro Maestro e uno solo il vostro Padre"), cercherò di essere compagno di viaggio per le persone che la vita mi farà incontrare (dentro e fuori la Chiesa).
Sarà un cammino di ricerca biblica più profonda (che riconosco ora ancora iniziale), per poterla condividere in forma popolare con i più semplici e con quanti sono alla ricerca di vita piena.
Sarà un cammino ecumenico, ossia unito ad altre confessioni che camminino nella verità, nell'umiltà, nel rispetto del diverso, per crescere assieme in quell'unità che è dono di Dio e sforzo nostro perché riusciamo a pensarci sullo stesso cammino di figli di un Padre buono.
Tutto questo penso di realizzarlo in una vita famigliare, con una compagna di viaggio che abbia la stessa fede nel Dio della Vita e la stessa "pazzia" che mi ha accompagnato finora per cammini a volte tortuosi: ho sempre creduto che un'altra chiesa è possibile, così come un'altra società, perché un altro sembra essere il Padre di Gesù rispetto a quello professato che suscita spesso noia tra la gente. E' una visione di Dio che siamo ancora tutti incapaci di definire, per fortuna, tutti ancora discepoli, tutti chiamati ad essere "pescatori di uomini", ad aiutare cioè a togliere da un ambiente di morte chi sta affogando.
Che il Padre continui a benedire, come sempre ha fatto, i miei passi e far sentire la sua presenza vicina e di amore, per poterlo sempre riconoscere come il "Dio con noi".
Lazzaro Fabio
Padova, 23 luglio 2009
NON E' SEMPRE LUGLIO
Voglio ringraziare le persone che mi hanno regalato la gioia di un incontro, di un dialogo umano, teologico, la possibilità di un pomeriggio di studio, uno scambio di opinioni e un incoraggiamento reciproco, un momento di lettura biblica e di preghiera. Grazie dei baci, degli abbracci, della luce dei vostri occhi, delle lacrime come dei sorrisi. grazie a voi, grazie a Dio.
domenica 26 luglio 2009
GRAMSCI
ESCORT E TASSE
Se l'è chiesto perfino l'Economist: ma le escort invitate a Palazzo Grazioli dall'"utilizzatore finale" Berlusconi, e regolarmente retribuite per i loro "servizi" dall'"organizzatore serale" Tarantini, hanno pagato le tasse oppure no? L'interrogativo sembra stupido, ma non lo è affatto. Nel loro piccolo, come hanno notato due fior di economiste su Lavoce.info (Silvia Giannini e Maria Cecilia Guerra) "anche questi sono problemi, di non poco conto, di moralità pubblica". Soprattutto nel momento in cui il capo del governo e i suoi ministri si lanciano in campagne poco credibili contro l'evasione fiscale.
Dunque Patrizia d'Addario e Barbara Montereale, tra le altre, hanno spiegato ai giornali e ai magistrati di Bari che la "tariffa" per una serata in compagnia del premier ammontava a 1.000 euro, che diventavano 2.000 se la "prestazione" si protraeva per l'intera nottata. Ora – scrivono Giannini e Guerra – "se le ragazze hanno partita Iva, avrebbero dovuto rilasciare regolare fattura e addebitare all'acquirente l'Iva del 20%".
ANDRA' DA PADRE PIO?
AGAPE CENTRO ECUMENICO
Per me è stata una giornata ricca di dialogo, di ascolto, di riflessioni e di emozioni.
Abbiamo ricordato che esattamente 30 anni fa con Ferruccio Castellano demmo vita a quel primo campo "Fede cristiana e omosessualità". Che emozione riprendere tra le mani il "quaderno degli atti del convegno" che poi risultò molto partecipato.
Insieme, dalle 10 alle 13,30 abbiamo ricordato il passato, cercando di illuminare il presente e di guardare fiduciosamente in avanti.
Purtroppo i "racconti di vita" di molti provenienti dal mondo cattolico continuano ad evidenziare che la gerarchia prosegue la sua pratica di "oscuramento di Dio", di "allontanamento dalla fede", di esclusione dalla comunità ecclesiale. La religione è forse la prima causa dell'ateismo.
Per molti, dopo un periodo di rabbia e di allergia, rinasce la voglia di riprendere daccapo l'esperienza di fede e allora diventa fondamentale trovare luoghi, gruppi, spazi, persone di riferimento, comunità...
Abbiamo tanto sottolineato la costruttiva presenza del lavoro ecumenico, dei gruppi, dell'Agedo, di Noi Siamo Chiesa, delle comunità di base.... La "rete" è una grande risorsa. Spero proprio che il campo "Fede e omosessualità" continui il suo percorso rinnovandosi nel contesto sempre più ecumenico e sempre più pluralista.
Sono tornato a casa, portato e riportato da Cristiano, con tantissima gioia per l'entusiasmo dei campisti con i quali ho vissuto una giornata di dialogo schietto ed affetuoso, intenso e gioioso.
Ho spesso nel cuore questa preghiera: "O Dio, come Ti ringrazio. Quanto ho ricevuto, quanto ho imparato dal dialogo con omosessuali, lesbiche, transessuali...... La loro compagnia ha di molto allargato gli orizzonti della mia vita e del mio ministero".
GIOIA GRANDE
Le prime ad arrivare sono state Laura e Caterina da Ginevra e poi gli altri e le altre. Le tappe di preparazione al matrimonio sono occasioni di umanità e di fede.
Abbiamo parlato del cammino che è necessario per scuoterci di dosso le brutte immagini di Dio. Spesso la religione ufficiale "oscura Dio", lo rende repellente, odioso e odiato.
Poi ecco.... ci sono i momenti in cui nasce la voglia di andare oltre la rabbia e tentare un nuovo approccio alla fede.
Il prossimo incontro è fissato per sabato 19 settembre: "Quali strumenti per una lettura costruttiva e seria della Bibbia"?
Una nota interessante: nessuno pensi che bastino sei mesi di corso.... Si tratta di un cammino lento e personalizzato. Prossimi argomenti: la figura storica e la fede in Dio di Gesù, che cos'è la chiesa, i sacramenti, la ecoteologia, il pluralismo religioso... Buon cammino...
sabato 25 luglio 2009
CARLO GIULIANI
ELLEKAPPA
INCONTRI
CON LE ESCORT
PAPI NON USA
IL PRESERVATIVO
NON
VUOLE CERTO
CPMTRARIEARE
LA CHIESA
(da Repubblica del 22 luglio)
NETANYAHU DICE NO A OBAMA
ALTRI
Lettera ai fratelli che condividono la politica dei respingimenti dei migranti e si dichiarano cristiani
"Mi meraviglio di voi! Dio vi ha chiamati a ricevere la sua grazia donata a voi per mezzo di Cristo, e voi gli voltate così presto le spalle per ascoltare un altro messaggio di salvezza! In realtà un altro non c'é." (Galati, 1,6).
Che salvezza infatti, ci può essere nel respingere donne, bambini, minori e uomini che fuggono dalla miseria, da torture e da morte sicura? In fondo essi ci richiedono un diritto umano fondamentale: asilo politico, che viene loro negato in nome dell'avidità e dell'accaparramento.
"Non molesterai il forestiero né l'opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto" (Esodo. 22,20).
Questa terra non è nostra….ci è stata affidata da Dio, quindi non possiamo respingere altri esseri umani solo perché forestieri in questa nostra "patria". Anch'essi sono figli di Dio e quindi nostri fratelli.
"Per quel che riguarda l'amore fraterno, non avete bisogno ch'io vi scriva nulla. Voi stessi, infatti, avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri e manifestare questo amore verso tutti i nostri fratelli" (1Tessalonicesi 4,9).
La salvezza è sempre stata e sempre sarà nell'amore. Tutti noi vogliamo essere amati. Anche Gesù lo voleva. Sulla croce, prima di morire disse "Ho sete" (Giovanni. 19,28). Aveva infatti sete di essere amato da ognuno di noi e di amare tutti senza distinzione anche i nemici. Ecco dove sta la salvezza!
"Dove è tuo fratello?"
"…sono forse io il custode di mio fratello?" (Gen. 4,9)"
Dopo millenni di storia, di civiltà,di evangelizzazione, è ancora questa la nostra risposta?
Comunità di cristiani in cammino "Antigone"
SAPERSI ANCORA INDIGNARE
Caro direttore, le cronache di questi giorni raccontano di un paese che non reagisce ai gravi comportamenti del presidente del Consiglio. Non esiste nessun paese al mondo che tolleri le menzogne dei propri governanti.
Siamo un caso unico. Sono state davvero poche le voci che hanno cercato di non far passare il tempo per evitare che l'assuefazione addormenti la coscienza pubblica.
Sì, in questo momento noi crediamo che occorra uno scatto d'orgoglio di tutti gli italiani che pensano che la menzogna sia un danno al paese e alla sua credibilità. Se Berlusconi sia un santo o no interessa davvero poco.
Qui si parla di una questione politica e le domande che emergono impongono risposte non equivoche. Si può impunemente mentire al paese? Si è messa a rischio la sicurezza nazionale? Quanto si sono sovrapposti gli interessi privati alle funzioni pubbliche? Le questioni sono decisive. Riguardano la credibilità delle istituzioni e l'autorevolezza della classe dirigente.
Non è superfluo ricordare quanto impone l'articolo 54 della nostra Costituzione: "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore". Quello che emerge dalle inchieste giudiziarie non può essere considerato il fatto personale di un "utilizzatore finale". Coinvolge tutti e non può essere accantonato dalla politica. Soprattutto dal Partito Democratico.
Ecco perché invitiamo il nostro partito a utilizzare le sue feste e le sue iniziative per rilanciare nel paese una profonda riflessione sui danni che sta provocando il Presidente del Consiglio. In questo momento tutti coloro che vogliono bene al nostro paese, in qualsiasi formazione militino, devono trovare il coraggio di non girarsi dall'altra parte.
Rita Borsellino
Gianrico Carofiglio
Sergio Cofferati
David Sassòli
Debora Serracchiani
Luigi Zanda
(24 luglio 2009)
http://temi.repubblica.it/repubblica-appello/?action=vediappello&idappello=391098
venerdì 24 luglio 2009
GABRIELLI EDITORE
CONOSCO DELLE BARCHE
che le correnti le trascinano via con troppa violenza.
Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori.
Conosco della barche che si dimenticano di partire,
hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove,
il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.
Conosco della barche talmente incatenate
che hanno disimparato come liberarsi.
Conosco delle barche che restano ad ondeggiare
per essere veramente sicure di non capovolgersi.
Conosco delle barche che vanno in gruppo
ad affrontare il vento forte al di là della paura.
Conosco delle barche che si graffiano un po'
sulle rotte dell'oceano ove le porta il loro gioco.
Conosco delle barche
che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora,
ogni giorno della loro vita
a che non hanno paura a volte di lanciarsi
fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.
Conosco delle barche
che tornano in porto lacerate dappertutto,
ma più coraggiose e più forti.
Conosco delle barche straboccanti di sole
perché hanno condiviso anni meravigliosi.
Conosco delle barche
che tornano sempre quando hanno navigato,
fino al loro ultimo giorno,
e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti
perché hanno un cuore a misura di oceano.
Jacques Brel
(da Riforma, 17 luglio 2009)
RICEVO E PUBBLICO
di GUSTAVO ZAGREBELSKY
da Repubblica — 17 luglio 2009
Sono venute a galla, finalmente, due questioni che riguardano, l' una, la verità e, l' altra, la moralità nella vita pubblica. Sono questioni che oggi particolarmente toccano un uomo alle prese con l' affannosa gestione davanti alla pubblica opinione di uno sdoppiamento, tra la realtà di ciò che effettivamente egli è e fa e la rappresentazione fittizia che ne dà, a uso del suo pubblico. Siamo di fronte a una novità? Possiamo credere sia un caso isolato? Via! La menzogna e l' ipocrisia, alla fine la schizofrenia, sono sempre state compagne del potere. Questa constatazione realistica può chiudere il discorso solo per i nichilisti, i quali pensano a un eterno nudo potere, che volta a volta, si presenta in forme esteriori diverse, ma sempre e solo per coprire la sua immutabile, disgustosa, realtà. Per gli altri, quelli che credono che il potere non necessariamente sia sempre solo quella cosa lì, ma che si possa agire, oltre che per conquistarlo, anche per cambiarlo; per quelli, in breve, che credono che vi siano diversi possibili modi di concepire e gestire le relazioni politiche, verità e menzogna, moralità e ipocrisia sono dilemmi su cui si può e si deve prendere posizione.
Vizi e virtù cambiano, anzi si scambiano le vesti, a seconda di quali siano le concezioni del vivere comune. I vizi possono diventare virtù e le virtù, vizi. Onde possiamo dire che da come li si concepisce capiamo che idea abbiamo della nostra convivenza. C' è qui una spia che permette di guardare nello strato profondo, magari inconscio, delle nostre concezioni politiche. Nelle Istorie fiorentine (III, 13), Machiavelli dice che i mezzi del potere sono "frode e forza" e che "quelli che per poca prudenza o per troppa sciocchezza, fuggono questi modi, nella servitù sempre e nella povertà affogano; perché i fedeli servi sempre sono servi, e gli uomini buoni sempre sono poveri; né mai escono di servitù se non gli infedeli e audaci, e di povertà se non i rapaci e fraudolenti". Buone massime di comportamento, ma per il Principe in società di servi e padroni: qui davvero le virtù diventano vizi e i vizi, virtù. La verità, il rispetto dei "bruti fatti", è la virtù di coloro che si intendono e vogliono intendersi tra loro; al contrario, quando il proposito non è l' intesa ma la sopraffazione, la virtù non è più la verità ma è la menzogna, la simulazione di quel che è e la dissimulazione di quel che non è. La verità predispone al dialogo in cui ciascuno onestamente fa valere i propri punti di vista; la menzogna prepara inganni e, in risposta, giustifica altre simulazioni e dissimulazioni (Torquato Accetto, Della dissimulazione onesta - 1641), come arma di legittima difesa. Ne vengono società di maschere, mascheramenti e mascherate che nascondono violenza, come erano le società di cortigiani, venefici e tradimenti del 5 e ' 600 in cui l' elogio della malafede dei governanti ha trovato il suo terreno di coltura. Gesù di Nazareth impartisce ai discepoli due comandamenti, all' apparenza contraddittori: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt 5, 36) e «siate avveduti ( phronimòi) come serpenti» (Mt 10, 16). Da un lato, dunque, rispecchiare la verità, né più né meno; dall' altro, usare la lingua biforcuta del "più astuto tra tutti gli animali" (Gn 3, 1).
Come si scioglie la contraddizione? In un modo molto interessante per la nostra questione. Il primo comandamento vale nei rapporti tra leali appartenenti alla stessa cerchia, in quel caso i credenti nella medesima parola di Dio ("avete inteso che fu detto ..., ma io vi dico"). Il secondo vale quando le pecore (i discepoli) sono inviati in mezzo ai lupi, gli uomini dai quali devono "guardarsi" con accortezza. Ecco, dunque. La verità vale tra amici; tra nemici è dissennatezza. Se riteniamo di non essere vincolati alla mutua obbligazione al vero, se riteniamo legittima la frode, la menzogna, l' inganno è perché viviamo nell' ostilità e i regimi dell' ostilità sono quelli inclini alla sopraffazione. Noi comprendiamo perciò lo scandalo che, purtroppo in altri Paesi e non nel nostro, dà l' uomo pubblico che è scoperto avere mentito, per questo solo fatto, magari su una questioncella da niente: uno scandalo non di natura morale o moralistica ma politico, che può portare alla rovina d' una carriera. Chi mente, non importa su che cosa, è un pericolo per la libertà e la democrazia. Oggi, da noi, si moltiplicano assennati appelli alla concordia e al dialogo, ma senza il parallelo, anzi preliminare, appello alla chiarezza della verità, sono parole destinate al vento.
Anche la questione della moralità conduce a un problema politico di democrazia. Si dice: il giudizio morale non deve influire sul giudizio politico. La politica si giudica con criteri politici; la moralità, con criteri morali. Un ottimo uomo pubblico può essere un pessimo individuo nel privato, col quale non si vorrebbe avere nulla da spartire. O viceversa: una persona dabbene può essere un pessimo politico, cui non vorremmo affidate responsabilità pubbliche. Gli ambiti sono diversi e devono essere tenuti separati. Lo Stato moderno è il prodotto della scissione dell' ufficio pubblico dalla persona fisica che lo ricopre. Il funzionario è, come tale, soggetto a particolari e stringenti doveri di moralità pubblica, della cui osservanza risponde pubblicamente. Ma la stessa persona, nel momento in cui è spogliato della sua funzione ritorna a essere uno come tutti, ha il diritto di essere lasciato in pace come un qualunque altro cittadino. La sua moralità è in questione solo di fronte alla sua coscienza, a Dio o al confessore. Tutto questo è chiaro ma troppo semplice. I punti di interferenza sono numerosi, in un senso e nell' altro. Quando c' è interferenza, non si può negare l' esigenza di verità. Può accadere che la posizione pubblica sia spesa nella vita privata, oppure che i comportamenti privati si riverberino sulla posizione pubblica.
Talora queste commistioni hanno rilievo per il codice penale. Ma molto spesso no. Non per questo non hanno rilievo politico. Esempio del primo tipo: la strumentalizzazione del "fascino del potere" per ottenere vantaggi nella vita privata. I favori sessuali attengono certamente alla vita privata. Ma altrettanto certamente ciò non basta a escludere il diritto dell' opinione pubblica di sapere se questi si ottengono facendo balenare o distribuendo favori, come solo chi occupa posizioni di pubblico potere può fare. Oppure, esempio del secondo tipo, lo stile di vita personale attiene certamente all' ambito privato che chiunque ha il diritto di definire come vuole. Ma se questo stile di vita contraddice i valori sociali e politici che si professano pubblicamente e si vogliono imporre agli altri, possiamo dire che questa ipocrisia sia irrilevante per un giudizio politico da parte dell' opinione pubblica? Non è affatto questione di moralismo. Nessuno, meno che mai quella cosa che si denomina opinione pubblica, ha diritto di pronunciare sentenze morali, condannare peccati e peccatori. Chi mai gradirebbe un giudizio di questo genere sulle piazze o sui giornali? Non è questo il punto. Il punto è che in democrazia i cittadini hanno diritto di conoscere chi sono i propri rappresentanti, perché questi, senza che nessuno li obblighi, chiedono ai primi un voto e instaurano con loro un rapporto che vuol essere di fiducia. Devono poterli conoscere sotto tutti i profili rilevanti in questo rapporto.
Ora, entrambe le interferenze tra pubblico e privato di cui si è detto convergono nel creare divisioni castali in cui la disponibilità del potere crea disuguaglianze, privilegi e immunità, perfino codici morali diversi, che discriminano chi sta su da chi sta giù. E questo non ha a che vedere con la democrazia? Non deve entrare nel dibattito pubblico? Così siamo ritornati al punto di partenza, il rapporto verità menzogna. Che questa immoralità tema la verità è naturale ed evidente. Anzi, proprio il rifiuto ostinato di renderla disponibile a tutti in un pubblico dibattito, motivato dalle temute ripercussioni sul rapporto di fiducia tra l' eletto e gli elettori, è la riprova che questa è materia di etica politica, non (solo) di moralità privata; è questione che tocca tutti, non (solo) famigliari, famigli, amici, clienti.
LA CONVERSIONE "PRODUCE" CONDIVISIONE
14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!». 15 Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo. (Giov. 6, 1-15)
giovedì 23 luglio 2009
ATROCITA
PREGHIERA
Ti ringraziamo per i nostri figli e le nostre figlie,
ma ti confessiamo la nostra tentazione di manipolarli,
di far dei nostri sogni i loro progetti di vita,
di usare le loro esistenze come piattaforme per i nostri voli,
incuranti di quanto ciò che è importante per noi possa diventare
incubo per loro.
Ti confessiamo la nostra rapidità di giudizio su altri padri e altre
madri,
che non esprimono i loro affetti con la nostra stessa lingua,
né si muovono la loro tenerezza con i nostri stessi gesti:
troppe volte abbiamo indossato l'armatura della civiltà e la certezza
della verità,
per conculcare altri modelli di educazione,
per spiegare senza avere l'umiltà di ascoltare.
Ti preghiamo, aiutaci.
A guardare ai nostri figli e alle nostre figlie come a persone,
a cui possiamo insegnare ma da cui possiamo anche imparare;
a cui possiamo mostrare un volto fiero,
ma anche lasciar conoscere il nostro volto vero,
anche quando è debole, rigato di lacrime, insicuro.
Ti preghiamo, donaci la serenità che viene dal sapere che sei tu
che vedi e provvedi,
non noi.
Amen
(da Riforma, 17 luglio 2009)
NON SONO UN SANTO
mercoledì 22 luglio 2009
ASTUZIE PERVERSE
ZAPPADU: PIU DEI GUERRIGLIERI TEMO LA SECURITY DEL PREMIER
martedì 21 luglio 2009
SPIEGAZIONI
BRUTTE NOTIZIE
• Il governo così mette sotto controllo i magistrati, anche se il Consiglio Superiore della Magistratura boccia la riforma e tira diritto anche sulla sanatoria fiscale.
• Aumenta l'età pensionabile delle donne. Da subito si passa a 61 anni entro 12 mesi.
• In Iran si sta avverando un vero e proprio massacro degli oppositori mentre 54 militari israeliani documentano le responsabilità del governo razzista di Israele nella guerra di Gaza dei mesi scorsi: scudi umani e distruzioni gratuite. A Gaza l'ordine era uccidere.
• La libertà di informazione è minacciata in Cecenia con l'uccisione di Natalia Estemirova, attivista dei diritti umani e giornalista. In Italaia non stiamo tanto meglio.
lunedì 20 luglio 2009
L'INDIFFERENZA
Sono trascorsi 17 anni dalla uccisione di Borsellino e scorta, Palermo era distratta. La mafia, quella nota e quella camuffata, regna sovrana quando "cadiamo in distrazione". Il virus che corrompe la democrazia è l'indifferenza. Così lasciamo spazio ai manovratori.
FAR PAURA SERVE
Anche l'influenza serve a far paura e a distrarre dai problemi veri. "Anche quando arriva l'influenza stagionale ogni anno ci sono dei morti" (professor Mauro Moroni, direttore del reparto di malattie infettive al Sacco di Milano). "Oggi si può dire che questo non è più cattivo di alcuni virus stagionali influenzali che ci hanno colpito negli ultimi 30 anni. Si manifesta con una influenza severa per 3 o 4 giorni, che poi guarisce, anche senza farmaci".
NEMMENO IL MIO EDITORE
Ho guardato i vari libri che il mio editore Gabrielli ha pubblicato in questi due ultimi anni. Ogni libro ne segnala altri dello stesso Editore. I miei puntualmente vengono omessi. Un caso? Per nulla. Certi temi scottano e allora si preferisce, sicuri che questi miei libri hanno un loro mercato, non macchiarsi di "estremismo teologico".
Ci sono argomenti sui quali si cerca di glissare… Capisco, anche se non condivido.
GRUPPI BIBLICI DI DOMANI MARTEDI' 21
CHIUDERE LA BASE MILITARE DI VICENZA
Movimento per la Società di Giustizia e per la Speranza
To the President of the
to the Vice President Joe Biden
to the Secretary of State Hillary Rodham Clinton
Perhaps President Obama does not know that participation in a war is excluded from the Italian Constitution (art. 11); therefore, Italian soldiers who operate in
The agreement that the Italian State made with the US for a military base in Vicenza, in which men and actions of war are prepared; from which airplanes leave for offensive attacks, for bombings, or that however form part of a war strategy, contrasts with that principle of our Constitution. That agreement, was a secret agreement between Pres. Berlusconi and Pres. Bush, and between Berlusconi and the Mayor of Vicenza; an agreement that did not respect the sovereignty, the necessity of popular consent. Therefore, the citizens have repeatedly made reminded the government of the mistake committed with the concession of the base, and resistance and revolt against the base are in act in the
The presence of that base is a war action that the Italian Constitution does not permit. The American people, like its Administration, must respect the Constitution of another people, even if some of its rulers by false friendship or weakness have yielded to the
The Movement hopes that President Obama, with his sensibility and desire for peace, will want to follow this line of respect and justice.
for the Movement the Chairman
Prof. Arrigo Colombo
Via Monte S.Michele 49, 73100 Lecce, tel/fax 0832-314160
E-mail arribo@libero.it/ Pag web http://digilander.libero.it/ColomboUtopia
(testo italiano)
Gli Stati Uniti devono chiudere la base militare di Vicenza
Forse il Presidente Obama non sa che la partecipazione ad una guerra è esclusa dalla Costituzione Italiana (art. 11); per cui anche i soldati italiani che operano in Iraq e in Afghanistan devono sottostare a norme precise che li escludono da azioni di guerra, mentre possono operare per l'ordine e per la tutela delle popolazioni.
L'accordo che lo Stato italiano ha fatto con gli USA per una base militare in cui si preparano uomini e azioni di guerra; da cui partono aerei per attacchi offensivi, per bombardamenti, o che comunque rientrano in una strategia di guerra, contrasta con quel principio della Costituzione. Quell'accordo, poi, fu un accordo segreto tra il Pres. Berlusconi e il Pres. Bush, e tra Berlusconi e l'allora Sindaco di Vicenza; un accordo che non rispettava la sovranità, la necessità del consenso popolare. Perciò i cittadini hanno ripetutamente fatto presente al governo l'errore commesso con la concessione della base, e una resistenza e rivolta è in atto nel territorio di Vicenza contro la base.
La presenza di quella base è un atto di guerra che la Costituzione Italiana non consente.
Il popolo americano, così come la sua Amministrazione, devono rispettare la Costituzione di un altro popolo, anche se certi suoi governanti per falsa amicizia o per debolezza hanno ceduto al potere USA. Devono perciò chiudere la base.
Il Movimento confida che il Presidente Obama, nella sua sensibilità e volontà di pace, vorrà seguire questa linea di rispetto e di giustizia.
iPUBBLICO QUESTA BELLA TESTIMONIANZA DI UMANITA' E DI FEDE
TESTIMONI: Don Sandro Artioli
In tonaca con la tuta blu
Con questo nuovo inserto, Job Zone si propone di attivare un ulteriore canale di comunicazione nel quale dare spazio a testimoni significativi e peculiari per la loro esperienza maturata nel mondo del lavoro. La prima che proponiamo è quella di un prete-operaio, don Sandro Artioli. Attraverso il senso profondo che ha dato a questa scelta ed esperienza, vissuta radicalmente “nella stiva dell’umanità”, mettendosi fianco a fianco, carne e spirito, per condividere appieno la condizioni di fatica e le preoccupazioni degli uomini e delle donne nelle fabbriche, questa testimonianza ci è apparsa emblematica e pregnante per lanciare questo primo numero.
L’incontro è avvenuto nella serata del 5 giugno scorso presso il “rifugio-laboratorio” di don Sandro, affacciato su una delle vie vicino alla ferrovia di Sesto San Giovanni, accompagnati da don Raffaello Ciccone, suo amico di vecchia data.
“Molte volte mi hanno rimproverato di lasciarmi troppo prendere dai problemi drammatici della terra. E che invece dovrei dedicarmi di più a pensare al cielo. Non è vero che, siccome la terra fa schifo, dedicarsi a guardare il cielo è il vero segno di conversione a Dio” (don Sandro Artioli)
“Cosi l’intendeva anche quel tale che durante una manifestazione mi disse.<Lei reverendo vada a dir Messa . Pensi a pregare e basta>. Quel tale non sapeva che dalla Messa e dalla preghiera io vengo fuori più indignato, piu’ “arrabbiato”, più impegnato di prima nella lotta contro le oppressioni e le ingiustizie.”don Cesare Sommariva
“Non andai in fabbrica perchè gli operai erano una classe, ma perchè erano i poveri. Mi dava fastidio l’idea che un prete potesse vivere “con” loro, pensavo che dovesse vivere “come” loro”. (don Carlo Carlevaris)
Un cenno sulla storia del movimento dei preti-operai.
L’origine del movimento dei preti-operai è legata all’esperienza francese. Il termine fu usato nel 1941, durante la massiccia deportazione di lavoratori francesi in Germania. In quella circostanza numerosi sacerdoti e giovani seminaristi divennero operai per poter dare assistenza religiosa agli esuli. Ma è nel 1943, con la pubblicazione di una ricerca realizzata da due preti (Y. Daniel e H. Godin) intitolata “Francia, paese di missione?”, in cui si metteva in luce la frattura che si era creata fra la Chiesa e le masse popolari delle periferie, e che la figura del prete-operaio assume una valenza apostolica-sociale. Sarà infatti l’allora arcivescovo di Parigi, cardinale Emmanuel Suhard, che fondando la “Missione di Parigi”, darà un vero impulso a tutto ciò, con il progetto di una equipe di preti, che, liberati da ogni impegno ministeriale tradizionale, verranno consacrarsi totalmente all’evangelizzazione degli ambienti popolari di Parigi. E’ così che questi preti, in piena libertà, cominciarono a vivere con gli operai, nelle periferie e nelle fabbriche. Nel dopoguerra l’esperienza dei preti-operai si estese in breve tempo a numerose altre diocesi. Le discussioni intorno alla loro figura si fece allora appassionata, e si intensificò anche il loro coinvolgimento nelle lotte proletarie per la dignità dei lavoratori e per i diritti sindacali. Quell’esperienza, cosi innovativa e profetica, trovò grandi resistenze e preoccupazione in Vaticano da parte di Papa Pio XII, tanto che nel 1953 fu ordinato ai preti-operai di abbandonare la loro condizione di lavoratori “in ragione dei gravissimi danni, per la stessa fede e per lo spirito di disciplina ecclesiale e religiosa” a cui essi potevano essere esposti. Si disse che la vita operaia doveva essere vietata “per incompatibilità con la vita e gli obblighi sacerdotali”. Per l’Italia, invece, non è possibile indicare un avvenimento determinante che segni l’inizio dell’esperienza dei preti operai, possiamo però ricordare, nel 1950, il primo prete operaio italiano: don Bruno Borghi di Firenze, amico di don Lorenzo Milani. Anche se in maniera poco visibile, il fermento dell’esperienza francese del dopoguerra aveva lavorato anche da noi, tanto da essere in grado di riaffiorare con vitalità durante, e dopo, il Concilio Vaticano II. Bisognerà infatti aspettare 1965, il vento nuovo del Concilio, le sue aperture profetiche, per riaprire grandi speranze. Il superamento della concezione di Chiesa di fronte al mondo, e il passaggio ad una Chiesa nel mondo, farà si che la missione dei preti-operai poté riprendere. Dopo questa data, i preti-operai si diffusero, oltre che in Francia, in Belgio, in Italia, in Spagna, in Germania, in Austria, in Svizzera, e in America latina.
(Nel 1993 i preti operai erano 580 in Francia – 110 in Italia – 80 in Spagna – 37 in Belgio – 15 nei paesi di lingua tedesca). Per alcuni di questi paesi il percorso si sviluppò con una certa facilità, ad esempio in alcuni paesi dell’America latina (anche sulla spinta della Teologia della Liberazione) o in Francia, per una loro attitudine storica. Nel nostro paese, invece, la Chiesa non comprese pienamente l’importanza e il potenziale dell’esperienza dei preti-operai: l’Italia era considerata “un paese di forte e robusta presenza cattolica”, pertanto non si sentiva la necessità di una evangelizzazione del mondo del lavoro. Invece cominciate queste esperienze, possiamo affermare che si verificò una “contaminazione al contrario”, nel senso che fu proprio l’incontro con il mondo del lavoro a “fare aprire gli occhi” alla Chiesa su quanto lì dentro accadeva. Quella che sembrava inizialmente una scelta missionaria della Chiesa, si era rivelata un’inaspettata spinta alla riforma interna per elaborare e sperimentare una spiritualità adatta alla società moderna. Germinavano nuove istanze: i preti-operai incrociarono e parteciparono alle vicende delle comunità di base, alla contestazione ecclesiale, alla denuncia dell’alienazione nella produzione capitalista, all’avvicinamento dei cristiani al socialismo, all’impegno pacifista, contro il colonialismo, all’obbiezione di coscienza al servizio militare, rappresentando spesso una presenza problematica all’interno della Chiesa, per molti versi ancora non risolta.
Il racconto
Sediamo attorno al tavolo posto nel locale di ingresso, inerte testimone di passate e rumorose discussioni fra compagni di lavoro (anche 20 partecipanti in contemporanea), e dopo avere fatto la nostra presentazione con i motivi che ci hanno portato lì, inizia il racconto.
<<Sono nato a Milano il 29 luglio 1942, da una famiglia di origini mantovane che poi si è trasferita a Milano; e qui ci vivono anche le mie due sorelle con i loro 5 figli e nipoti, che alla domenica quando posso vado a trovare>>.
I segnali precoci di una scelta di vita in qualche modo “radicale” si manifestano in Sandro su un tema in quinta elementare dal titolo “Cosa farai da grande” dove scrive
<<… fin da piccolo volevo fare il prete per andare dai bambini poveri in Cina, India, Africa, e abitare nelle capanne con loro o in una roccia che mi scavo io, non nelle ricche cattedrali. Così all’età della prima media vado in seminario e li ero uno dei migliori allievi>>.
Da queste premesse e con i successivi anni di scuola e seminario che si palesa in modo più evidente con contrasti non certo superficiali con i superiori, la sfasatura fra quanto gli veniva proposto per forma e contenuti con quanto lui sentiva nel profondo del cuore e con la mente.
<<Prima di arrivare al sacerdozio, dopo il terzo anno di teologia, mi sento la voglia di fare una pausa di vita proletaria>>, siamo negli anni ’60, e cominciano a diffondersi anche in Italia le esperienze dei preti-operai, che hanno già trovato spazio in Francia, e proprio lì don Sandro decide di cominciare questo suo personale percorso.
<<Mi trasferisco in Francia a Saint Priest, vicino a Lione e comincio a lavorare in fabbrica, una fabbrica tessile. Il padrone era bestiale, così mi misi al fianco delle delegate aziendali. Un Natale vidi quel padrone in prima fila in chiesa. Fece la comunione. Alla fine della messa andai dal parroco e chiesi se sapeva chi era quel personaggio. E lui mi rispose “un buon cattolico ma un pessimo cristiano”>>.
<<Dalla Francia riprendo contatto con il mio vescovo e gli scrivo che sono disposto a riprendere il mio percorso di ordinazione per poi fare il prete-operaio perché mi sentivo preso a svolgere il mio ruolo di vivendo in basso e condividendo la pesante vita operaia. Mi viene dato il consenso, ma prima dovrò stare in parrocchia per qualche anno>>.
<<Ritorno dalla Francia, e preparo il IV anno di teologia da solo e dando gli esami. Nel settembre del 1967 vengo ordinato prete, seppure non compaio sugli annuali delle ordinazioni sacerdotali: non mi ci hanno messo.>>
Sono quelli anni difficili per le parrocchie, soprattutto quelle della periferia di Milano, siamo nel pieno dell’immigrazione e dello sviluppo caotico della città e dei suoi quartieri dormitori:
<<Vengo assegnato in una parrocchia di Quarto Oggiaro, uno dei quartieri più devastati e ci sono rimasto per 8 anni. In quegli anni mi attivo con la cittadinanza per promuovere un’azione sociale, mentre con tutti i preti che volevano fare l’esperienza operaia, ci incontravamo, facevamo riunioni e parlavamo di questa opportunità. Ma loro non hanno avuto il consenso a fare questa esperienza; io invece si>>.
A don Sandro si accendono gli occhi mentre parla, come se le cose che dice stessero accadendo proprio in quel momento.
<<Nel settembre del 1975, all’età di 33 anni sono entrato in Breda Termomeccanica, come carpentiere-saldatore, la mansione più dura e massacrante. Passavo ore dentro contenitori di acciaio a saldare a filo o cannello, operazioni che avevo imparato sul campo, senza nessun addestramento; ogni tre ore circa di saldatura, ci si prendeva una boccata d’aria, che in realtà trascorrevo fumando una sigaretta>>.
Ricordiamo che questa azienda produceva dapprima carrozze e locomotori per la Metropolitana Milanese, e dal 1973 le Partecipazioni Statali che ne sono proprietari decidono il passaggio alla produzione di componenti nucleari.
Non vi sarà sfuggito il fatto che don Sandro entra in fabbrica all’età in cui, nostro Signore moriva in croce; il nesso non è per nulla casuale.
<<Pochi fra i miei compagni di lavoro sapevano che ero prete, non volevo potesse diventare un sorta di privilegio>>.
La radicalità con cui vuole vivere il messaggio cristiano è palese anche in fabbrica; di fronte a diverse offerte da parte dell’azienda di cambiare mansione, il rifiuto è fermo:
<<voglio essere ultimo fra gli ultimi>> .
Dopo un anno di lavoro, di fronte al disastro che vede nel reparto, accetta di essere eletto come delegato, sotto la spinta dei compagni di lavoro.
E nelle scelte di don Sandro, non c’è mediazione che tenga, si fa promotore e partecipa attivamente alla nascita del sindacato di base autoorganizzato Slai-Cobas in Breda, perché
<<ero considerato un leader dai compagni di lavoro, perché li difendevo e criticavo l’azienda; ho creato collegamenti con altre fabbriche. Mentre con i sindacati confederali non ho mai avuto un buon rapporto, loro erano più funzionali al capitale che all’uomo, io invece facevo lavoro di base>>.
Come non ricordare a questo punto don Milani (mentre stiamo abbozzando questo numero ricorre l’anniversario della sua morte, il 26 giugno) quando affermava che nella vita, per stare dalla parte dei poveri, si possono fare tre mestieri: il prete, il sindacalista o il maestro:
<<e io ho fatto il prete operaio e il sindacalista>>.
<<Ho fatto sei cause di lavoro contro l’azienda. Quando mettevano personale in cassa integrazione io c’ero sempre nell’elenco. Allora fuori della fabbrica, mettevo cartelli e facevo volantinaggio. Con un amico collega, ci alternavamo a seconda che fossimo dentro o fuori dalla fabbrica>>.
In questa esperienza umana così profonda, di contatto continuo con colleghi e compagni di lavoro, viene messa a prova anche la sfera degli affetti e delle emozioni che nascono proprio da relazioni intense e vere, al punto di lasciarsi sfiorare dall’idea di mettere su famiglia
<< Quando tornavo a casa alla sera massacrato dal lavoro, mia madre mi diceva che almeno gli altri operai tornando a casa trovavano la moglie e i figli, e questa possibilità mi aveva tentato, ma poi ho rinunciato>>.
La pesantezza delle condizioni di lavoro e le scarse tutele in materia di sicurezza sono un elemento ricorrente nel racconto di don Sandro:
<<In 27 anni di lavoro operaio ho subito cinque infortuni, alcuni anche abbastanza gravi, che mi hanno fiaccato fisicamente, e in più, lavorando esposto all’amianto, a seguito di esami clinici mi hanno trovato delle placche sulla pleure polmonare; ma avevo Gesù dalla mia parte, e sono sempre andato avanti, con tenacia. Su 5500 lavoratori che sono stati sottoposti a controlli medici, a 150 di loro è stato riscontrato un tumore>>.
Gli anni trascorrono velocemente e anche quella esperienza di lavoro finisce
<<Sono andato in pensione a 60 anni nel 2002 con 36 anni di contributi e poco più, oltre ad avere avuto il riconoscimento di una pensione di invalidità da lavoro. Da circa tre anni sento fortemente condizionato nel mio fare da uno stato patologico che mi porta come effetti il ricordare poco ciò che le persone dicono e a dimenticare con facilità i loro nomi; faccio anche molta fatica a leggere articoli e ad interpretare frasi e concetti, soprattutto se sono densi di significati come quelli che scrive l’amico Raffaello>>.
<<Oggi non c’è più nessuno che fa il prete operaio, dopo gli anni ’60 nessuno a più voluto fare questo percorso; oggi quelli che lo hanno fatto sono tutti in pensione. Nella mia fabbrica sono rimaste solo sette persone che conosco, tanti altri sono morti>>.
A questo punto don Raffaello propone una chiave di lettura che è anche sintesi rispetto alla esperienza dei preti-operai: “La fatica a cui ha sempre fatto riferimento don Sandro non è un bene anzi, non la faceva per prenderci gusto, ma per sostituirsi agli altri e mettersi alla loro pari. Il prete-operaio non era un masochista, piuttosto una persona a cui interessava stare con gli ultimi; c’era una dignità fra di loro che doveva essere riconosciuta, che è proprio il motivo che ha portato don Sandro e altri a fare i preti-operai”.
Siamo giunti al termine dell’incontro, don Sandro ci invita a visitare il suo rifugio: la stanza con il suo computer, una pila di libri, e su una porta ci imbattiamo in un manifesto con l’immagine di Che Guevara, segno per un testimone che richiama il suo affetto e vicinanza ai paesi latino-americani che ha avuto modo di visitare.
Dietro l’anta di un armadio: la Bibbia, il Vangelo, la Stola, per dir Messa la domenica assieme ai suoi pochi compagni rimasti, uniti nel nome del Signore in quel “laboratorio-chiesa” della sua casa.
Decidiamo di fare due passi,mangiare un gelato in una vicina gelateria prima del commiato. Al ritorno, lui sulla porta ci saluta con il volto sorridente, dal quale traspare una serenità interiore nonostante tutto, e ci invita a tenere i contatti.
Mentre torniamo a Cernusco, ripensiamo al nostro interlocutore, e non possiamo fare a meno di rilevare un senso di solitudine umana che accompagna chi ha scelto di donarsi completamente nella testimonianza cristiana in forma così radicale come quella fatta da don Sandro. Una solitudine, che ha inizio nel momento in cui fa una scelta fuori dal comune pensare, e poi quella successiva alla sua testimonianza, pagando fisicamente i risvolti di una vita condotta sempre in prima linea. Sia ben chiaro, una vita vissuta con intensità per gli altri, i più deboli.
A don Sandro, un grazie da parte della redazione di Job Zone.
Per chi volesse entrare in contatto con don Sandro segnaliamo il suo indirizzo e-mail: