lunedì 29 marzo 2010

RIPROPONGO UNA MIA VECCHIA RIFLESSIONE

 
 
CONSIDERAZIONI SUL PERDONO

Perdono: la parola significa "dono grandissimo".

La comunità non celebra un perdono qualsiasi ma lo connette a Dio che ne è l'origine. Dunque, noi viviamo i nostri giorni come avvolti/e nell'amore perdonante ed accogliente di Dio. Non qualcuno, non qualcuna. Non chi è meritevole: Tutti, tutte. Il perdono non è una medaglia da conquistare, ma un dono da accogliere, un clima da vivere, un'atmosfera in cui esistere e di cui prendere gioiosamente consapevolezza.

Da questa sorgente che è Dio, da questa condizione di persone perdonate siamo sospinti e sospinte a diventare operatori di perdono. Se mettiamo a frutto il perdono che Dio ha accordato a noi, possiamo perdonare a noi stessi i nostri errori e possiamo perdonarci a vicenda.

Si, noi possiamo mettere a frutto l'amore perdonante di Dio solo se lo rendiamo operante e concreto dentro di noi e fuori di noi, nelle relazioni quotidiane. Un perdono che non corra dalla sorgente al fiume, che non sia accolto e vissuto tra fratelli e sorelle, rischia di essere un'illusione. L'acqua che non corre diventa uno stagno (Franco Barbero, ciclostilato 1979).

La celebrazione di questa sera vuole benedire, ringraziare il "Dio dei perdoni" e riaccostarci a Lui come pozzo, sorgente per creare in ciascuno/ciascuna di noi un cuore aperto alla pratica del perdono.