martedì 10 agosto 2010

Intervista a "Il Mucchio Selvaggio"


di Chiara Lalli
da: Il Mucchio selvaggio, n° 667 - febbraio 2010


Da almeno 25 anni don Franco Barbero è sotto processo canonico per i suoi libri sul Gesù storico. “Io ho detto cose ovvie: cioè che Gesù è figlio di Maria e Giuseppe, e che Giuseppe non era quel vecchietto che ci dicono altrimenti sarebbe stato messo al muro se avesse sposato una ragazza di soli 13 anni”. Per questo negli anni ’80 è stato deferito al tribunale nazionale. Nel 2000 l’ultima goccia: era l’anno del giubileo, ma non per gli omosessuali. “Io a Roma intervenni e parlai del cammino di Abramo – ricorda don Franco – e parlai del dono dell’omosessualità. Questa parola fu indigesta. Due giorni dopo il vescovo mi convocò d’urgenza e mi disse che quella parola l’avrei dovuta ritrattare. – È vero che hai detto il dono dell’omosessualità? – mi chiese. Non solo – gli risposi porgendogli il mio blocco degli appunti – l’ho anche scritta, e non la ritratterò. A meno che non mi dimostriate che è sbagliato. Non ricevo ordini come un adolescente. Di’ pure al Papa che non sono disponibile a ritrattare”. 2003 con una sentenza inappellabile del “Sommo Pontefice Papa Giovanni Paolo II”, resa esecutiva dal vescovo di Pinerolo, don Franco è dimesso dallo stato clericale.
Don Franco risponde sempre allo stesso modo alle ammonizioni: non vuole tradire le persone. “Quando sono diventato prete ero molto tradizionale, ero addirittura venerato dai miei superiori. Poi in confessione ho incontrato le prime donne lesbiche e i primi gay, ero giovane e ignorante. Dicevo loro di venirmi a trovare, da soli o in coppia. Ascoltandoli lentamente ho capito che è solo un modo diverso di percepire il proprio corpo, ma la sostanza e i sentimenti sono gli stessi. È stata la scelta più felice della mia vita. Se uno ha l’occhio della meraviglia – io ero come un pulcino che esce dall’uovo – scopre nuove cose”.
Don Franco accoglie tutte le persone che gli chiedono aiuto, tutte quelle che la società emargina, anche i separati che la chiesa considera eretici, salvo poi ripensarci quando l’eretico è un potente e può far comodo perdonarlo. O i transessuali. “Una vita di incontri e di persone che ti parlano con il cuore. L’amore ha aspetti così diversi! È l’evento più bello per cui ringrazio Dio”. E tanti giovani tormentati dalla condanna dell’omosessualità, magari respinti anche dai loro cari. Don Franco li ascolta e non riesce a capire come alcuni genitori possano rifiutare un figlio per il suo orientamento sessuale. E rimane sbalordito quando, per giustificarsi, gli dicono che è perché gli altrinon lo accetteranno e in questo mondo avrà una vita difficile. “È quasi diabolico. Dipende dalla condanna degli altri. Il mondo sarà difficile e tu ti aggreghi ai carnefici?”.
Don Franco cerca di capire i problemi quotidiani delle persone che gli si rivolgono. Alcuni anni fa una ragazza gli va a chiedere consiglio: ha già un figlio e ora non vorrebbe averne un altro. Ha sentito parlare della pillola. Don Franco le suggerisce di andare dal medico perché lui non se ne intende. Questa ragazza pensa che le stia facendo uno sconto del peccato, magari perché è giovane e ancora inesperto, va dal confessore anziano e gli dice “don Barbero mi ha detto di fidarmi del mio medico”. Inammissibile per la chiesa gerarchica e tirannica. “In una assemblea mi ha accusato perché permettevo la pillola – commenta don Franco – violando anche il segreto del confessionale. Ho ricevuto una ammonizione pubblica”.
Don Franco è convinto che l’istituzione non sappia e non voglia ascoltare. Tutti i documenti ufficiali sull’omosessualità, per esempio, sono stati scritti senza ascoltare le persone. Anteponendo una presunta e crudele Verità all’amore e senza curarsi della sofferenza. “Non c’è alcuna accoglienza, ma solo odio e patologia. È un concetto perverso, la verità non dovrebbe farti morire. Chi cita la Bibbia a sostegno della condanna della omosessualità non sa leggere la Bibbia. Parlano di rispetto, ma è solo ipocrisia: è tipicamente ecclesiastico e talebano”. È addolorato al pensiero di quanto dolore possa causare un simile atteggiamento, un dolore inutile ed evitabile. Secondo don Franco molti scelgono di seguire strade già tracciate senza pensare, con passiva obbedienza: “in una società della paura e che non aiuta a pensare, per molti è l’unico modo di esserci. Nella concezione cattolica c’è un altro motivo: la negazione di sé. Per assumere posizioni che siano controcorrente dentro l’istituzione devi avere guardato in faccia la tua vita, la tua affettività e la tua sessualità. Se non hai fatto questo e ti sei adeguato a un modello, qualsiasi esso sia, hai disimparato a specchiarti nell’onestà della vita. L’obbedienza cavalca la tua esistenza e vivi in una contraddizione di infelicità. È una matassa oscura che non vuoi guardare”.
Don Franco non risparmia le critiche alla strumentalizzazione politica del crocifisso e delle radici cristiane. “Difendono il crocifisso che è un pezzo di legno e crocifiggono le persone in carne ed ossa. Quanta infelicità inflitta in nome di Dio e di una religione! Sono torturatori, costruttori di angosce e infelicità” commenta don Franco, che rifiuta l段dea che per essere buoni sia necessario essere tristi e soffrire. La teologia che studiai da giovane ti insegnava che se eri allegro non eri virtuoso. Ho capito dopo perché una persona infelice la governi meglio, una libera dall’angoscia non la controlli. Questa è una delle ragioni del celibato. In questa Italietta il pensiero cattolico come religione civile ha ancora una influenza, anche se poi, come sappiamo, viene contraddetta e ignorata in molte occasioni”.
Purtroppo nel clero la riflessione e lo spirito critico sono quasi assenti e ci si fida di una autorità sacra che dice delle cose fuori dal mondo. “È una specificità tutta italiana e dipende dall’avere la disgrazia del Vaticano qui”. Secondo Don Franco lo pensano in tanti, ma quasi nessuno lo dice perché si ha paura di perdere la cattedra o qualche altro privilegio.
Il Vaticano si è messo alla testa di un movimento politico reazionario, si è fatto portabandiera del fondamentalismo omofobico che aggrega – tutti i fondamentalisti sono parenti, politici e religiosi. Quelli che nella chiesa anglicana non accettano la riforma e l’omosessualità diventano cattolici e a loro si fa uno sconto, anche se sposati. “Se vuoi sposarti ti fai anglicano e dopo 5 anni diventi cattolico. È una perversione mentale. Molte leggi nascono con Letta che va a trovare Bertone e il parlamento vota. Questo è il cosiddetto cristianesimo criminale. Da credente soffro nel vedere che abusano del nome di Dio e Gesù. È delittuoso. Gesù è estraneo a tutto questo,non può essere coinvolto in queste bassezze. Lui era a favore dell’amore e della solidarietà. Non aveva frontiere, era vicino alle persone. Non diceva come comportarsi e non giudicava. Amava la libertà e la tenerezza, grandi assenti oggi insieme alla giustizia. L’azienda cattolica usa il suo nome, ma lui non c’entra. La vera chiesa esiste fuori dalla chiesa”. Gesù per don Franco non è mai stato cultore dell’infelicità e dell’angoscia. Non aveva l’ossessione che la gente fosse religiosa. Voleva che il cieco vedesse e che l’adultera non fosse condannata. Che l’emarginato fosse messo al centro. Ecco, questo era Gesù, non regole ossessive. Nessun monopolio, ma la libertà di vivere ognuno la propria fede. Le gerarchie clericali abusano di Gesù per i propri affari e interessi. “Sentire che uno come Casini vuole incarnare i valori cristiani… dovrebbero vergognarsi. Fa orrore” aggiunge don Franco, che ci tiene a sottolineare che la sua passione per la fede non si è mai tradotta in fanatismo.
Don Franco celebra matrimoni tra chi si ama: lesbiche, gay, sacerdoti. “Ci tengo a rompere gli schemi di questa chiesa, per compiere un gesto di libertà. Molte persone mi dicono che scoprono un cristianesimo diverso. Possono dire che Dio è vicino al loro amore. Questo è importante, un Dio cupo non aiuta. Dio è amore, niente a che fare con il ghiaccio negli occhi di Ratzinger. Le persone vivono meglio se si sentono amate, essere messi ai margini non fa piacere”.
Il suo è un contributo che vuole essere anche politico. Anche se don Franco è consapevole che la lotta in Italia sarà lunga e faticosa. È spaventato dalla lobby cattolica, dagli uomini dell’Udc più che da Fini, dalla perfida religione civile. E si duole che nel PD non ci sia ancora una posizione ferma. Manca l’intelligenza del futuro, secondo lui, e la prospettiva globale dei diritti e delle persone. E poi manca soprattutto il coraggio. Nessuna lungimiranza e scarso coraggio: gli ingredienti di un fallimento. “Si discute tanto della parola matrimonio – commenta don Franco – ma è solo un retaggio linguistico che nasconde la discriminazione. Finché tutte le persone non avranno uguali e reali diritti sarà un disastro”.
Un decalogo astratto che provoca una reale sofferenza. Quando c’è da rompere le righe e da assumersi la responsabilità per le proprie scelte, manca la voce proprio in quel momento, si ha altro cui pensare. Tante coincidenze secondo don Franco. “La corte europea ha avuto dal partito socialista europeo la raccomandazione di non rendere esecutiva la sentenza sul crocifisso, siamo propri messi male…”. Imporre un valore, poi, è folle. Cosa ne rimane? “Non è più bello dire che ci siano molti modi per avere un simbolo religioso? Una bella pluralità. In una società laica non c’è bisogno di esprimere tutta la sequela dei simboli, altrimenti ne dovremmo mettere 70. Quando penso a Gesù mi piace immaginarlo vivo e sorridente. Io in casa non ho crocifissi”.