venerdì 30 novembre 2012

LE INFANZIE IGNORATE DEI BAMBINI INFELICI

 

Guardando le foto dei bambini uccisi a Gaza mi è venuto da dire : «E se fossero i vostri figli?». Certo forse chiedereste l’intervento dell’ONU, ma già in rete è iniziata la disquisizione: «muoiono così tanti bambini perché vengono usati come scudi dai padri», come se questo cambiasse qualcosa per la vita dei bambini, vorrebbe solo dire che, come da noi, i bambini devono guardarsi anche dai famigliari e non solo dai «nemici».

(Arturo Ghinelli)

 

Le immagini dei bambini di Gaza e le discussioni sul perché si spara ancora su di loro hanno fatto efficacemente da contrappunto alla celebrazione della giornata dedicata ai diritti dei bambini e delle bambine. Così come grideremo lo scandalo e condanneremo i comportamenti delle persone che staranno male, fra qualche anno, vagando fra le droghe e il carcere, la psichiatria e la prostituzione nel tentativo disperato di sfuggire al dolore che nessuno ha ascoltato oggi. Le infanzie infelici di tanti bambini che nascono e vivono in Italia sono oggetto di attenzione e di cura, infatti, solo in una percentuale molto bassa di casi ed è un giorno triste, questo 20 novembre, per tutti quelli che si occupano dei diritti di questi problemi. Nel silenzio assordante di una politica abituata a parlare della loro infelicità senza mai considerarla prioritaria. A livello del governo come delle Regioni e dei Comuni dove nessuno investe quanto serve per assicurare loro le cure di cui hanno bisogno nel tempo in cui dei diritti dei bambini infelici, a volte, sembra non importare nulla a nessuno.

(Luigi Cancrini, L’Unità 21 novembre)

DUE BRUTTE NOTIZIE

  • La prima brutta notizia viene dalla chiesa anglicana sulla possibilità delle donne di essere elette al ministero episcopale. La componente dei "laici" non ha raggiunto i 2/3 e quindi ha bocciato il parere positivo dei vescovi e dei sacerdoti. Erano d'accordo sulle donne-vescovi quasi tutti i vescovi e i sacerdoti del Sinodo Generale della chiesa anglicana. I laici a volte sono più clericali del "clero"!
  • La seconda brutta notizia è l'arresto del cappellano del carcere San Vittore per abusi sessuali sui detenuti. Ora il sacerdote è detenuto nel carcere di Bollate in attesa di processo.

IL NUOVO POTERE DELLE MINORANZE

Per secoli sono stati i leader dell'Occidente. Ma adesso i maschi bianchi devono cedere il passo e i posti che contano a donne, etnie diverse e discendenti di migranti. Nella società, nei governi e persino al fronte. Nella Vecchia Europa il paradigma di questo fenomeno è il "Frauen Power" della Germania. Mentre negli Usa il sorpasso è affidato a neri e "latinos".

(Repubblica 20 novembre)


giovedì 29 novembre 2012

L’OMOSESSUALITÀ IN ETÀ AVANZATA

È in corso il primo sondaggio su omosessualità e anzianità, per partecipare occorre compilare un questionario al seguente indirizzo: www.lelleri.it/sondaggio-anziani. L'iniziativa è tesa a far emergere il pensiero degli italiani rispetto a una condizione in cui le discriminazioni per età e per orientamento sessuale si intrecciano. I dati verranno presentati il prossimo mercoledì a Roma, persso la sede Cgil in Corso d'Italia 25, nell'ambito del convegno organizzato dallo Spi Cgil in collaborazione con Equality Italia.

Titolo: "Omosessualità e anzianità, tra invisibilità e nuovi diritti". In Italia ci sono 12 milioni di anziani di questi da 700 mila a 1 milione sono gay o lesbiche.

(L'Unità 21 novembre)

SANITA': SEMPRE PEGGIO PER I POVERI

Si sta distruggendo quella " eccellenza " che, pur con i suoi limiti, era il il sistema sanitario pubblico italiano. Saranno ancora una volta i più deboli e i " meno produttivi" a farne le spese. Mentre, con una legge indecorosa, il governo blinda l'IMU alla chiesa cattolica, si taglia ovunque..... dalla sanità alla scuola, dai servizi alla ricerca. Il governo Monti mantiene i privilegi dell'istituzione cattolica in netto contrasto con un percorso di laicità.
Intanto la crisi colpisce anche i disabili e sono triplicate le imprese che ne rifiutano l'assunzione.

La speranza passione dell’impossibile

Per Ellul, non si devono confondere ciò che si spera e la Speranza. La cosa sperata è quando esiste ancora una via d'uscita. E questo è, per l'essere umano, una trappola: «Fino a quando, in una situazione terribile, immagina che esista una via d'uscita, non fa nulla per cambiare la situazione. E'  per questo motivo che, dopo tanti anni, continuo a cercare di chiudere le false vie d'uscita del falso sperare umano. Ciò viene preso per pessimismo. Vivere con ciò che si spera, significa lasciare che le cose peggiorino fino a quando diventano effettivamente senza uscita». ( ... ) La Speranza è altro: «è la passione dell'impossibile. Essa non ha senso, luogo, ragion d'essere se non là dove nulla è effettivamente più possibile ed essa fa appello non all'ultima risorsa dell'umano, o a qualche seconda possibilità, ma alla decisione estrinseca, che può trasformare ogni cosa ... ». Per l'azione umana, la Speranza consiste nel far intervenire un fattore radicalmente differente, fondamentalmente contraddittorio... La Speranza è, dunque, una provocazione, provocazione del cristiano alla Speranza, convocazione di un'altra dìmensione dell'essere umano per provocare Dio: «Quando Dio tace, bisogna forzarlo a tornare, quando Dio sembra morto, bisogna forzarlo ad essere.( ... ) La Speranza non è tiepida fiducia, né timido rinvio al futuro, né sterile cosa sperata: essa è effettivamente la risposta completa, piena, vigorosa di un essere umano completo e solido, in presenza del rifiuto di Dio, del suo silenzio e del suo volgersi altrove».

Lavignotte, S. Jacques Ellul. L'espérance d'abord, Ed. Olivétan 2012, pp. 76 e 77 (trad. E. R.)

Himalaya, ghiacciai a rischio scioglimento

Molti ghiacciai sulla catena dell'Himalaya si scioglieranno anche se le temperature si manterranno stabili. Lo stabilisce un nuovo studio della Brigham Young University coordinato dal geologo Summer Rupper effettuato in Bhutan, una regione attraversata dai monsoni. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters e ha stabilito che anche se il clima attuale dovesse stabilizzarsi, circa il 10% dei ghiacciai dei Buthan si scioglierà ugualmente entro pochi decenni.
(L'Unità 20 novembre)
(L'Unità 23 novembre)

mercoledì 28 novembre 2012

PER IMPARARE A LEGGERE LA BIBBIA

 

Lidia Maggi e Angelo Reginato, Dire, fare, baciare. Il lettore e la Bibbia, Claudiana, Torino 2012, pp. 132, € 9,50.

Devo confessare che quando vedo in copertina di un libro il nome di Lidia Maggi, metto mano al portafoglio e lo compro. Non mi sono mai pentito di averne comprato uno. Poi … devo azionare il freno a mano per leggerlo con calma, a piccoli sorsi, con ampi respiri, asciugando le lacrime che mi rigano il volto.

Alla mia bella età ho tratto da queste pagine tanti preziosi insegnamenti. Mi succede che, con il trascorrere degli anni, la Bibbia si trasferisce nel cuore. Mi sembra che ogni parola vada diritto alla nostra vita quotidiana, come se la leggessi per la millesima volta e, insieme, per la prima volta. Tutto è antico e tutto è nuovo …

Il libro è organizzato a tappe e qua e là è come disseminato di “perle” sapienziali di cui far tesoro per ritrovare il gusto di leggere, di meravigliarsi, di “custodire la Parola”. “L’ascolto passa per il travaglio del custodire (che in ebraico si dice, appunto, shamor)”. L’immagine della gravidanza non è una forzatura retorica. Rabbi Jehudà Zvi diceva: “Se avviene che ad un essere umano si schiuda un nuovo modo nel servizio di Dio, esso resti celato in lui, senza venire manifestato, per nove mesi, come in una gravidanza; soltanto dopo, come in una nascita, egli lo dica agli altri” … Tra l’ascolto e la prassi c’è l’atto di custodia che precede e fonda quel fare di cui è portatore il dire … L’anticorpo richiesto per andare oltre la malattia della lettura veloce e superficiale consiste nel leggere e rileggere in modo tale che giungiamo a interiorizzare la parola … Un “custodire nel cuore” (Deut. 6,6) …, trattenendola presso di sé, in modo tale che essa possa scendere nell’intimo, mettere radici e fare frutti …” (pag. 64).

Non aggiungo altro: tu credi che la lettura biblica ti offra l’opportunità, la “grazia” di camminare ogni giorno al cospetto del Dio vivente? Mettici tutto il tuo cuore e troverai il tesoro.

                                               Franco Barbero


PER GUSTARE L’AMORE DEL DIO VIVENTE

 

Elizabeth Johnson, Alla ricerca del Dio vivente, Fazi, Roma 2012, pp. 320, € 16.

Come abbiano fatto i vescovi USA a condannare un libro come questo mi resta incomprensibile. Chi legge queste pagine, piene di fede e di afflato, è dolcemente aiutato a riscoprire il creato nella sua relazione con il "Dio vivente". E' impossibile fermarsi al primo capitolo tanto il "discorso" si fa coinvolgente. La rassegna delle varie teologie è addirittura troppo riassuntiva per chi negli ultimi 30 anni abbia seguito il fiorire del pluralismo religioso. Si tratta di "cancelli diversi che si aprono su un unico giardino. Nel loro insieme, questi cancelli ci permettono di intravedere il Dio vivente, che è a un tempo ineffabile, vulnerabile, liberatore, relazionale, amante della giustizia, meraviglioso, generoso, protettivo, dinamico e avventuroso, a un tempo creativo, redentivo e accogliente: in una parola Amore" (pag. 282). La teologa esplora i vari linguaggi e dedica pagine, che condivido pienamente, alla simbolica trinitaria. Se si leggesse in modo dogmatico la Trinità, "se si prendesse questa benedizione alla lettera, la sua struttura triedica potrebbe far pensare che la fede cristiana si discosti dal monoteismo. Si tratterebbe di una impressione errata. I cristiani non credono in tre Dei, ma in uno solo …" (pag. 251). Il linguaggio trinitario non è "una definizione o una descrizione, quanto una interpretazione di Dio alla luce della buona novella della salvezza." (pag.251). "Prerogativa di questa fede è il credere che Dio, nella sua unicità, abbia teso la mano al mondo nella persona di Gesù nella potenza dello spirito …" (pag. 251). Nulla che non avessimo letto nei libri di Rahner, Schillebeeckx e Kung già 40 anni fa. Eppure queste pagine fanno respirare un clima di rinascita, di profondo rinnovamento.

Franco Barbero

TORINO: VENERDI’ 14 DICEMBRE

Sto preparandomi con studio e passione alla lettura della lettera di Paolo a Filomene, uno scritto delizioso, che presenterò a Torino venerdì 14 dicembre alle ore 18 in Via Principe Tommaso 4. Dedicheremo l'intera serata a questa piccola lettera autentica dell'apostolo Paolo.
L'incontro è aperto a chiunque voglia aggiungersi.
Quest'anno il gruppo biblico di Torino ha il cuore caldo e le letture scelte sono state individuate in quelle "piccole lettere" che non si leggono mai per intero.
Una bella scoperta…
Franco Barbero

Aprire delle brecce

Di fronte all'angoscia nel vedere il mondo diventare sempre più chiuso, il dovere del cristiano è di aprire delle brecce, di creare la contraddizione nelle logiche troppo autonome, di mantenere aperto il mondo. (…)
«Non è una fatalità della storia che fa fallire tutte le rivoluzioni moderne, è il rinnegamento della Speranza di Dio stesso da parte dei cristiani in esse coinvolti. … Ma perché vada in altri modi, è necessario che i cristiani vivano la speranza bruciante, farouche, eccessiva, debordante, che mette in discussione, tutt'altro che timida e pronta ritirarsi in punta di piedi… ».
Lavignotte, S. Jacques Ellul. L'espérance d'abord, Ed. Olivétan 2012, pp. 87 e 97 (trad. E. R.)

LA “PAPESSA” DI CANTERBURY

Vent'anni fa la Chiesa Anglicana approvò l'ordinazione a sacerdote delle donne. Oggi ce ne sono più di mille, che dicono messa, amministrano sacramenti e governano parrocchie. Molte sono sposate e hanno figli, così come del resto i loro colleghi sacerdoti di sesso maschile. Questa settimana la chiesa d'Inghilterra potrebbe approvare un passo storicamente ancora più importante: l'ordinazione delle donne a vescovo. Il Sinodo generale si riunisce per tre giorni. Le previsioni sono di un "sì" di misura. Vi sono resistenze da parte dei tradizionalisti. In caso di approvazione ci sarà una fuga ulteriore di sacerdoti e fedeli tra le braccia della chiesa cattolica. Ma gli anglicani sembrano determinati ad andare avanti, nel riconoscimento della parità dei sessi e di un mondo cambiato. Hanno rischiato di spaccarsi sulla questione dei matrimoni gay, che per ora non è passata (ma il premier Cameron vuole approvarli con rito civile). Se diranno si all'episcopato femminile, un giorno futuro potrebbero avere un arcivescovo di Canterbury donna: la prima "papessa". E pensare che è nato tutto da un re che voleva cambiar moglie.
Enrico Franceschini
(Repubblica 20 novembre)

martedì 27 novembre 2012

ALCUNI APPUNTAMENTI CON FRANCO BARBERO


Venerdì 30 novembre dalle ore 18 alle 19,30 a Torino in Via Principe Tommaso 4 introdurrò al pensiero e all'esperienza di Michele Serveto

Domenica 2 dicembre - Rivalta: si svolge una giornata comunitaria del gruppo biblico giovanile. Per informazioni 333/2572941.

Sabato 8 dicembre - Melle: incontro su “La spiritualità del quotidiano” nella casa parrocchiale.

Domenica 9 dicembre - Alessandria: nel pomeriggio celebrazione del matrimonio di Serena e Federica alle ore 16.

Mercoledì 12 dicembre - Roma: svolgo una introduzione al tema “La paura e la fede” su invito del gruppo Nuova Proposta.

Venerdì 14 dicembre - Torino: alle ore 18 in via Principe Tommaso, 4 ci incontriamo per leggere insieme la “lettera a Filemone”.

Sabato 15 dicembre - Torino: alle ore 17 incontro presso il Circolo Maurice che introduco su “Esiste un cristianesimo da scoprire oltre la vulgata ufficiale”.

Domenica 16 dicembre - Saluzzo: partecipo all’incontro della locale comunità cristiana di base e celebriamo insieme l’eucarestia alle ore 17.

Mercoledì 19 dicembre - Pinerolo: predico alle celebrazioni penitenziali delle ore 15 e delle ore 21 nella parrocchia di San Lazzaro.
Sabato 22 dicembre - Rivalta
: alle ore 18 celebrazione del Natale con il Gruppo Primavera di Rivalta. Per informazioni 347/5561882.

Domenica 30 dicembre: Torino: ci incontriamo per riflettere insieme su “Violenza contro le donne: la responsabilità delle chiese”. L’incontro inizia alle ore 10,30 in via Principe Tommaso, 4 con l’eucarestia; seguono pranzo autogestito e riflessione comunitaria.

ATTACCO FINALE A PADRE BOURGEOIS, TEOLOGO CONCILIARE

Padre Roy Bourgeois è stato ridotto allo stato laicale dall’ex-S.Ufficio

 

36944. NEW YORK-ADISTA. Scomunica, espulsione dalla propria congregazione religiosa e dimissione dallo stato clericale: il massimo della “pena”, dopo quattro anni di braccio di ferro, per p. Roy Bourgeois, religioso dei missionari di Maryknoll, noto per la sua attività pacifista e per il suo impegno contro la famigerata Scuola delle Americhe (terra di coltura delle milizie paramilitari latinoamericane), colpevole di aver appoggiato l’ordinazione sacerdotale femminile (v. Adista nn. 86/08; 66/10; 28, 32, 69, 78, 80/11). Nel 2008, infatti, p. Bourgeois, 74 anni, concelebrò nel Kentucky la funzione in cui venne ordinata una donna, Janice Sevre-Duszynska, ricevendo una scomunica immediata latae sententiae. Non ha mai ritrattato il suo sostegno alla causa delle donne prete, facendone una questione di giustizia e di parità.

Secondo quanto si legge nel laconico e freddo comunicato emesso il 19 novembre dai superiori di Bourgeois, il provvedimento  – di cui nemmeno il difensore del religioso, il canonista domenicano p. Tom Doyle, era al corrente – è stato firmato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede ad ottobre. Lo scorso giugno, durante un incontro tra Doyle, Bourgeois e il superiore generale p. Edward Dougherty, la questione dell’espulsione non era neppure stata sfiorata: «Si pensava che le cose sarebbero continuate così, che non avrebbero espulso Roy e che il dialogo sarebbe proseguito», ha detto Doyle, secondo quanto riporta il National Catholic Reporter (19/11). «E invece è appena successo questo, uniltateralmente. Bourgeois non ne aveva idea».

Il comunicato ha un tono piuttosto freddo e parla di «disobbedienza e predicazione contraria  all’insegnamento della Chiesa cattolica sull’ordinazione femminile». «Con questa divisione – si legge – la Società di Maryknoll ringrazia calorosamente Roy Bourgeois per il suo servizio alla missione e tutti i membri gli augurano il meglio per la sua vita personale. In uno spirito di equità e carità – conclude – Maryknoll assisterà il sig. Bourgeois [sic] in questo passaggio».

 Dopo un primo “no comment”, p. Roy ha diffuso una propria dichiarazione. «Sono prete cattolico nella comunità di Maryknoll da 40 anni», afferma. «Vi sono entrato da giovane per il suo lavoro per la giustizia e l’uguaglianza nel mondo. Essere espulso da Maryknoll e dal sacerdozio perché ritengo che anche le donne siano chiamate ad essere preti è molto difficile e doloroso». Il Vaticano e Maryknoll, continua Bourgeois, «possono espellere me, ma non possono espellere il tema dell’uguaglianza di genere nella chiesa. La richiesta di uguaglianza di genere affonda le sue radici nella giustizia e nella dignità e non scomparirà». L’esclusione delle donne dal sacerdozio, ribadisce ancora una volta, «è una grave ingiustizia contro le donne, contro la nostra Chiesa e il nostro Dio d’amore che chiama sia uomini che donne ad essere preti». Di qui l’esigenza di parlare, perché «dove c’è un’ingiustizia, il silenzio è la voce della complicità». «Ad un incontro con la mia congregazione – aveva detto in un’intervista rilasciataci nel 2011 (v. Adista n. 80/11) ho detto ai miei confratelli: “C’è un grande dibattito nella Chiesa, il sensus fidelium va nella direzione dell’appoggio al sacerdozio femminile; le donne sono chiamate da Dio come voi”. Ma il superiore mi ha risposto: “Non capisci, Roy, papa Giovanni Paolo II ha detto che non vi sarà discussione ulteriore su questo tema”. “Ma i cattolici ormai sono adulti – ho ribattuto – e come adulti si sentono offesi. Il dibattito ci sarà, con o senza di voi. Anche se voi deciderete di non partecipare, la discussione andrà avanti lo stesso”».

Un percorso faticoso

La vicenda di Bourgeois è complessa. Era il marzo del 2011, quando la congregazione dei missionari di Maryknoll aveva rivolto un primo ultimatum al religioso: entro 15 giorni avrebbe dovuto ritrattare il proprio sostegno alla causa del sacerdozio femminile pena l’espulsione dalla comunità (Bourgeois aveva già ricevuto, come detto, la scomunica automatica prevista per questi atti). Il provvedimento dell’espulsione, tuttavia, si è fatto attendere: il 7 marzo 2012 la punizione è stata decisa con votazione all’interno del consiglio generale della congregazione, formato dal superiore generale, tre assistenti e un’altra persona, necessaria per raggiungere il numero minimo di cinque voti. L’esito della votazione era però stato piuttosto ambiguo: due voti a favore dell’espulsione e tre astenuti. 

Doyle e Bourgeois si erano lamentati già all’epoca della mancanza di comunicazione: la votazione era avvenuta già qualche mese prima, senza che nulla fosse stato notificato: un modo di procedere che indicava che «manca qualcosa nell’applicazione del diritto canonico», aveva fatto presente Doyle in una lettera al superiore generale, rimasta senza riscontro. «Hanno votato per espellere Bourgeois e lo hanno fatto sapere al Vaticano. Roy non aveva idea di ciò che stava accadendo e nemmeno io, che sono il suo avvocato». Da parte sua, Bourgeois ne faceva una questione di trasparenza: qualsiasi religioso di Maryknoll che si trovi in una situazione del genere, aveva detto, «deve avere il diritto di sapere cosa viene riferito in Vaticano».

La solidarietà

Numerose le attestazioni di solidarietà, tra le quali quella della Women Ordination Conference (Woc). «Forse non sarà più un prete agli occhi del Vaticano o della comunità di Maryknoll – scrive la presidente Erin Saiz Hanna – ma p. Roy resterà un profeta agli occhi degli emarginati. P. Roy si unisce a una Chiesa più ampia, la Chiesa del popolo di Dio, che comprende che uomini e donne sono uguali per Dio. La storia è dalla nostra parte e un giorno, quando lo canonizzeranno, il Vaticano chiederà perdono per questo errore doloroso». Solidariteà anche da parte dell’ex superiore di Maryknoll, p. John Sivalon, che ha parlato del «profondo amore per la Chiesa» di p. Roy e ha definito l’espulsione da parte del Vaticano un’interferenza negli affari della congregazione religiosa, che «ne ha intaccato l’integrità».

 

Il cammino che lo ha portato al sostegno della causa dell’uguaglianza di genere nella Chiesa è raccontato nel libro  My Journey form Silence to Solidarity (scaricabile dal sito http://www.roybourgeoisjourney.org/. (ludovica eugenio)

VESCOVI DI COMUNIONE E LIBERAZIONE

I vescovi di Comunione e Liberazione sono ormai 7 in Italia, ma nel mondo sono ormai una schiera. Ecco l'elenco degli italiani: mon. Negri, vescovo di San Marino, il card. Angelo Scola, mons. Filippo Santoro, di Taranto, mons. Giancarlo Vecerrica, di Fabriano-Matelica, mons. Vincenzo Orofino, di Tricarico, mons. Michele Pennini, di Piazza Armerina, e il neonominato vescovo di Reggio Emilia Massimo Camisacci (v. Adista Notizie n. 36/12), che è anche stato nominato da Benedetto XVI delegato al Sinodo dei vescovi, appena terminato.

Preghiera

O Dio, la cui parola è sterile quando i potenti non sono tirati giù dai loro troni, gli umili restano umiliati, gli affamati non sono riempiti, e i ricchi stanno al loro posto; metti a effetto la tua parola, e comincia da noi. Spalanca i nostri cuori e stura le nostre orecchie perché udiamo le voci dei poveri e ne condividiamo la lotta: mandaci via a mani vuote, bramosi di veder realizzata la tua promessa, in Gesù Cristo nostro unico Signore, Amen

(da Tell Out My Sou, per la Canadian Foodgrains Bank, partenariato di 15 chiese canadesi per mettere fine alla fame globale)

Riflessioni dell’economista Latouche

Insomma, lo sviluppo e la crescita non sono né durevoli né sostenibili perché si fondano sulla logica dell'illimitato. La crescita genera una decrescita forzata, cioè lo svuotamento delle risorse naturali non rinnovabili, così come la riduzione dello spazio disponibile. La crescita della popolazione, desiderabile o meno che sia, provoca automaticamente una riduzione del capitale o patrimonio naturale pro capite, che le contabilità nazionali non registrano in quanto si limitano a prendere in considerazione dei prodotti lordi, trascurando bellamente l'ammortamento. Per questo i risultati economici riportati dalle statistiche devono essere seriamente rivisti al ribasso. Negare l'evidenza dei limiti fisici, dimenticare i suoli, il clima, la funzione insostituibile delle api e più in generale della biodiversità: è quello che fanno gli economisti. (...)
In effetti, osserva Castoriadis, «Tutto quello che avviene nella società non avviene per costrizione: le persone vogliono questo modo di consumo, questo tipo di vita, vogliono passare tante ore al giorno davanti alla televisione e giocare con il computer di casa. C'è qualcosa di diverso da una semplice "manipolazione" da parte del sistema e delle industrie che ci guadagnano. C'è un enorme movimento - uno scivolamento - in cui tutto si tiene: le persone si spoliticizzano, si privatizzano, si rifugiano nella loro piccola sfera "privata", e il sistema fornisce loro i mezzi per farlo. E quello che le persone trovano in questa sfera "privata" le allontana ancora di più dalla responsabilità e dalla partecipazione politica». ( ... )
L'etica della decrescita unisce disciplina personale e impegno nel mondo. Il ritiro dal mondo e la sola ricerca della perfezione individuale sono una forma di rifiuto dell'essere, come lo è l'impegno nel mondo senza la preoccupazione per la propria felicità. La militanza fine a se stessa è l'immagine speculare della guerra economica. Entrambe sono un rifiuto dell'essere. In nome del progresso, distruggono la bellezza del mondo per inseguire la loro chimera. La fuga nel futuro, che sia l'avvenire radioso dell'utopia comunista o la redenzione in una trans-umanità, è una negazione del presente e della condizione umana. La decrescita o sarà gioiosa o non sarà.

Serge Latouche, Come si esce dalla società dei consumi. Corsi e percorsi della decrescita, Bollati Boringhieri 2011, pp. 60; 144; 185.
"Sogno il ritorno della Balena bianca se non si può almeno un balenottero"
Gerardo Bianco
ex segretario Ppi
(L'Unità 21 novembre)

lunedì 26 novembre 2012

PREGHIERA: COSA VIENE DOPO LA PAURA

 Ah, che cosa siamo?

Alla fine c’è solo paura.

E come ci rende?

Sbattute contro goccie, contro pareti

i tuoi occhi ci trovano?

Solo tue, buon Dio, tue soltanto.

Guida la mia mano

quando getto un pugno di parole

subito tradendoti

aspettami. Sulla spiaggia

sulla banchina

non mi prenderanno

io fuggirò.

(Maša delle Pussy Riot)

PUSSY RIOT

Dobbiamo scorgere il disegno superiore nei piccoli gesti, la tendenza precisa in un insieme di segni che sembrano casuali, l’orientamento generale in fenomeni specifici. Le femministe della seconda ondata sostenevano che «il privato è politico». È vero. Il caso delle Pussy Riot dimostra come tre persone accusate di disturbo della quiete pubblica possano dare vita a un movimento politico.

Questo particolare caso di oppressione e persecuzione ai danni di chi ha osato prendere posizione contro un paese autoritario ha mobilitato il mondo intero: attivisti, punk, pop star, funzionari governativi, attori, ecologisti, femministe, teologi islamici e cristiani. Tutti pregano per le Pussy Riot. I problemi privati sono diventati una vera e propria questione politica. Il processo alle Pussy Riot sta riunendo forze diverse e opposte. È difficile credere che non sia solo un sogno.

Qualcosa di incredibile sta accadendo nella politica russa moderna: una pressione esigente, incalzante, potente e costante della società sulle autorità del governo. Sono grata a tutti quelli che gridano: «Pussy Riot libere!». Stiamo scrivendo la storia, un fondamentale evento politico, e il sistema messo in piedi da Putin sarà sempre meno capace di controllarci. Qualunque sia il verdetto, abbiamo già vinto perché abbiamo imparato ad arrabbiarci e a farci ascoltare politicamente. Tutti i membri del collettivo Pussy Riot sono entusiasti della nostra capacità di incitare all’azione i concittadini; siamo felici che la nostra passione politica sia riuscita a unire persone di lingue, culture, stili di vita e status politici ed economici differenti. Kant avrebbe detto che il solo motivo per cui avviene questo miracolo è il fondamento morale della condizione umana. Grazie del miracolo.

(16 agosto 2012, Nadežda Tolokonnikova)

(L’Unità 21 novembre)

STUDIO: UN PILOTA SU TRE S’È ADDORMENTATO IN VOLO

 

 I turni di lavoro troppo lunghi mettono a rischio la sicurezza dei viaggiatori europei. È quanto emerge da uno studio pubblicato dal tedesco Bild am Sonntag ed effettuata dalla European Cockpit association (Eca) che ha interrogato seimila piloti europei. Un pilota su tre confessa di essersi addormentato quando era ai comandi, nove su dieci dichiarano di aver volato anche quando erano troppo stanchi per farlo, aumentando così in modo esponenziale il rischio di errori. I piloti europei lamentano orari di lavoro troppo lunghi e criticano le nuove regole che sta mettendo a punto l'Ente europeo di vigilanza sulla sicurezza aerea che prevedono un massimo di undici ore.

(L'Unità 19-11)

PREGHIERA

Spirito di Chiarezza e di Mistero,
Tu che hai il Tuo Regno nelle gocce di Semplicità
e che danzi tra le architetture complesse dell'animo umano,
Spirito cristallino e profetico,
Spirito degli erranti e di chi riposa,
conducici nelle stanze
variegate dell'esistenza,
senza paura:
regalaci lo stupore nelle contraddizioni feconde,
fa' di noi non soldatini irreggimentati ma funamboli innamorati.
IVANA R.
(L'Unità 21 novembre)

domenica 25 novembre 2012

TORINO, L’OSPEDALE VALDESE RISCHIA DI CHIUDERE

 

San Salvario è un quartiere vivo, multiculturale e multireligioso, ma soprattutto c'è "il famoso Ospedale evangelico valdese di Torino" – mi disse un amico appena trasferitosi da Milano: "un servizio essenziale per la cittadinanza". Oggi l'ospedale "valdese" per denominazione e tradizione, ma aperto a tutta la cittadinanza, rischia la chiusura o "la riconversione della sua struttura ad altre finalità", e gli abitanti della zona sono davvero preoccupati.

A pagare le spese dei tagli previsti dalla Regione Piemonte non sarà solo il nosocomio di Torino, sono infatti previsti drastici ridimensionamenti per i due presidi ospedalieri di Torre Pellice e Pomaretto (To). Il moderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini, dopo aver fatto tutto il possibile per salvare la struttura ospedaliera del capoluogo piemontese, non ottenendo risposte adeguate in merito, ha deciso di rivolgere, tramite lettera, il suo accorato appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: "Solo dopo aver tentato senza successo altre interlocuzioni e interrogazioni, ci rivolgiamo a Lei, Signor Presidente, perché riteniamo le situazioni prospettate ingiuste sotto il profilo sociale e inammissibile sotto quello normativo".

La chiusura o la riconversione dei tre Ospedali valdesi del Piemonte tradiscono – rileva Bernardini – lo spirito e la lettera della legge regionale del 2004, in cui si afferma: "Considerato l'alto valore sociale dell'attività svolta [la Regione] garantisce il mantenimento dei livelli di prestazione erogati dai presidi ospedalieri della Commissione Istituti Ospitalieri Valdesi, e ne promuove, mediante la loro acquisizione, l'integrazione nel sistema delle aziende sanitarie regionali".  L'ospedale di Torino fu edificato nel 1871 a pochi isolati dal Tempio Valdese e dalla Sinagoga ebraica. Nel 1969 ottenne la classificazione di ospedale generale di zona e, pur mantenendo la sua autonomia giuridica fu inserito nella pianificazione ospedaliera territoriale. Nel 1998 la proprietà passo alla Commissione degli istituti Ospitalieri Valdesi insieme agli altri due istituti. Nel 2004 l'ospedale di Torino venne infine ceduto alla Regione Piemonte.

"E' nostra ferma convinzione – prosegue Bernardini rivolgendosi al Presidente Napolitano – che il ridimensionamento drastico dei presidi ospedalieri di Torre Pellice e Pomaretto e la chiusura o la riconversione dell'Ospedale valdese di Torino tradiscano lo spirito e la lettera di una legge, rompendo così un patto che le istituzioni regionali avevano contratto tanto con la Tavola valdese che con i cittadini, ai quali questi Ospedali rendono un apprezzato servizio". Pur nella consapevolezza delle urgenze poste dalla crisi economica in atto, prosegue la missiva: "come credenti e come cittadini non possiamo sottrarci alla nostra vocazione a operare per la giustizia e a metterci al servizio di chi soffre ed ha bisogno di cure e sostegno".

 

La lettera infine esorta il Presidente Napolitano: "Compia gli atti che sono in suo potere affinché le istituzioni regionali mantengano l'impegno preso con una legge e i tre Ospedali valdesi possano così continuare a rendere il loro servizio". La legge infatti riconosceva a questi tre istituti un carattere particolare sia per la loro storia e identità – espressione di oltre 150 anni di impegno socio-sanitario della Chiesa Valdese – sia per la cultura sanitaria che vi si è espressa, sempre attenta alla professionalità medica ma anche alla dignità della persona umana. Per questo motivo gli ospedali, malgrado la cessione alla Regione Piemonte hanno continuato a mantenere la denominazione "valdese". I residenti di San Salvario si stanno mobilitando. Significativa la serrata attuata dai negozianti il 30 ottobre scorso.

(L'Unità 19 novembre, Gian Mario Gillio)

LE DONNE DIRIGENTI IN EUROPA

Lettonia: 44,6%

Ungheria: 39,6%

Francia: 37,4%

Regno Unito: 34,9%

Svezia: 32%

Germania: 29,3%

Spagna: 21%

Austria: 15,9%

Grecia: 14,9%

Italia: 11,9%

(Repubblica 19-11)

ANCORA SUL CONCILIO

Caro dottor Augias, lei è già intervenuto con buoni argomenti sul tema dell'Imu perle attività commerciali della Chiesa. Non c'è nulla da aggiungere sul problema visto da uno Stato laico che non dovrebbe privilegiare una parte e ancor meno inginocchiarsi a chicchessia. Vorrei invece evidenziare l'aspetto visto dalla Chiesa; in particolare, considerato che sono un parroco, di una Chiesa non affarista ma "serva", che sulle orme del suo Maestro porta dentro di sé il Dna del donarsi e di "dare tutta se stessa perché altri abbiano la vita". Nella "Gaudium et Spes" i vescovi conciliari, ormai in via di estinzione, dichiaravano: «La Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offertile dall'autorità civile. Anzi essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove esigenze esigessero altre disposizioni». In quel grande documento la Chiesa si dichiarava disposta a rinunciare ai privilegi e addirittura ai "diritti legittimamente acquisiti"! Mi chiedo, con cruccio e amarezza, dove sia andata a finire quella Chiesa, che sotto la mannaia della restaurazione postconciliare, ha smesso di essere "coscienza critica" dello Stato, come sognava Luther King, nella volgare pretesa di farla da padrona.
Don Aldo Antonelli - Parroco di Antrosano (AQ) ednran@teletu.it

Credo che don Antonelli, parroco in Abruzzo, metta con questa lettera il dito nella piaga e ce ne mostri estensione e gravità. Quando si parla di Imu non si tratta solo di mettersi a contare i metri quadrati, il numero dei letti, la retta che pagano gli alunni, il costo dei ricoveri, quelli sono compiti -importantissimi, sia chiaro - che spettano a chi deve quantificare, calcolare il dovuto, esigerlo dagli enti che appartengono alla Chiesa come da qualunque altro. Incombenze diverse spetterebbero ad un uomo di religione, ad un "memor Domini" autentico, non a quelli che si dimenticano il titolo quando salgono a bordo di uno yacht. All'uomo di chiesa competerebbe lo sguardo alto e presago di chi tiene ancora al credo che ha promesso di servire. D'altra parte mi rendo anche conto delle difficoltà enormi di un'istituzione che attraversa una crisi grave, angustiata da un processo di secolarizzazione senza precedenti. Le gerarchie tentano di resistere da una parte contrastando la grande rivoluzione biologica in corso; dall'altra cercando soldi ovunque sia possibile trovarli. Per la Chiesa "serva" che un parroco come don Aldo cerca di difendere in questo momento c'è poco spazio. Lo si potrebbe trovare, forse, ma ci vorrebbe un altro papa come Giovanni XXIII dotato di quella forza tranquilla in grado di travolgere ogni ostacolo aprendo un'epoca nuova. Durata poco.

Corrado Augias
(Repubblica 17 novembre)

Investire sul sapere è la priorità assoluta

Le elezioni si stanno approssimando a grandi passi nella gravissima vacanza di una seria legge elettorale, ma nel «rigoglio» di ben due tornate consecutive di cui una, di recente istituzione, mutuata grosso modo dalla cultura politica della democrazia stelle e strisce, le strombazzatissime primarie. Questa ultima chiamata agli elettori sulla base dello schieramento adesso fa breccia anche nel disastratissimo agglomerato politico della destra berlusconiana e pare, incredibile a dirsi, che facciano sul serio.
I cittadini, quelli che ne hanno voglia e sembrano essere sempre di meno, sceglieranno candidati di parte per poi eleggerli in occasione delle elezioni vere e proprie che almeno formalmente, così è sulla carta, ci daranno il prossimo governo. Ma la domanda che si impone con urgenza è: governo per fare che e soprattutto per chi. Per rispondere a questa domanda vorrei spostare l'ottica e lo sguardo dalla politica alla logica e segnatamente alla logica del buon senso. Un cittadino italiano, lavoratore o imprenditore, libero professionista o artigiano, pensionato o cassintegrato che crede nei valori della Costituzione e non si limita ad elogiarli, ma si impegna a praticarli sotto la propria responsabilità anche come individuo e dunque: paga le tasse, rispetta i diritti del lavoro, non truffa i propri concittadini, ottempera agli impegni sottoscritti con correttezza e a tempo debito, non falsifica i bilanci, non si appropria del danaro pubblico, non corrompe né accetta di farsi corrompere, non esporta capitali illegalmente, non si finge menomato, non tratta con le malavite, non accetta ricatti per opportunismo e via dicendo, difficilmente avrà un governo che lo rappresenti.
Uno di questi cittadini sa già che continuerà a pagare più tasse di quelle che gli spettano perché gli evasori continueranno ad evadere senza subire vere conseguenze, che verrà spremuto in ogni circostanza per compensare la corruzione, gli sprechi, per pagare gli sconci privilegi che non verranno toccati, i traffici delle mafie che prospereranno con poche interferenze di superficie e tutto questo perché nella palude della politica italiana nessuno ha la volontà o la forza per cambiare radicalmente la cultura del Paese.
Lo dimostra la legge «contro» la corruzione vergognosamente omissiva. Il mio non è assolutamente un rigurgito di qualunquismo, al contrario. Sono sempre più persuaso che la questione culturale sia la madre di tutte le questioni. Purtroppo pochissimi politici e sempre i più marginali se ne rendono conto. Il cittadino espresso dalla costituzione e sua autentica espressione sarà di serie b fin quando l'investimento sulla cultura della giustizia e dell'equità non avrà la assoluta priorità di bilancio.

Moni Ovadia
(L'Unità 17 novembre)
(L'Unità 17 novembre)

sabato 24 novembre 2012

“IN NESSUN ALTRO C’E’ SALVEZZA” ?

Il contesto
Nel libro degli Atti degli apostoli troviamo un testo che sembra escludere la stessa possibilità di concepire una via di salvezza fuori dall'orizzonte cristiano. Così come suona, rappresenta un'affermazione netta, categorica, "assolutizzante": "questo Gesù è la pietra che, scartata da voi costruttori, è diventata testata d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (4,11-12).
Pur nella estrema brevità che mi è richiesta da queste note, ricordo che il brano è situato nel contesto drammatico in cui Pietro e Giovanni, dopo la "guarigione" dello storpio, vengono accusati di riempire Gerusalemme del "nome" di Gesù. La predicazione suscita interesse tra la gente e preoccupata indignazione tra i capi e i sacerdoti. Portati in tribunale, Pietro e Giovanni non hanno alcuna intenzione di piegarsi alle imposizioni del potere, ma proseguono nella loro coraggiosa testimonianza: "Giudicate voi stessi che cosa è giusto davanti a Dio: dobbiamo ascoltare voi oppure dobbiamo ubbidire a Dio? (4,19).
Il testo è stato usato ed abusato.
Certo, non dobbiamo pensare di trovarci, leggendo gli Atti degli Apostoli, di fronte ad una cronaca puntuale dei fatti o ad un resoconto preciso del discorso di Pietro. Si tratta di una "ricostruzione" lucana, fatta a distanza di molti anni. Ma questo non esclude affatto che noi siamo ricondotti fedelmente alla sostanza del conflitto che la predicazione cristiana scatenò fin dalle sue origini a Gerusalemme contro i funzionari, i sacerdoti, i sadducei, i capi del popolo. I discorsi degli Atti, in qualche misura, ci fanno gustare il clima e lo scenario delle origini e ci mettono in contatto con la quintessenza e il cuore del messaggio cristiano, così come veniva annunciato agli albori del movimento di Gesù.

Il testo
Il versetto 11, cioè la prima parte di questo breve testo, riprendendo il salmo 118, "formula un inno di lode e di confessione, nel quale ancora una volta viene espresso il significato di Gesù, in contrapposizione al rifiuto" (Klaus Kliesch) da parte dei notabili. Colui che è stato rifiutato dai capi, viene scelto da Dio: ecco la provocazione che il potere non può accettare, la realtà che non vuole vedere. "La tradizione giudaica antica ha letto nel salmo 118 il destino del messia. Nessuna meraviglia che la prima comunità cristiana abbia ripreso questo testo per esprimere la propria fede in Gesù, il messia rifiutato dai capi giudei, ma posto da Dio come pietra di fondamento..." (Rinaldo Fabris). Bisogna capire la concezione culturale e l'ottica in cui, secondo la "mentalità" del tempo, le comunità primitive ricordavano e "nominavano" Gesù. Racconti, discorsi e titoli vari, con cui descrivevano l'opera del profeta di Nazareth, si prefiggevano "tutti di indicare la funzione centrale nella quale Dio ha collocato Gesù, al centro del tempo, a compimento di tutte le promesse fatte prima" (U.Wilckens).
Questa assoluta necessità di passare attraverso la persona, l'opera e il nome di Gesù per "avere la salvezza" è presentata come perentoria volontà di Dio che non ammette eccezione di sorta. Questo è l'unico nome "dato" da Dio agli uomini e alle donne "sotto il cielo" (cioè in tutto il mondo) in cui possano (il testo greco dice "dobbiamo") essere salvi. Il versetto 12, prima citato, rappresenta così come suona, una affermazione che non lascia scampo. In Gesù Dio dona l'unica via di salvezza.
"L'esclusività (e universalità) della mediazione salvifica di Gesù Cristo ... viene motivata ancora una volta negativamente dal fatto che (da Dio) non è "dato" nessun altro nome, nessun'altra persona sotto il cielo come via salvifica. Dio ha vincolato la salvezza al nome di Gesù" (Rudolf Pesch). "Ancora una volta non si fa praticamente distinzione tra nome e persona" (Gerhard Schneider). O si passa attraverso Gesù oppure non c'è accesso alla salvezza: ecco la cultura che imprigiona, come ideologia totalizzante, il nostro testo.

Il pretesto, cioè la cultura da cui proviene
Di fronte alle affermazioni di questo capitolo biblico, chi non compie un serio lavoro di interpretazione conclude che ... tutti devono convertirsi al cristianesimo, farsi cristiani. Qualche altro, lievemente più spudorato, ripete che "fuori della chiesa non c'è salvezza".
Non possiamo negare che tali letture, ancora recentemente, hanno invaso le nostre teologie cristiane, non solo quella cattolica.
Oggi, grazie all'apporto degli studi biblici, questo testo non rappresenta per nulla un ostacolo alla visione universalistica.
Chi ha scritto questo testo era figlio di una cultura in cui si dava per scontato che la verità fosse una, certa, immutabile, normativa: "Se questa è la verità, tutto il resto è menzogna". La verità si poneva in rapporto a precise alternative: chi è nella verità e chi è nell'errore. Una posizione vera eliminava la stessa possibilità di altre "verità". Era pressoché impossibile pensare in termini di compresenza di più strade valide nel cammino verso la verità. "Pertanto, quando i cristiani incontrarono la sconvolgente verità di Gesù dovettero inevitabilmente descriverla come la verità unica e definitiva", dato il loro condizionamento culturale. Del resto, nella vita dei discepoli e delle discepole era avvenuta una profonda esperienza personale e comunitaria: l'uomo Gesù e il suo messaggio avevano risvegliato i loro cuori, avevano trasformato le loro vite, impresso loro nuove direzioni. "Dato il contesto culturale in cui simili esperienze si verificarono, era cosa naturale, anzi necessaria che, tentando di parlare di esse, lo si facesse in termini di definitività e di esclusività. In un certo senso non c'era altro modo, altro linguaggio per parlare di quanto Gesù aveva compiuto nelle vite di alcune persone" (Paul Knitter).
La natura di questo linguaggio esclusivistico "ci parla più della situazione sociale della chiesa primitiva che della natura ontologica di Gesù" (Paul Knitter). Il suo scopo è l'invito "morale", l'esortazione a sentirsi parte della comunità della salvezza più che non la precisa volontà di dirci chi è Gesù. "Tutti gli aggettivi del tipo l'unico e solo" usati per descrivere Gesù non appartengono al linguaggio della filosofia, della scienza o della dogmatica, ma piuttosto al linguaggio della confessione di fede e della testimonianza" (F. Young). "Gli autori del Nuovo Testamento, quando parlano di Gesù, non usano il linguaggio dei filosofi analitici, ma quello dei credenti entusiastici; non il linguaggio degli scienziati, ma quello di chi ama" (P. Knitter). Questo linguaggio "somiglia molto a quello che un marito usa nei confronti di sua moglie (o viceversa): 'Sei la donna più bella del mondo... sei l'unica donna per me'. Tali affermazioni sono certamente vere nella relazione coniugale e specialmente nei momenti di intimità. Ma il marito rimarrebbe interdetto se gli domandassimo di giurare che nel mondo non vi sono assolutamente altre donne belle come sua moglie ... Parlare così significherebbe usare un tipo molto diverso di linguaggio, in un contesto molto differente. Significherebbe trasformare il linguaggio dell'amore in un linguaggio scientifico o filosofico". (P. Knitter).
Come potevano le comunità primitive, mentre si appassionavano alla strada di Gesù, mentre seminavano ai quattro venti e narravano a tutti la loro esperienza usare un linguaggio tecnico e distaccato? La loro predicazione non assomigliava in nulla al linguaggio dogmatico del nuovo catechismo. Non erano ancora contagiati dall'ossessione della ortodossia. La predicazione era una narrazione amorosa, appassionata, certamente enfatica ed apologetica. Gli scritti ne sono la eco.

E noi oggi?
Oggi noi possiamo prendere coscienza di un fatto: per essere vera, una cosa non ha bisogno di essere assoluta. In quanto "modello di verità" (che va ben compreso), 1a verità non sarà più identificata dalla sua capacità di escludere o assorbire altri. Quel che è vero, rivelerà piuttosto se stesso principalmente mediante la sua capacità di porsi in relazione con altre espressioni della verità e di crescere attraverso tali relazioni... Nessuna verità può stare da sola. La verità ha bisogno, per sua stessa natura, di altre verità.
Se non è in grado di porsi in relazione, è il caso di porre in discussione la sua qualità di verità...
La verità, perciò, "prova se stessa" non trionfando su tutta l'altra verità, ma verificando la sua capacità di interagire con altre verità" (P. Knitter).
Non devo assolutamente amare di meno la strada sulla quale Dio mi ha posto se scopro che lo stesso Dio ha donato strade diverse ad altre donne e altri uomini. La loro verità (anch'essa parziale) mi interpella, ma non "rinnega".
Tutto l'amore e l'entusiasmo che hanno caratterizzato le primitive comunità cristiane possono arricchirmi, anche se io non esprimerò questo entusiasmo per l'esperienza che faccio sulla strada di Gesù con linguaggi esclusivistici.
Posso ricevere e condividere il messaggio di amore, di impegno, di identificazione che da loro mi viene, ma lo esprimerò con accenti nuovi, in una cultura che sa rallegrarsi del pluralismo.
Posso benissimo appassionarmi alla mia strada benedicendo e lodando Dio che, avendo un cuore grande ed aperto, vuole dilatare anche i nostri. Così, questo testo biblico che sembrava imprigionare la salvezza di Dio dentro il perimetro dell'esperienza cristiana, diventa l'occasione, se faccio cadere l'ideologia esclusivista che lo sorregge, per diventare attento a non chiudere l'azione di Dio nello stretto spazio del nostro orto, a non confondere il Vangelo con i linguaggi di una cultura.

Franco Barbero
(da Il Giubileo di ogni giorno)

PER GLI INVITI CHE MI VENGONO RIVOLTI

  • Ricevo molti inviti per incontri in Italia e all'estero. Sono grato per l'apprezzamento, ma sono costretto a dire molti no per motivi di forze, età, salute. Sono spiacentissimo, ma debbo valutare e selezionare ogni invito con cura.
  • Sono già prenotato fino al 9 marzo del 2013 con alcuni impegni a giugno 2013. Quindi tranne casi specialissimi, non posso "aumentare il dosaggio" dei viaggi e degli impegni in questi prossimi mesi.
  • Sono lietissimo dei gruppi, dei corsi biblici, degli incontri comunitari che in questi ultimi anni sono diventati più ricchi e più impegnativi. Penso ai continui incontri a Torino e dintorni.
  • Non voglio perdere il ritmo dello studio di almeno due o tre libri la settimana per non battere l'aria e voglio conservare il tempo per la preghiera, per "custodire la Parola", il silenzio, la vita familiare.
  • Soprattutto il mio ministero è fatto di quotidiani incontri e colloqui con le persone, di lettere che mi arrivano sempre più numerose… e quindi… la misura è colma.
don Franco

PASSATEMPI TEOLOGICI

Armin Kreiner, professore di teologia alla Facoltà cattolica di Mnaco di Baviera, è affascinato dalla domanda: "Siamo soli nell'universo?". Per lui questa è una questione rilevante e urgente tanto da aver scritto un libro di ben 280 pagine: "Gesù, gli ufo e gli alieni. L'intelligenza extraterrestre come sfida per la fede cristiana" (Queriniana, Brescia 2012, € 22,50).
Non vedo come l'eventuale esistenza di extraterrestri possa costituire una sfida per la fede cristiana per cui ho fatto fatica ad immedesimarmi in questa ricerca del tutto ipotetica su"la storia degli extraterrestri", "il dibattito sugli UFO, ufologia in prospettiva cristiana", "incarnazione in prospettiva terrestre ed extraterrestre" e così via.
Nel pieno rispetto di ogni ricerca, ho l'impressione che si corra il rischio di incorrere in "divagazioni" che sono vere e prop0rie evasioni dalle sfide molto concrete con le quali oggi siamo chiamati come cristiani/e a fare i conti.
Leggendo il capitolo"Gli extraterrestri hanno una religione?", mi sono ulteriormente convinto che sia importante concentrarsi sui "terrestri". In ogni caso, se prendiamo sul serio la teologia biblica della creazione, non siamo soli perché la creazione è una reale comunione del tutto".
Franco Barbero