mercoledì 31 luglio 2013

LETTERA AL PAPA

Caro Francesco, hai creato empatia, hai aperto delle finestre, ma ora bisogna andare ai nodi. Sulla omosessualità dovrai cancellare tanti documenti pontifici vergognosi: una vera ritrattaziione delle posizioni ufficiali, il riconoscimento della normalità della condizione omosessuale, l'accoglienza fino alla benedizione delle nozze gay.
Quanto alla partecipazione delle donne alla vita della chiesa, hai detto una banalità, anzi una sciocchezza: "Per quanto riguarda l'ordinazione delle donne, la chiesa ha parlato e ha detto no. Giovanni Paolo II si è pronunciato con una formulazione definitiva, quella porta è chiusa".
No, caro Francesco, quella porta è aperta dal Vangelo. Le donne possono essere chiamate alla pienezza del ministero nella nostra chiesa come in tante altre chiese cristiane.
Se ti fermerai a metà strada, avrai tradito le speranze che molti credenti e non-credenti hanno riposto in te.  Possa lo Spirito di Dio "travolgerti" e coinvolgerti in questo difficile ma felice cammino di conversione.
Con tanta speranza e con tanto affetto.
don Franco Barbero

MORATORIA SUI TEMI ETICI?


Il Pdl chiede di rimandare a tempi indefiniti la legislazione sui temi etici, compresa l’omofobia.

Moratoria? Dilazione? Semmai ci vorrebbe una accelerazione. Il Partito Democratico si faccia sentire.



LA CHIUSURA DEGLI OSPEDALI VALDESI


La regione Piemonte, sotto la direzione di Cota, sta compiendo scelte che sono punitive nei confronti dei cittadini delle Valli Chisone, Pellice e Germanasca. L’intenzione di azzerare, cioè chiudere, gli ospedali valdesi di Torre Pellice e di Pomaretto è stata ormai comunicata. Sarebbe un vero e proprio abbandono del territorio che costringerebbe i valligiani a rivolgersi a strutture ospedaliere lontane oppure al settore privato.

La mobilitazione è enorme e vede uniti cattolici e valdesi che da un anno stanno organizzando azioni comuni per esigere un ripensamento della Regione.



GRUPPO GIOVANI ZONALE


Ci siamo trovati lunedì 22 luglio a casa di Francesco e Daniele per la festa di fine anno del gruppo biblico dai “venti anni in su”.

Abbiamo celebrato insieme l’eucarestia ben preparata dal gruppo e poi… un lungo confronto su politica, cultura, stili di vita… Cena e festa fino a tarda sera…

Una esperienza impegnativa, felice, promettente.

L’appuntamento è per mercoledì 18 settembre alle 20,30.

Ad inizio settembre daremo informazioni più precise. Per ogni informazione Francesco 3332572941 e Chiara 3343018999.

                          Franco Barbero



IL PAPA NELLA FAVELA IN FESTA

«Che ci sia movimento. Voglio che la Chiesa esca fuori, sulle strade... che non sia una Chiesa chiusa... chiedo scusa ai vescovi, ma è questo il consiglio migliore che posso dare. Dobbiamo lottare contro ogni esclusione, dei giovani, degli anziani… quasi un'eutanasia silenziosa. No all'espulsione delle due "punte", giovani e anziani... Così non ci sarà futuro per la società. La fede in Cristo non è uno scherzo. E' una cosa molto seria. Lui è venuto a morire tra noi e per noi. Non possiamo fare il frullato della fede. La fede si prende tutta, e non a pezzi. Si prende tutto Gesù, e non una parte di Gesù». Solo la notte conclude una delle giornate più emozionanti di Bergoglio in Brasile. Un milione di giovani si è stretto ad ascoltarlo mentre celebra la messa sulla spiaggia di Copacabana. La illuminano con fiammiferi e accendini sotto il palco. E insieme urlano fino a sgolarsi Francisco!», come per una rock star.

AMO DIO

Amo Dio, il Cristo e la fede cattolica quanto è concesso amarli a un essere miseramente insufficiente come me. Amo i santi attraverso i loro scritti e racconti concernenti la loro vita - eccetto alcuni che mi è impossibile amare pienamente o reputare santi. Amo i sei o sette cattolici di autentica spiritualità che il caso mi ha fatto incontrare nel corso della vita. Amo la liturgia, i canti, l'architettura, i riti e le cerimonie del cattolicesimo. Ma non ho in alcun grado amore per la Chiesa propriamente detta. Se non per il rapporto che intrattiene con tutte quelle cose che amo.
Simone Weil (1909-1943), lettera a padre Joseph-Marie Perrin, 19 gennaio 1942
(L'Unità 25 luglio)

martedì 30 luglio 2013

CARO ROBERTO

Tutti abbiamo apprezzato la tua proposta. Il tema "dolore e piacere" mi sembra importante e addirittura decisivo per una crescita umana e cristiana. Sarebbe bello che tu esplicitassi un po' come hai riflettuto sul tema.
Credo che a livello di fede ogni percorso personale e comunitario significativo debba fare i conti con il piacere e con il dolore.
Basta passare in rassegna la storia umana e la storia biblica e non sorvolare sulla nostra vita quotidiana. Piacere e dolore si fanno spesso compagnia e accompagnano il cammino delle nostre esistenze.
Un caro saluto a te e a Fiorella anche da Fiorentina.

GENTE DI PASSAGGIO


Venerdì 19 luglio  sera, sabato 20 e domenica 21 luglio sono state per me e per le persone che ho incontrato giorni di enormi fatiche, ma anche di intense gioie.

Incontri a piccoli gruppi in cui il dialogo sul nostro cammino di fede si realizza senza veli, con scambi culturali ed anche emotivi profondi.

L’estate può permetterci questi momenti di cui abbiamo bisogno per “sentire” la voce, l’esperienza dell’altro e dell’altra.

                          Franco Barbero



22 LUGLIO: Gruppo Primavera di Rivalta


Ci siamo trovati a Pinerolo alle ore 20,30 in Via Città di Gap 13 “la casa della preghiera e dell’ascolto” (che ho messo in piedi con alcuni amici e amiche per gruppi e colloqui riservati finché ce la faremo a gestire le spese del locale affittato) per una serata di programmazione.

A me è stata chiesta una riflessione biblica introduttiva su “i muri nella Bibbia e nella società”. Roberto ha proposto di avviare in seguito una riflessione su “piacere e sofferenze”. Ambedue le proposte sono state accolte.

Che serata d’estate con una trentina tra genitori di vari gruppi! Davvero trovo sempre mille motivi per ringraziare Dio. Sono state così pregnanti, numerose e preziose le riflessioni che è impossibile qui riassumerle.

                               Franco Barbero



NON ABBIATE PAURA

NON ABBIATE PAURA

p. José Maria CASTILLO

 Il papa Francesco sta parlando e comportandosi in maniera tale che dà motivi di speranza. Ma anche di paura. Speranza e paura che, se si pensano guardando attentamente al Vangelo, subito ci fanno venire in mente lo strano contrasto che comportano le parole di Gesù agli apostoli quando li ha inviati ad annunciare al mondo che è già vicino il “regno di Dio”.

Nelle istruzioni che Gesù ha dato a quegli uomini, c’era un comando ed un’avvertenza. Un comando: “curate i malati, cacciate i demòni” (Mt 10,1). Un’avvertenza: “non abbiate paura” (Mt 10,27. Cioè, dovete andare nella vita alleviando la sofferenza. Ma, attenzione! Perchè questo è molto pericoloso. Come? Rendere la gente più felice rappresenta un pericolo che spaventa? Ebbene, sì. Lo è.

Perchè? Perchè rimediare alla sofferenza, veramente e fino alle sue radici, è lottare contro le cause che hanno prodotto tanta sofferenza. Per questo il papa Francesco alimenta speranza. E per questo allo stesso tempo fa paura.

Quelli che si stanno arricchendo di milioni a costo della sofferenza e della perdita dei diritti fondamentali dei più abbandonati, sono individui ed istituzioni con molto potere e molta cupidigia. E scontrarsi con questa gente è molto pericoloso.

Ma la cosa più grave del problema è che, una volta che ci si è messi per quel cammino che si è intrapreso, questo papato non può fare marcia indietro. Fin dove arriverà? Fino a quando resisterà? E non ha fatto altro che iniziare. Stanno per arrivare ciò che dà speranza e ciò che è più pericoloso.

 

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Articolo apparso il 29 luglio 2013 sul Blog http://blogs.periodistadigital.com/teologia-sin-censura.php  .

Traduzione di Lorenzo TOMMASELLI

 

Quei diritti negati a una bimba di sei anni

Caro direttore, da giorni si stanno analizzando responsabilità e disfunzioni nel "giallo kazako": una mesta, cupa vicenda, grave in quanto lesiva dei diritti delle persone, inaccettabile per un Paese civile.
Come Garante per l'infanzia e l'adolescenza guardo dal punto di vista della bambina, sei anni, espulsa dall'Italia e imbarcata su un aereo privato con la  mamma Alma Shalabayeva. Destinazione il Kazakhstan. Destino: incerto, ad alto tasso di rischio. Cosa le succederà? Come si sono potuti ignorare i diritti e il futuro della piccola Alua? Che ne è della valutazione del suo superiore interesse, prevista dalla legge?
La bambina. Già, la bambina. Nelle dichiarazioni dei politici di questi giorni, nelle mancate assunzioni di responsabilità di troppi, alla luce degli effetti drammatici di questa sommatoria di singole azioni, chi si è sentito indegno del proprio incarico perché non ha difeso, anche, Alua?
E comunque le parole non bastano.
Questo caso infatti è conseguenza non solo di pesanti violazioni, ma pone di nuovo, e in modo cogente, l'urgenza di affrontare alcuni temi sul tappeto, che da mesi, in quanto Garante per l'infanzia e l'adolescenza, sollecito al Governo, al Parlamento e agli organi competenti. In particolare penso alla riforma della giustizia minorile, pressante per molte ragioni, ancora di più alla luce di quanto avvenuto in questa occasione, nella quale, se sono state rispettate le norme, allora vuol dire che queste norme sono da cambiare, urgentemente.
Non solo: occorrerebbe intervenire quanto prima sulle norme che disciplinano le espulsioni degli stranieri con particolare attenzione ai minorenni: l'attenzione mediatica che ha opportunamente garantito che questo caso non rimanesse nell'ombra, è negata a tanti altri bambini e adolescenti. E' urgente definire un quadro normativo che riduca al minimo, se non annulli, le possibili discrezionalità in casi come quello della mamma e della bambina kazaka.
Fatti, norme, non dichiarazioni di scuse.
Oltre alle leggi, necessarie per il vivere comune, mi piacerebbe che si ritrovasse il senso profondo dell'agire umano: il rispetto della dignità altrui. Mai più un caso come quello di Alma è di Alua. Ed ora che sia fatto tutto il possibile per proteggere questa mamma e questa bambina, affinché il rispetto dei loro diritti venga, infine, garantito.
Vincenzo Spadafora
L'autore è presidente dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza.

(Repubblica 22 luglio)

RICORDARE SERVE

Presumo che salterà fuori qualcosa che ci riporterà alla piena occupazione. Ma non posso non ricordare che l'ultima volta che fummo in una situazione così quel qualcosa fu la Seconda guerra mondiale.

Paul Krugman

lunedì 29 luglio 2013

"E CHI SONO IO PER GIUDICARE?"

Alla domanda del giornalista rispetto agli omosessuali, il papa risponde in modo articolato.Domani leggeremo su alcuni gionali le parole precise. Io voglio sottolineare che questo interrogativo denota un atteggiamento umile e costruttivo, mille miglia lontano dalla saccenteria romano-curiale.  "Chi sono io per giudicare?" è davvero una svolta sulla bocca del papa.
Non mi illudo che con questa espressione sia superata l'omofobia cattolico-gerarchica, ma si tratta di un passo che segna una evoluzione ed apre, senza illusioni, ad una speranza concreta. Rilanciamo sempre la speranza nel cambiamento evangelico,come Gesù ci ha insegnato. Le persone "vere" e oneste, sospinte dall'azione di Dio, possono aprire finestre verso novità sostanziali. Ogni piccolo passo va incoraggiato e sostenuto, senza mai venire meno alle nostre personali responsabilità e all'espressione libera del nostro dissenso, suggerito dall'amore per la nostra chiesa.
don Franco Barbero

RICEVO E PUBBLICO CON PIACERE


... un salto a Rio...
ci avvicina a Francesco e anche ...a Dio!

raffaele e maria

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Giornata Mondiale della Gioventù

Nell'omelia Francesco ha richiamato tutti a ''tre semplici atteggiamenti: mantenere la speranza, lasciarsi sorprendere da Dio, e vivere nella gioia" e ha ricordato che i giovani "non hanno bisogno solo di cose", ma "hanno bisogno soprattutto che siano loro proposti quei valori immateriali che sono il cuore spirituale di un popolo, la memoria di un popolo". I giovani, ha aggiunto, " sono un motore potente per la Chiesa e per la società". Bergoglio, ancora una volta, ha invitato i fedeli a non perdere mai la speranza: "Il 'drago', il male, c'è nella nostra storia, ma non è lui il più forte. Il più forte è Dio, e Dio è la nostra speranza". Papa Francesco ha poi esortato a non essere tristi: "Gesù ci ha mostrato che il volto di Dio è quello di un padre che ci ama. Il peccato e la morte sono stati sconfitti. Il cristiano non può essere pessimista! Non ha la faccia di chi sembra trovarsi in un lutto perpetuo. Se siamo davvero innamorati di Cristo e sentiamo quanto ci ama, il nostro cuore si 'infiammerà' di una gioia tale che contagerà quanti vivono vicini a noi".

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UN DOCUMENTO SULLA RIFONDAZIONE DEL BRASILE


Leonardo Boff - teologo-filosofo
Il senso delle manifestazioni non sarebbe forse 

la rifondazione del Brasile?


Il popolo che nel mese di giugno manifestava per le strade che cosa voleva in ultima analisi in forma conscia o inconscia? Per rispondere, mi appoggio a tre citazioni ispiratrici.

La prima è di Darcy Ribeiro nella prefazione al mio libro O caminhar da igraja com os oprimidos (1998): "Noi brasiliani siamo nati da una impresa coloniale che non aveva il proposito di fondare un popolo. Voleva soltanto moltiplicare il lucro impresariale esportabile con abbondante sacrificio di vite umane".

La seconda è di Luigi Gonzagade Souza Lima nella più recente e creativa interpretazione del Brasile: "La rifondazione del Brasile: verso una società biocentrata(São  Carlos 2011): "Quando si arriva alla fine, là dove finiscono i sentieri, è perché è arrivata l'ora di inventare altri sentieri; è ora di un'altra ricerca; è ora che il Brasile si rifondi; la rifondazione è il cammino nuovo e, tra tutti i possibili, è quello che più merita, dato che è proprio dell'essere umano non economizzare sogni e speranze; il Brasile è stato fondato come impresa. È  ora di rifondarlo come società" (risvolto di copertina).

La terza è dello scrittore francese Francois-René de Chateaubriand (1768- 1848): "Nulla è più forte di un'idea quando è arrivato il momento della sua realizzazione".

È mia impressione che le variegate manifestazioni di strada fatte senza sigle, senza striscioni di movimenti e partiti conosciuti e senza il mega apparato sonoro, ma irrompendo spontaneamente, volevano dire: siamo stanchi del  Brasile che c'è e cheabbiamo ereditato: corrotto, con democrazia  bassa intensità, che fa politica ricca per i ricchi e povera per i poveri, un paese in cui le grandi maggioranze non contano e i piccoli gruppi estremamente opulenti controllano il potere sociale e politico; vogliamo un altro Brasile che sia all'altezza della coscienza che abbiamo sviluppato come cittadini e sulla nostra importanzanel mondo, per la biodiversità della nostra natura, per  la creatività della nostra cultura e col nostro maggiore patrimonio, il nostro popolo, variegato, allegro sintetico tollerante e mistico.

Effettivamente fino ad oggi il Brasile è stato e continua ad essere un'appendice della grande partita economica e politica del mondo. Pur politicamente liberi, continuiamo ad essere ricolonizzati, perché le potenze centrali che prima erano colonizzatrici, ci vogliono mantenere al punto a cui sempre ci hanno condannati: a essere una grande impresa neocoloniale che sposta commodities, grani, carne, minerali come lo mostra in dettaglio Luiz Gonzaga de Souza Lima e ha riaffermato Darcy Ribeiro  citato sopra. In questo modo ci impediscono di realizzare i nostri progetti di nazione indipendente aperta al mondo.

Dice con fine sensibilità sociale Souza Lima: "Anche se non fosse mai esistito in realtà, c'è un Brasile nell'immaginario e nel sogno del popolo brasiliano. I Brasile vissuto dentro ciascuno di noi è una produzione culturale. La società ha costruito un Brasile differente da quello reale storico: un certo paese del futuro, sovrano, libero, giusto, forte ma soprattutto allegro e felice" (p. 235).

Caio Prato Junior nella sua A revolução brasileira (Brasiliense 1966) profeticamente ha scritto: "Il Brasile si trova in uno di quei momenti in cui si impongono improvvisamente riforme e trasformazioni capaci di ristrutturare la vita del paese in modo consentaneo con le sue necessità più generali e profonde e le aspirazioni della grande massa della sua popolazione che, allo stato attuale, non sono debitamente ascoltate" (p. 2). Chateaubriand  conferma che quest'idea esposta sopra è maturata e arrivata al momento della sua realizzazione. Non sarebbe sostanzialmenteun il senso  del reclamare di coloro che stavano a migliaia nella strade? Vogliono un altro Brasile.

Sopra quali basi si farà la rifondazione del Brasile? Souza Lima dice che è  su quello che abbiamo di più fecondo e originale, la cultura brasiliana. "È attraverso la nostra cultura che il popolo brasiliano passerà a vedere le sue infinite possibilità storiche. È  come se la cultura, pressata da un poderoso flusso creativo,  si fosse ripresa abbastanza per scappare alle strettoie strutturali di dipendenza,dalla subordinazione e dai timidi limiti della struttura socioeconomica e politica dell'impresa Brasile e dello Stato che essa ha creato soltanto per sé. La cultura brasiliana dunque sfugge alla mediocrità della condizione periferica e si sovrappone  a se stessa con pari dignità in relazione a tutte le culture, presentando al mondo i suoi contenuti e le sue valenze universali" (p. 127).

Non c'è spazio che  esporre in dettaglio questa tesi originale. Rimetto il lettore o lettrice a questo libro che sta in linea con i grandi  interpreti del Brasile a esempio di Gilberto Freyre,  di Sergio Buarque de Hollanda, di Caio Prado Junior, di Celso Furtado,  e di altri.  La maggioranza di questi classici interpreti, hanno guardato indietro e hanno tentato di mostrare come si è costruito il Brasile che abbiamo. Souza Lima guarda in avanti e tenta di mostrare come possiamo rifondare un Brasile nella nuova fase planetaria, ecozoica, verso quello che lui chiama "società biocentrata". Non saranno questi migliaia di manifestanti i protagonisti anticipatori di dell'ancestrale e  popolare sogno brasiliano? Che Dio lo voglia e la storia lo permetta.

Traduzione di Romano Baraglia – romanobaraglia@gmail.com




Carceri, il dramma dei bambini

Si legge sui giornali che il nuovo decreto legge sulle carceri prevede la sospensione della pena per le donne in stato di gravidanza, per le mamme con figli minori di 10 anni e per gli ultrasessantenni.
Da tempo chi si occupa di mamme e bambini in carcere si chiede con inquietudine se saranno molti i bambini di oltre tre anni che seguiranno le madri nella loro pena. Pochi sanno che la stessa legge 62 del 21/4/2011, che non ha ancora avuto piena attuazione, finisce per far crescere in carcere bambini fino a sei anni. Essa recita così: «Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza».
E' evidente che le intenzioni del legislatore sono quelle di far uscire i bambini dal carcere, ma poiché le esigenze cautelari esistono, di fatto obbliga al carcere bambini fino ai sei anni invece che bambini fino a tre anni. La legge 62 istituisce anche gli Icam (istituti a custodia attenuata per madri) proprio per rendere la detenzione meno dura per i bambini, ma gli Icam presenti sul territorio nazionale sono solo due, quello di Milano e quello di Venezia. Quest'ultimo non è ancora funzionante, anche se bello e già arredato. Il rischio che la pratica applicazione di una legge di riforma, nata per far uscire gli innocenti per antonomasia dal carcere, raddoppi il numero dei bambini reclusi è concreto. Il decreto legge appena approvato finirà forse per portare negli Icam bambini fino a dieci anni? Ci auguriamo caldamente che così non sia. Da anni noi dell'associazione «La gabbianella e altri animali» ci occupiamo dei bambini del nido del carcere di Venezia e vediamo come soffrano nell'essere rinchiusi, nell'essere privati nel quotidiano del padre e delle figure maschili, nel vivere accanto a madri spesso depresse, nell'essere privati di una vita «normale».
Non sembra per nulla che il prolungare l'età dei bambini che vivranno accanto alla madre detenuta sia una buona idea e la nascita degli Icam non riuscirà a risolvere il problema inevitabile del punire indirettamente i bambini figli di persone che hanno compiuto dei reati. Il carcere non è un posto per i bambini, ma gli stessi hanno bisogno della madre. E' per questo che le madri devono essere poste agli arresti domiciliari o, se proprio questa soluzione è impossibile, almeno i loro figli devono essere posti nelle condizioni di avere una vita, negli Icam, la più normale possibile, simile a quella degli altri bimbi. Però non oltre i tre anni, perché più i bambini crescono più sembrano soffrire la detenzione che indirettamente subiscono.
Tenere in carcere o anche in un istituto a custodia attenuata bambini fino a sei o fino a dieci anni significa peggiorare lo stato delle cose presenti. Si auspica che gli Icam portino gli attesi miglioramenti, senza aggiungere anni di carcere nella vita dei bimbi.
Carla Forcolin

(L'Unità 29 giugno)

La regina Elisabetta firma la legge sulle nozze gay

In Gran Bretagna è stato definitivamente approvata la legge che introduce il matrimonio gay voluta fortemente dal governo di David Cameron e osteggiata dai settori più conservatori del partito.
Ieri sul provvedimento, già approvato dalla Camera dei Comuni, è stato apposto il «sigillo» della regina Elisabetta II. È stato lo speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, a informare i deputati dell'assenso reale, che rende così legali i matrimoni omosessuali in Inghilterra e Galles. L'approvazione della regina Elisabetta II era ritenuta una formalità e, a partire dalla prossima estate, si celebreranno le prime nozze gay. La legge permette alle coppie omosessuali di sposarsi in Inghilterra e Galles in cerimonie sia religiose sia civili. Le coppie precedentemente unite civilmente potranno inoltre convertire la loro unione in un matrimonio.
(L'Unità 18 luglio)

domenica 28 luglio 2013

LA CONGIURA DEI BUONI

 

I giornalisti della "Padania", Boso e Calderoli, Cicchitto e Gasparri non hanno intenzione di uscire dalla bolla di cui ha parlato Francesco. Non è una sorpresa. Ma i cattolici possono fare altrettanto? "Famiglia cristiana" ha denunciato il silenzio di molti davanti agli attacchi contro il papa. E l'"Eco di Bergamo" le ha fatto eco svelando l'ipocrisia di chi continua a separare radicalmente fede e politica. È infatti palesemente insostenibile che, alla luce delle parole pronunciate dal papa a Lampedusa, sia indifferente se ai figli degli immigrati verrà concessa o meno la cittadinanza, se saranno riformati i Centri di identificazione ed espulsione, se a Lampedusa continueranno a mancare strutture adeguate per accogliere migliaia di disperati... Trai cattolici, l'insistenza sulla "sorpresa" di papa Francesco sta diventando il modo più frequente per non prendere veramente posizione. C'è intanto tra loro chi cerca la via di mezzo, respingendo le critiche a papa Francesco ma senza trarne conseguenze concrete e senza prendere le distanze dai politici che respingono il suo appello. Dopo il viaggio a Lampedusa, però, appaiono decisamente poco credibili i tentativi di mediare tra le scelte del sacerdote e del levita che passano indifferenti e quelle del buon samaritano che soccorre l'uomo mezzo morto ai margini della strada. Sono problemi che investono oggi anche l'episcopato italiano, cui il papa ha rivolto qualche mese fa parole esigenti e rigorose, affidandogli esplicitamente la responsabilità di affrontare i problemi posti dalla politica italiana.

(Agostino Giovagnoli, Repubblica 16 luglio)

 

“TEOLOGIA POSTOCOLONIALE”

 

Il numero 2/2013 di Concilium, rivista internazionale di Teologia (Queriniana, Brescia 2013, €15), merita una lettura meditata perché uscire dalla "colonizzazione teologica, liturgica e pastorale" costituisce un'operazione tutt'altro che conclusa.


Agenor Brighenti, riassumendo l'esperienza del Congresso di teologia continentale celebrato in Brasile dal 6 all'11 ottobre 2012 per iniziativa di Amerindia (rete di cattolici ecumenici di tutto il continente), fa il punto su "la teologia della liberazione che guarda avanti" in una stagione nuova in cui i gruppi, le comunità e i teologi e le teologhe della prima generazione passano la fiaccola ai nuovi protagonisti.
Lo studio, scritto in una prospettiva di grande fiducia, non elude i problemi e le nuove sfide della teologia della liberazione.

(Franco Barbero)

“CAMBIARE L’IMMAGINE FEMMINILE IN TV”

 

«La violenza sulle donne è un problema degli uomini». Alla Camera del Lavoro di Milano Laura Boldrini e Susanna Camusso parlano di femminicidio, l'unica tipologia di omicidio rimasta costante nel tempo, mentre tutte le altre scemano. Niente a che fare, dunque, con la crisi economica, né con qualsiasi altra congiuntura. Il femminicidio, dice la leader della Cgil, «riguarda la relazione uomo-donna». Solo da inizio anno ad oggi sono state ammazzate 60 donne. Una strage, come la definisce Boldrini, sottolineando che il rapporto Eures parla di 2061 femminicidi tra il 2000 e il 2011, su un totale di 7440 omicidi. E di questi 2061, ben 1459 sono maturati in ambito familiare. La presidente della Camera si commuove ricordandone uno in particolare, quello di Fabiana Luzzi bruciata viva a nemmeno 16 anni dal fidanzatino a Corigliano Calabro, dopo aver incontrato la madre della ragazza nei giorni scorsi.

La Cgil promuove due proposte di legge «per la non discriminazione tra i generi» e «per la tutela dell'immagine della donna in ambito pubblicitario e televisivo», e sia Camusso sia la presidente della Camera Boldrini concordano sull'importanza della correlazione tra l'immagine femminile proposta dai mass media e l'ondata di violenza. Boldrini infatti si rallegra della scelta della Rai di non trasmettere Miss Italia, «una scelta moderna e civile – dice – spero che le ragazze italiane per farsi apprezzare possano avere altre possibilità che non quella di sfilare con un numero». L'auspicio è che la tv pubblica «faccia da calamita per tutte le altre tv e network». La figura della donna va rivista anche con l'aiuto dei media, e in questo senso la pubblicità ha un ruolo fondamentale. «Solo il 2% delle donne in televisione esprime un parere, parla ricorda Boldrini Il resto è muto, e spesso svestito». E Boldrini lancia un appello in particolare alla televisione del servizio pubblico «in cui pluralismo – osserva – non può essere solo quello della equilibrata presenza delle forze politiche. C'è una par condicio che viene violata assai più frequentemente, quella tra i generi e la loro rappresentazione».

(L'Unità 16 luglio)

 

 


IL CASO DI ALMA NON È UN CASO ISOLATO

Il caso di Alma Shalabaeva prelevata dalla sua abitazione romana con la figlia minore ad opera di un ingente numero di non meglio individuati agenti, per poi essere frettolosamente espulse nel loro Paese dimostra come in Italia continuano ad esservi sacche di opacità istituzionale che operano al di fuori delle regole democratiche.

(Loris Parpinel)

 

Qualcuno pensa (probabilmente a ragione) che ci siano responsabilità politiche legate all’amicizia fra Berlusconi e il dittatore Kazako Nursultan Nazarbayev dietro all’affaire Shalabayeva. Quasi nessuno dice o pensa, tuttavia, che vi siano state, in questa brutta storia, responsabilità di ordine legale. Perché? Perché le leggi sull’immigrazione approvate nel tempo di Berlusconi e Maroni non tutelano in nessun modo il rifugiato politico cha riva sul nostro territorio. La giovane donna e la bambina di sei anni che non sono riuscite a far valere i loro diritti, appunto, di rifugiati sono diventate un caso perché di mezzo c’era un perseguitato politico “importante”.
Capace di suscitare l’interesse della stampa intorno alle vicende sue e della sua famiglia. Le leggi per cui i provvedimenti relativi all’arresto e alla espulsione (compresi, in molti casi, i maltrattamenti) possono essere presi dall’Autorità di Pubblica Sicurezza “inaudita altera parte” (e senza contraddittorio, cioè, valutato da un giudice), tuttavia, sono leggi di questo Stato. La domanda cui Alfano dovrà rispondere in Parlamento non riguarda dunque solo Alma. Quello che gli italiani dovrebbero poter sapere è il numero e la gravità dei soprusi più quotidiani: quelli di cui nessuno ha saputo o saprà nulla ma che si consumano ogni giorno sulla pelle dei rifugiati che non contano nulla.

(Luigi Cancrini, L’Unità 16 luglio)

 

 


 

IL PAPA E LA CURIA

Qualunque cristiano è tenuto a credere esplicitamente o implicitamente ogni verità che lo Spirito Santo ha posto nella Scrittura. Ma l'uomo non è tenuto a credere così ai detti dei santi estranei alla Scrittura né alle bolle papali, se non per quanto avranno tratto dalla Scrittura o implicitamente fondato su di essa... perché sia il papa sia la sua Curia possono sbagliare per ignoranza della verità.

Jan Hus (1370-1415), De ecclesia, 1413

Unioni gay, scontro Merola-Curia

La Curia di Bologna torna a scagliarsi contro matrimoni e adozioni gay. E dunque contro il sindaco democratico Virginio Merola che li aveva sostenuti dal palco del Pride sfilato a inizio mese proprio sotto le due torri. E la battaglia per principi e diritti si infiamma, incrociando la politica. Mentre alle porte della città, a Castenaso, il sindaco (renziano) Stefano Sermenghi dà il via libera al primo bando per mutui agevolati a coppie giovani, «anche omosessuali».
Prima l'anatema del cardinale Carlo Caffarra sulle parole di Merola («oscura la ragione, viene da piangere»). Domenica Bologna Sette, supplemento, dell'Avvenire, in difesa dei totem della «famiglia naturale» schiera un esperto di adozioni e uno psicologo per ribadire che «è dimostrato, ogni essere umano per crescere bene deve farlo all'interno di un rapporto con un maschio e una femmina». Ma al di là degli argomenti usati cui da anni ribattono con tesi scientifiche di segno opposto le associazioni del mondo Lgbt - la sostanza è tutta politica. La Curia mostra di non voler lasciare cadere il tema. Troppa fibrillazione sul territorio sul nodo dei diritti civili. Vedi l'iniziativa di Castenaso, una svolta anche in casa Pd. «Vogliamo solo far ripartire il settore edile in crisi», mette prima le mani avanti Sermenghi, «i fondi serviranno ad abbattere il mutuo per la prima casa (4.500 euro, al massimo a coppia) e si aggiungono agli interventi sul Yelfare per fasce bisognose, non li sostituiscono». Poi però gioca all'attacco, il sindaco che ha depositato il logo dell'associazione pro Renzi sul territorio: «E' vero, io e Merola abbiamo fatto un passo più in là del partito. Le tesi di Bologna Sette? Ci sono milioni di bimbi che prima di tutto hanno bisogno di sopravvivere, di avere qualcuno che pensi a loro. Bisogna guardare la realtà». Già quella di Merola era parsa una fuga in avanti pure tra gli stessi democratici, viste le diverse posizioni su unioni tra gay e possibilità di adozione per coppie omogenitoriali. Il sindaco ha tirato dritto («ho espresso la mia opinione, non si devono seguire logiche di appartenenza»), il capogruppo Pd in Regione Marco Monari ha proposto un referendum sul tema accendendo altre polemiche. Mentre Sel (con il Pd maggioranza in Comune) ha rinnovato l'asse con i grillini, nato nei giorni del referendum contro i fondi alle scuole materne paritarie (cattoliche).
ADRIANA COMASCHI

(L'Unità 9 luglio)
(L'Unità 19 luglio)

sabato 27 luglio 2013

MENTRE IL VIAGGIO STA TERMINANDO


Leonardo Boff: "Francesco, papa della liberazione" 
                                                                                   Intervista a Leonardo Boff, a cura di Andrea Tornielli in "La Stampa" del 25 luglio 2013

«Tre settimane prima dell'elezione di Bergoglio avevo scritto su Twitter: il futuro Papa sarà Francesco, perché come fece il santo di Assisi serve chi ricostruisca la Chiesa che ha perduto la sua credibilità...». Leonardo Boff non porta più il saio, dopo i contrasti con Roma per le sue posizioni teologiche ha lasciato l'ordine francescano e si è sposato. Ma la barba, bianchissima, è rimasta la stessa di quando era frate. Il teologo della liberazione che Joseph Ratzinger non riuscì a ammorbidire parla del viaggio in Brasile del primo Papa latinoamericano della storia.
L'ha stupita l'accoglienza di Rio a Francesco?
«No, è un entusiasmo dovuto alla sua semplicità, al suo venire senza un grande apparato di sicurezza, al suo voler percorrere le strade in una macchina semplice e con i finestrini sempre aperti, al suo farsi raggiungere e toccare dalla gente, al suo fermarsi a baciare i bambini. Si vede che è un pastore, un vescovo che sta in mezzo al suo popolo. Non un monarca».
Francesco ha voluto cominciare il viaggio con una visita al santuario di Aparecida. Perché?
«Perché qui nel 2007 i vescovi latinoamericani hanno pubblicato un documento che ridà spazio ai poveri e afferma che certi metodi di evangelizzazione sono vecchi e vanno cambiati. Servono pastori che abbiano l'odore delle pecore più che il profumo dei fiori dell'altare».
Francesco mostra di avere una grande devozione mariana e una grande attenzione alla pietà popolare. Non sembrano aspetti così vicini alla sensibilità progressista...
«E invece lo sono, sono vicini alla teologia della liberazione. In Argentina questa si è sviluppata particolarmente come teologia del popolo, portata avanti dal gesuita Juan Carlos Scannone, che è stato insegnante di Bergoglio. Il Papa è vicino a questa teologia. Non è una devozione popolare "pietistica", ma una devozione che conserva l'identità del popolo e s'impegna per la giustizia sociale».
Il Papa parla spesso dei poveri e all'ospedale di Rio ha ripetuto che andare verso i poveri significa toccare «la carne di Cristo». Cosa significa?
«Il povero è il vero rappresentante di Cristo, in un certo senso il povero è il vero "Papa", e Cristo continua a essere crocifisso nel corpo dei condannati della terra. Cristo è crocifisso nei crocifissi della storia».
Che cosa cambia nella Chiesa con Papa Francesco?
«Credo che cambierà parecchio. Francesco non sta riformando solo Curia, sta riformando il papato. La sua insistenza sull'essere vescovo di Roma, l'aver lasciato il palazzo per abitare nella residenza Santa Marta, significa andare verso il mondo. Il Papa spiega che preferisce una Chiesa incidentata ma che va per strada, piuttosto che una Chiesa asfittica e chiusa nel tempio. Ora si sente che la Chiesa è un focolare di speranza e non una fortezza assediata sempre in polemica con la modernità o una dogana che controlla e regola la fede invece di facilitarla».
C'è chi critica Francesco dicendo che sta desacralizzando il papato...
«Non lo sta desacralizzando, lo presenta nella sua vera dimensione evangelica. È il successore di Pietro e Pietro era un semplice pescatore. Bisogna combattere la "papolatria" che abbiamo visto negli ultimi decenni. I cardinali non sono prìncipi della Chiesa, ma servitori del popolo di Dio. I vescovi devono partecipare alla vita della gente. E il Papa non si sente un monarca: anche di fronte alla presidente del Brasile ha detto: "Vengo qui come vescovo di Roma", cioè come colui che presiede la Chiesa nella carità e non nel diritto canonico».


“PERCHÈ QUELLA RABBIA REPRESSA LE RENDE PIÙ FEROCI DEI MASCHI”

 

«Quello che riscontro ogni giorno è una grande rabbia diffusa tra le ragazze. Una sorta di rancore, di frustrazione, di violenza sorda, che può prendere diverse strade». Paola Manfredonia lavora al Tribunale dei minori di Roma, sezione penale. Giorno dopo giorno, da molti anni, affronta problemi di adolescenti e genitori, storie di ordinario malessere e di conflitti generazionali, che si annidano ovunque, nel cuore dei salotti borghesi come nella periferia più dimenticata.

Quali sono i reati più diffusi compiuti dalle ragazze?

«Vengono denunciate soprattutto per minacce, ingiurie, per lesioni di lieve entità, stalking. Quasi mai per reati gravi».

Il movente?

«Quasi sempre alla base c'è la gelosia per qualche ragazzo, le risse tra gruppi di amiche, qualcuna che dice "puttana", qualcun'altra che risponde "se ti prendo ti gonfio", spesso tutto questo tracima, si allarga come un'onda, la vendetta può essere di gruppo, le amiche della "vittima" si organizzano per dare manforte. Ma quello che emerge è soprattutto una grande rabbia, questo è un dato nuovo, l'aggressività femminile».

I social network che ruolo hanno?

«Fanno da cassa di risonanza, sono il punto di arrivo e il motore. Su Facebook si può scatenare di tutto: basta postare una foto, un filmato di qualcosa di sconveniente accaduto in classe e scoppia il putiferio. Colpisce vedere questo grande furore e poi magari non si capisce bene cosa ci sia dietro, è tutto un consumo velocissimo di parole e di immagini che allontana dal vero senso delle cose».

In cosa le ragazze sono diverse dai loro coetanei maschi?

«Sono molto volgari, i ragazzi passano alle mani, ma sono meno volgari».

Sono più dure o più fragili?

«Fragili dentro come i maschi. Il problema è che gli adolescenti hanno una grande libertà di superficie, ma poi non sanno reggere le conseguenze delle loro azioni, non sono educati alla realtà materiale, c'è un'intolleranza alla frustrazione. È così anche per i rapporti sessuali: sono sempre più precoci, ma poi i ragazzi non sanno sostenere le conseguenze di questi atti che compiono con tanta facilità».

Un esempio?

«Capitano ragazze che a 14 anni hanno rapporti con tre, quattro ragazzi alla volta e si fanno i filmini e la cosa non è neanche percepita come trasgressiva, però poi non si è in grado di reggere il dopo. Perché poi arriva un adulto - un genitore, un professore - che le fa sentire sporche o arriva la madre che denuncia i maschi, allora c'è il crollo. Il problema è che non c'è educazione alla sessualità, c'è una diseducazione che va di pari passo con la pervasività dei vecchi stereotipi, perché alla fine sei sempre una "puttana", anche se hai 13 anni. Non c'è la vergogna, ma poi resiste lo stereotipo, la percezione dei ruoli sessualiè quella degli anni 50».

La famiglia che ruolo ha in tutto questo?

«Noi assistiamo tutti i giorni a una catastrofe educativa, non si parla abbastanza di quello che è successo negli ultimi anni. I genitori, di tutte le classi sociali, ai figli comprano tutto, accade fin da piccoli, da quando portano il loro zaino per andare a scuola. I ragazzi arrivano qui e non si sanno neanche sedere in modo composto davanti al giudice, all'autorità, manca il livello base del saper stare al mondo, in ciabatte e canottiera, tatuaggi e gomma americana, ti guardano e dicono: ma cosa ho fatto di male?».

(Repubblica  11 luglio, Marina Cavallieri)

CREPUSCOLO E SPERANZE DELLE DEMOCRAZIE

 

La legalità internazionale, già fatta carta straccia da 46 anni di occupazione illegale di territori usurpati da parte dell’unica democrazia occidentale del Medioriente, alla faccia dell’Onu, è stata poi ridotta in briciole da due guerre umanitarie – Iraq e Afghanistan – che hanno seminato ecatombi di innocenti e prodotto una guerra civile, la vittoria degli islamisti, il rafforzamento a dismisura Al Qaeda, e arricchito i signori della guerra di ogni parrocchia in ogni campo dei conflitto a partire da quello dei probi «volonterosi».

Gli Stati Uniti, dal canto loro, continuano a profondere la loro ipocrita melassa propagandistica della legalità internazionale e per sancirla esemplarmente, dirottano un aereo che trasporta Evo Morales, il Capo di Stato di un Paese sovrano, sospettato dalla loro geniale intelligence di trasportare clandestinamente la talpa Snowden.
La solita bufala. Putin non poteva chiedere di meglio. La più grande democrazia del pianeta ha commesso «un atto di pirateria aerea e di terrorismo di Stato, metafora per il gangsterismo che oggi governa il mondo e per la codardia e l’ipocrisia di astanti che non osano chiamarlo col suo nome» (dal quotidiano britannico The Guardian).

(Moni Ovadia, L’Unità 6 luglio)

“MISERIA LADRA”, LIBERA LANCIA LA CAMPAGNA

 

Si chiama "miseria ladra". Perchè ruba diritti e dignità alle persone. La nuova campagna nazionale contro tutte

le forme di povertà lanciata dal Gruppo Abele con Libera è un cantiere aperto alle associazioni e cooperative sociali. L'obiettivo è fare "advocacy" sul governo e parlamento affinché predispongano subito un piano per rafforzare politiche sociali e welfare.

È «un paese fragile che barcolla tra diseguaglianze, miseria e disoccupazione» ormai l'italia. E lo dimostrano i dati contenuti nel dossier che libera e Gruppo Abele hanno presentato all'apertura della campagna miseria ladra. Nel 2011sono 8 milioni e 173mila le persone in condizione di povertà relativa, e cioè con una disponibilità pari a 506 euro mensili. 3 milioni 415mila persone, invece, vivono in povertà assoluta. Dietro questi numeri c'è la continua

crescita (con una quota triplicata in due anni) di quanti non possono permettersi più un pasto adeguato almeno

ogni due giorni. Al sud la percentuale delle persone in condizione di deprivazione è addirittura del 40,5. La recessione che ha colpito il paese a partire dal 2011 si è tradotta in una contrazione pesante dei redditi meno alti nel 2012 mentre il prodotto interno lordo reale calava del 2,4 per cento, il potere d'acquisto delle famiglie diminuiva del doppio.le famiglie operaie in 4 anni hanno perso l'8,5 per cento del reddito.

«Il problema - scrivono nell'analisi Gruppo Abele e Libera - è che in questi anni crescita è stata una parola sequestrata dalla dimensione etico-culturale per diventare ostaggio del lessico economico. Ci si è occupati del pil senza renderci conto che una ricchezza non distribuita, non adeguatamente destinata ai beni comuni ci avrebbe reso tutti più poveri e più fragili». E Nonostante le riforme, come quella di Elsa Fornero, l'emergenza lavoro non è stata tamponata, anzi. Aumentano i disoccupati, aumentano i neet (coloro che non lavorano né studiano) raggiungendo nel 2012 il 40,5%, «il massimo storico assoluto, ovvero il livello più alto dal 1977». Aumentano esponenzialmente anche altri indicatori di disagio diffuso come i pasti erogati dalla ¢aritas, gli homeless, i suicidi legati al peggioramento delle condizioni di vita. «la povertà è la peggiore delle malattie. In senso sociale, economico, ambientale e sanitario».

La rete di associazioni che ha aderito alla campagna ha stilato un elenco di 12 proposte da fare subito. La prima, spiega gabriella stramaccioni, dell'ufficio di presidenza di libera, è «ricostituire il fondo per il sociale e quello per l'autosufficienza, che sono stati azzerati. Le risorse ci sono, a parità di bilancio i soldi vanno allocati dove servono, per esempio possono essere presi dalla lotta alla corruzione e alla mafia,manon sono al centro delle politiche attuali». Oppure abolendo i ¢ie (destinando le risorse per l'inserimento dei migranti); riconvertendo le spese militari per il sociale; rivedere i progetti di alcune "grandi opere" controverse e pensare invece al dissesto

idrogeologico. Poi sospendere gli Sfratti emettere a disposizione il patrimonio immobiliare inutilizzato. «É giunta l'ora di cambiare le priorità, bisogna parlare di dignità umana.la povertà dovrebbe essere illegale, prima che di giustizia in senso stretto parliamo di giustizia sociale». Durante la campagna anche un'assemblea nazionale di tutte le realtà territoriali che contrastano la povertà e la richiesta alle ¢amere di una giornata di riflessione. «Pungoleremo il governo perché le persone più sono povere, più perdono diritti, meno possibilità hanno di organizzarsi».

(Luciana Cimino, L'Unità 6 luglio)