lunedì 13 gennaio 2014

“Siamo già in molti, ora devono ascoltarci”

ROMA - «E' il momento giusto per un'iniziativa di tutela dei nostri diritti»: secondo un diplomatico, che fa parte della nascente associazione di funzionari gay e che parla sotto anonimato, le premesse ci sono tutte.
Come è nata quest'iniziativa?
«Arriva ora, rispecchiando altre già realizzate all'estero, anche in sede di Nazioni Unite. Ma abbiamo già un numero discreto di persone».
Quali sono state le prime reazioni del ministero?
«Abbiamo registrato grande attenzione. Siamo solo in una fase iniziale, ma mi pare che si sia partiti con il piede giusto».
Crede che qualche anno fa sarebbe stato possibile?
«In passato avremmo avuto persino difficoltà ad essere ascoltati, non ci avrebbero ricevuto».
Quali sono i problemi che ponete all'attenzione del ministro?
«In Italia non c'è una legge che riconosca le unioni fra persone dello stesso sesso. Le coppie tradizionali hanno diverse garanzie, per esempio il coniuge di un diplomatico che va all'estero ha diritto al passaporto diplomatico. E indispensabile, serve a evitare che il funzionario possa subire in qualche modo pressioni, visto che il coniuge non è tutelato. E' una prassi comune in tutto il mondo».
Le coppie gay non hanno questo diritto?
«No, in Italia non esiste una legge che regoli queste unioni».
Ci sono stati problemi in passato?
«Per ora non è mai accaduto niente, ma può anche succedere che un funzionario sia spedito in Paesi dove l'omosessualità è reato. E senza passaporto diplomatico i pericoli ci sono».
Quando vedrete passi concreti?
«E ancora presto, ma il fatto che dialogo sia aperto è già un risultato».
(g. cad.)

(Repubblica 24 dicembre)