martedì 18 marzo 2014

QUANDO È PIÙ FORTE L'UOMO E QUANDO LO È LA DONNA


Elisa Pazè è un giovane magistrato di Pinerolo che lavora alla Procura del Tribunale di Asti dopo il recente accorpamento del Tribunale di Alba. A fine 2013 ha dato alle stampe per Franco Angeli "Diseguali per legge. Quando è più forte l'uomo e quando è più forte la donna". La prefazione del volume è a cura dello storico Alessandro Barbero.

Il percorso che dall'Unità d'Italia è andato nella direzione della parità dei sessi, nella realtà non ancora raggiunta, è lungo e tortuoso: se da un lato secondo la Costituzione italiana, uomini e donne sono uguali, in alcuni casi la legge tratta ancora diversamente uomini e donne, mantenendo disuguaglianze.

Nell'ambito del diritto di famiglia per Pazè la disuguaglianza maggiore resta quella legata alla trasmissione del cognome ai figli. È recentemente balzata alle cronache dei giornali il richiamo dell'Europa a prendere provvedimenti affinché anche la madri possano trasmettere il proprio ai figli.

Il Governo Letta ha risposto timidamente consentendone la possibilità con il consenso del padre. "In realtà non era questo che si voleva", dice Pazè. Anche perché le motivazioni tradizionalmente addotte a sostegno del cognome patrilineo sono incompatibili con diverse fonti del diritto internazionale, molto puntuali sul tema.

Esistono poi questioni minori, come ad esempio la legge che prevede che la donna divorziata o vedova debba attendere 300 giorni prima di potersi risposare (una tempistica non casuale: circa 10 mesi, il tempo necessario ad escludere un'eventuale gravidanza dal primo marito). Ovviamente questo limite non esiste per il divorziato o il vedovo. Altro esempio: la donna ha un termine ristretto per promuovere il disconoscimento della paternità. A fine 2013 invece è stata superata una grande disparità sulla filiazione, consentendo anche alla donna e non soltanto al padre di famiglia, qualora sia necessario prendere un provvedimento urgente senza poter ricorrere al giudice, di scegliere.

Altro tema caldo è quello del congedo per paternità. Anche in questo caso l'Italia ha dovuto recentemente uniformarsi alle direttive europee. In altri Paesi è prevista l'assenza del neopapà dal luogo di lavoro per un mese. Il ministro Fornero ha introdotto in Italia il congedo fissando la durata... in un giorno (da prendersi entro i primi cinque mesi di vita del bambino). "Eccome come, se da un lato si afferma un principio, cioè quello che i padri debbano stare vicino alla moglie e al neonato, dall'altro si evita la sua applicazione".

L'analisi di Elisa Pazè si muove a 360°. Una parte del libro è dedicata al corpo delle donne e degli uomini: a ciò che la legge consente (la circoncisione) e ciò che invece va condannato (la clitoridectomia), perché il rispetto della donna è un valore non mediabile. Fino al tema dell'aborto: tra diritti della madre, diritti dell'embrione alla vita e aspettative alla paternità.

Pazè dedica la parte finale all'"ultima frontiera dell'uguaglianza": le quote rosa. "Personalmente sono contraria. Renza ad esempio ha fatto il suo Governo con tante donne senza bisogno di quote rosa. Quote previste per riequilibrare la presenza femminile nei Consigli comunali o in quelli di circoscrizione, ma non al Parlamento, né al Governo".

"Servono davvero? - si chiede il magistrato - penso a tre obiezioni: la prima è di principio: non si reagisce alla discriminazione con la discriminazione; la seconda è che il sesso non può essere un elemento di catalogazione". Chi dice che un'eletta solo per il fatto di essere donna può capire le mie necessità di cittadina più di un uomo? Privilegiare con finanziamenti a fondo perduto la rampolla che ha deciso di aprire una nuova impresa o darsi alla politica (potendosi finanziare anche la campagna elettorale) piuttosto che il figlio operaio è creare disuguaglianza. Poi c'è il terzo aspetto: quello meritocratico: "Le misure promozionali, ponendosi in chiave paternalistica, anziché rafforzare l'autostima, umiliano". Se cerco un medico che mi risolva un problema di salute non penso alle quote rosa: voglio un medico bravo.

Uomini-donne, è possibile fare un bilancio sul piano dell'uguaglianza? Per Pazè oggi la disuguaglianza assume contorni diversi rispetto al passato in cui l'asimmetria era a senso unico, a favore del genere maschile. Oggi invece è diventata bidirezionale con il conferimento alla donna di diritti maggiori rispetto all'uomo. Ad esempio nel settore penitenziario: "Va constatato che oggi non solo non si è raggiunta l'eguaglianza sostanziale tra uomo e donna, ma neppure quella formale" chiosa Pazè.

In quest'ottica che senso ha oggi festeggiare l'8 marzo? "La festa va ripensata: dovrebbe essere la festa delle pari opportunità per tutti".

Il libro si conclude con un ricordo per il prof. Alberto Barbero (morto nel 2010): "Da lui ho imparato che per partecipare alla vita civile e politica una donna non ha bisogno delle quote rosa".

(Paola Molino)