mercoledì 16 aprile 2014

Cacciari: ormai gridano e basta

MILANO. La Lega torna in piazza e minaccia nuove clamorose azioni di protesta per liberare i secessionisti arrestati. Professor Massimo Cacciari, avrà successo la nuova linea dura del Carroccio?
«Non diciamo sciocchezze. A Verona erano quattro gatti. Queste sono solo provocazioni, senza seguito».
Matteo Salvini chiede di "liberare il Veneto".
«Appunto, Salvini. Già il fatto di aver scelto lui come segretario, invece di Tosi, dice dello stato di salute del partito».
La Lega è indebolita?
«Non li segue più nessuno, nessun Veneto pensa seriamente alla rivoluzione. Il movimento non ha nulla a che vedere con quello che è stato in passato, anche se i dirigenti attuali si illudono di rinsaldare lo zoccolo duro rispolverando vecchie parole d'ordine».
Però il governatore Zaia sta lanciando un referendum sull'indipendenza del Veneto. Come giudica questa mossa?
«E' il segno dei tempi. Che Zaia prenda questa iniziativa, dice dello stato delle nostre istituzioni. Che una Regione possa permettersi di promuovere un referendum sulla secessione, senza che nessuno dica niente, è rilevante».
Perché la Lega secondo lei non ha più presa?
«Non fa altro che chiacchierare, non ha iniziative concrete, né credibilità sul territorio, rispetto a quel che avveniva durante la prima repubblica. Cerca di stare a galla, ma è in coma, schiacciata dal berlusconismo decotto. Avrebbe dovuto puntare su Tosi, che avrebbe magari fatto politica invece di limitarsi alle frasi ad effetto. I risultati si vedranno alle elezioni».
Chi vincerà?
«L'astensionismo: voterà meno del 50 per cento degli elettori, poi le forze politiche fingeranno di non essersene accorte e faranno a gara a dire di aver vinto. Ma la verità è un'altra».
Quale?
«Al di là di tutto questo parlare, davanti a queste leadership mediatiche alla Grillo e Renzi, mentre un giorno scendono in piazza i secessionisti, e il giorno dopo i forconi, il Veneto, come il resto del Paese, vive una crisi profondissima. La gente non arriva alla fine del mese, è esasperata, imprevedibile. E la politica sta a guardare».

Zita Dazzi
(Repubblica 7 aprile)