sabato 5 aprile 2014

"I vescovi non sono obbligati a denunciare gli abusi sessuali"

CITTA’ DEL VATICANO. Il vescovo ha il «dovere morale» di collaborare con i magistrati che indagano sugli abusi sessuali del clero. Ma, ai sensi del codice di procedura penale e del concordato lateranense, non ha l’«obbligo» di denuncia. Recitano così le linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici predisposte dalla Conferenza episcopale italiana. Presentate ieri dal segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, sono state redatte nel gennaio scorso.
Il nodo della collaborazione tra autorità ecclesiastiche e civili nei casi di abusivismo dei punti chiave che in merito il Vaticano ha chiesto ai vescovi locali di non disattendere. La Chiesa italiana fa sua questa indicazione, seppure sottolinei fino a dove la legislazione italiana le permetta di spingersi. Altrove non è così, a motivo di differenti legislazioni. «E’ necessaria una coerenza sui ruoli - ha spiegato monsignor Galantino -, e il vescovo è un "padre” e come tale deve agire di conseguenza. Ci vuole attenzione ai diritti delle vittime, ma anche evitare condanne definitive. E quando parliamo di dovere morale di cooperazione vogliamo dire che il vescovo non è un difensore d'ufficio del sacerdote».
In ogni caso, la Cei chiede ai vescovi di vigilare sulle persone che si candidano a diventare sacerdoti. Laddove poi si apre un’indagine interna il vescovo, secondo il diritto canonico, può adottare «provvedimenti» nei confronti del sacerdote accusato, anche se ancora non condannato, e il semplice trasferimento «risulta generalmente inadeguato».
Intanto, per l’assemblea generale di maggio, la Cei annuncia una novità: sarà il Papa ad aprire i lavori. Normalmente la prolusione è sempre stata affidata al presidente, mentre il Papa interveniva alla fine dei lavori o durante gli stessi con un’udienza. A invitare Francesco è stato il presidente, il cardinale Angelo Bagnasco. Bergoglio «ha confidato di aver avuto in animo la stessa intenzione»,  riferisce Galantino.
Per quanto riguarda la nomina del presidente, si continua a lavorare alla modifica dello Statuto. Ci sarà una consultazione dei vescovi che in assemblea, e forse anche via posta, indicheranno il loro candidato, ma sembra al momento archiviata la prospettiva di una elezione diretta (come accade in tutte le altre conferenze episcopali). La designazione del numero uno dei vescovi italiani, per volontà degli stessi, resta insomma «riservata» al Papa.
Paolo Rodari

(Repubblica 29 marzo)