sabato 19 aprile 2014

Meditazione pasquale
L'azione di Dio ha reso vivo Gesù
 
Nella nostra Bibbia, quella che amiamo e non abbiamo messo là in biblioteca a far bella mostra di sé, in questi giorni faremmo bene ad aprire e leggere gli ultimi capitoli dei quattro Vangeli. In essi troviamo i cosiddetti "racconti di risurrezione" che, in modi linguistici diversi, vogliono testimoniarci la fede dei primi discepoli e delle prime discepole nel fatto che Dio non aveva abbandonato Gesù nella morte.
Racconti e messaggio
Può esserci utile osservare che l'unico e identico messaggio viene "raccontato" in modi diversi. Questi racconti sono testimonianze di fede, non delle cronache.
La risurrezione di Gesù, come azione di Dio che dona a Gesù una nuova vita, è un evento reale.
Gesù è davvero vivo non solo nella memoria che facciamo di lui. Ma la risurrezione non fu un fatto empirico, oggi diremmo fotografabile e storicamente documentabile. La stessa "tomba vuota" è un'efficace metafora per dire che Gesù va cercato e pensato nel mondo della vita.
Sono gli occhi della fede che sono andati più in profondità degli occhi della carne. Dunque, il fatto che Dio abbia cambiato la morte in vita per i discepoli di Gesù costituisce un dato reale, basilare, fondamentale per riprendere il cammino sulle tracce di Gesù. I redattori dei Vangeli lo hanno scritto nei generi letterari del tempo, con le loro immagini tipiche della loro cultura, soprattutto con il desiderio di trasmetterci non una loro fonte fantasia o una loro costruzione mentale, ma la realtà e il messaggio che hanno coinvolto i loro cuori: Se Dio ha dato ragione a Gesù, se lo ha accolto tra le sue braccia, noi ora possiamo continuare la sua opera sapendo che la sua presenza ci accompagnerà. Così il movimento di Gesù "lentamente", superando lo sconforto lo scandalo della crocifissione, si rianima.
Questo messaggio del Dio che vince la morte non va dimenticato davanti alla realtà della morte dei nostri famigliari, amici, di noi stessi. Non finiamo nel nulla, ma tra le braccia di Dio:
"Non abbiamo bisogno di "divorare" il tempo, come se dopo non esistesse più nulla. Non c'è motivo di riuscire a ottenere tutto e vivere "spremendo" la vita prima che finisca. Si può vivere in modo più sensato. La vita è molto più di questa vita. Non abbiamo fatto altro che cominciare a vivere" (Josè Antonio Pagola).
Due dimensioni della risurrezione oggi
Cerco sempre, quando "rumino" tra me e me il messaggio della risurrezione, di tenerlo aperto a due dimensioni. Da una parte come posso vivere dal "figlio della risurrezione" se non faccio quel poco che è nelle mie possibilità contro le forze della morte, dell'oppressione, dell'ingiustizia? Questa "parte" di risurrezione è elemento essenziale della mia fede. Dentro la società, dentro la chiesa, dentro il piccolo solco del quotidiano sento che il Dio della risurrezione mi invita a costruire intrecci e percorsi di fiducia, di speranza, di solidarietà. Questa è la "risurrezione quotidiana", il succo e la sostanza del nostro essere cristiani.
Ma "vivere la risurrezione" per me significa anche imparare a vedere, a "godere tutto ciò che di bello e buono c'è nella vita, accogliendo con gioia le esperienze di pace, di comunione amorosa, o di solidarietà. Anche se frammentarie, sono esperienze dove già si manifesta la salvezza di Dio" (Pagola). Un giorno, tutto quello che qui non ha potuto esprimersi in pienezza, è rimasto incompiuto o è stato rovinato dalla malattia, dalla mancanza di amore, dei nostri limiti... arriverà a compimento.
Oggi, di fronte ai rumori di guerra, alla follia degli F35, al disastro ecologico, allo scempio delle culture indigene, all'idolatria del denaro e del mercato, non devo nemmeno permettermi di dimenticare o perdere la gioia di vivere. No, questa gioia del Dio che, nonostante tutto, agisce e accompagna il creato, non posso archiviarla perché la vita è più forte della morte, l'amore è più forte, ha più futuro dell'egoismo. Una fede che "vede solo nero" non prende sul serio il messaggio della risurrezione.

Franco Barbero