domenica 20 aprile 2014

Predicazioni della celebrazione di Pasqua di giovedì 17 aprile

Isaia 52,7-10

La situazione in cui si trova Israele in Egitto è drammatica; il faraone li ha resi schiavi e sottomessi e da questo sembra non esserci via di uscita.
Ma il profeta Isaia non si rassegna e sprona il suo popolo a non scoraggiarsi perché lo scoramento è deleterio, invita all'immobilità, ad accettare tutto passivamente come se ormai la sorte sia assegnata e non più modificabile.

Quali parole usa il profeta per far sì che Israele non si scoraggi e non si addormenti?
Annuncia la salvezza che scaturirà dal "braccio santo di Dio". Isaia profetizza l'avvento  di un redentore "l'Emmanuele" il servo del Signore; in lui si realizzeranno tutte le profezie che sono state annunziate. Attraverso la sua vita, le sue parole, il suo esempio conosceremo la volontà di Dio, e tramite lui Dio verrà in aiuto del suo popolo.
È successo veramente così?
Che cosa ha fatto l'Emmanuele cioè Gesù, di tanto importante per la nostra fede?
Intanto ha fatto conoscere al popolo in difficoltà (e quindi a ognuno di noi) il vero volto di Dio. Quello di Gesù è un Dio diverso che ha a cuore e cura il suo popolo, che distoglie il volto dall'odore degli incensi e dal sangue dei sacrifici per rivolgerlo a chi soffre. Che sconfigge il faraone e il suo impero, che diventa bastone di viaggio per il popolo nel deserto.
Un Dio che si impietosisce, che fa piovere manna e fa scaturire acqua nel deserto per gli affamati e assetati.
Un Dio che accompagnerà chi è in difficoltà senza guidarlo o punirlo.
Questo Dio, non più irreggimentato dal potere è il Dio nuovo che Gesù ci ha fatto e ci fa conoscere, quello nel quale lui ripone fiducia immensa, la stessa che vuole trasmettere anche a noi.
È con questo e con questa fiducia che dobbiamo vivere, sicuri che anche questa volta Dio non abbandonerà al proprio destino il suo popolo, ormai molto più numeroso e senza confini.
Lui ci aiuterà a trovare la forza per compiere i piccoli passi quotidiani di solidarietà e di giustizia necessari per far sì che si realizzi qui, adesso, il regno che Dio vuole.
Franca Avaro


Genesi 12, 1-5

Nel capitolo 12 della Genesi viene raccontata l'origine del popolo di Israele e in particolare, nei primi versetti, l'invito di Dio al protagonista: Abramo.
L'autore biblico fa precedere questo brano da un racconto sull'origine del mondo per sottolineare che il Dio di Israele, venerato da Abramo, non è il Dio di un solo popolo con un terreno limitato di azione, ma bensì il creatore di tutte le cose, il Signore dell'Universo.
È questo il Dio che si rivela ad Abramo, e si rivela come qualcuno di infinitamente generoso; presentandosi ad Abramo gli assicura la sua benedizione.
Abramo capirà poco alla volta che questa benedizione è un dono che comunica un bene, non materiale (la famiglia di Abramo dispone di grandi ricchezze) ma quello dell'approfondimento dell'essere, il suo mistero.
Comprenderà che la benedizione di Dio non è un mezzo magico per risolvere i problemi della vita umana, ruolo che all'epoca era assegnato alle numerose divinità.
Abramo vede nelle promesse di Dio un senso nuovo alla vita che si profila davanti a lui e ai suoi discendenti, ed è allora che corre un rischio immenso: lascia tutto quello che fino a quel momento gli ha dato sicurezza e parte verso l'ignoto.
Da dove gli viene questo coraggio? Credo dalla fiducia nelle belle promesse di Dio che però non è subito comprensibile, il suo compimento si fa attendere a lungo ed è messo alla prova duramente.
Più che dalle promesse, Abramo si fa coinvolgere da colui che le fa, dal Dio Unico. Ha superato le paure, i calcoli, le argomentazioni e si è semplicemente fidato di Dio.
Questo, dal mio punto di vista, è il messaggio importante: la fiducia e l'affidamento, cose sempre più difficili se ci lasciamo abbagliare dai nuovi idoli che allontanano sempre di più dalla semplicità e senso del limite.
Ada Dovio


Isaia 49,14-16

Sion ha detto: "il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato". Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco ti ho disegnato (scolpito) sulle palme delle mie mani, le tue mura sono sempre davanti a me.


Gerusalemme è raffigurata qui come una donna abbandonata che non è riuscita a proteggere i suoi figli. Gli israeliti sono stati condotti via, in terra straniera, lontano da lei, come prigionieri di guerra.
Ma questa non è l'ultima "parola". Gerusalemme è nel cuore di Dio, le sue mura sono disegnate, "scolpite" sui palmi delle Sue mani, sempre a portata del Suo sguardo. Dio non l'ha dimenticata e presto anche i suoi figli, gli israeliti, faranno ritorno nella loro terra.
Quante volte da bambini o ragazzi abbiamo usato il palmo della nostra mano per scrivere o disegnare cose importanti: dai cuoricini con il nome dell'innamorata alle formule che servono per una verifica di matematica.
Il palmo della mano è sicuramente la parte del nostro corpo che più facilmente riusciamo a portare vicino agli occhi, basta piegare il braccio per avvicinare la mano e osservarla bene. Possiamo rileggere o rivedere la frase o il disegno tutte le volte che lo desideriamo.
D'altronde però il palmo della mano è anche molto adatto per mantenere segreti. Basta chiudere il pugno per renderlo invisibile agli altri. Non a caso i neri di pelle hanno i palmi della mani chiari proprio perché sono meno esposti al sole, sono luoghi più "segreti".
Ma  scrivere sulla mano ha anche un valore simbolico … la mano è la parte del corpo con cui interagiamo di più con le altre persone e con l'ambiente che ci circonda.
Nell'evoluzione la capacità di afferrare gli oggetti grazie al pollice opponibile è stata decisiva per lo sviluppo dell'intelligenza umana. La mano è lo strumento più importante di cui disponiamo per le nostre azioni "manuali", ma è molto utile anche per azioni intellettuali come contare.
Ricordo di avere visto un disegno che raffigurava il corpo umano deformando le sue dimensioni in modo da renderle proporzionali al volume di cervello necessario per gestire le varie parti: le mani risultavano enormi e sovradimensionate rispetto al resto del corpo proprio perché il loro movimento richiede molta elaborazione celebrale.
Gerusalemme non sarà dimenticata da Dio, sarà sempre sotto il nostro sguardo, "scolpita" sul palmo della sua mano. Il legame è talmente forte da superare quello tra una madre e il figlio.
A volte ci sembra che la nostra vita sia in balia delle situazioni che incontriamo nel viaggio della nostra esistenza, abbiamo la sensazione che Dio si sia dimenticato di noi. Ma dobbiamo avere fiducia nel legame che ci unisce a Lui. Dio ha "scolpito" la nostra vita sulla sua mano, ha sempre la nostra esistenza dinnanzi ai suoi occhi e non ci dimentica ne ora né mai. Persino una madre può dimenticare la creatura che è nata dal suo grembo, può essere talmente sola da non riuscire più ad avere cura dei suoi figli. Ma Dio no, non si scorda mai di noi, il suo amore è costante e perseverante e un giorno lontano ci richiuderà nel suo pugno.
Francesco Giusti