Abou Roxas
Nome palestinese
di Rosario Amico Roxas
Quando la terra non sa di pane
Incontrai i palestinesi nel 1991 a Tunisi; erano sistemati alla periferia di Hammam Liff, cittadina immediatamente a sud di Tunisi. Erano i profughi di Sabra e Shatila, ma è più corretto dire che erano i pochi superstiti di quella immane strage.
Il primo incontro fu assolutamente casuale; terminato il mio lavoro, mi recavo in una dei grandi alberghi in Avenue Bourguiba; solo lì era possibile incontrare altri operatori stranieri, scambiare quattro chiacchiere e bere qualcosa stante che nei normali bar non si trova nulla.
A piccoli gruppi entravano in questi alberghi, senza consumare nulla, si sedevano e cercavano in tutti i modi di attirare lattenzione degli stranieri per dialogare con loro e narrare la loro tragedia, visto che nel mondo occidentale non se ne parlava più.
Ricordo bene quel giorno del nostro primo incontro; erano in tre, indossavano abiti che avevano vissuto tempi migliori, ma cercavano di mantenere un atteggiamento dignitoso, quella dignità che si porta dentro anche nei momenti peggiori.
Un cameriere aveva insistito perchè consumassero, ma non potevano per ovvie ragioni. Fu allora che intervenni e li invitai al mio tavolo; così consumarono una spremuta di arance .a testa.
Parlarono di loro, delle loro famiglie, di quanti erano arrivati in Tunisia. Ringraziavano il governo tunisino per lospitalità, ma lamentavano la mancanza di un lavoro che permettesse loro di guadagnare lindispensabile per vivere; un lavoro qualsiasi, purchè onesto (ci tenevano tanto a specificarlo). Due di loro erano medici e il terzo era ingegnere di 2° livello (il nostro geometra); attendevano di essere chiamati a Gaza, per tornare nella loro terra ed essere utili al loro futuro paese.
Ci incontrammo parecchie volte, sembrava un appuntamento serale, che spesso si concludeva in una trattoria molto modesta, dove si consumavano, però, pietanze tipiche; ritenevano uno spreco inutile andare in un ristorante.
Un giorno mi invitarono nel villaggio dove risiedevano; avevano tardato a rivolgermi linvito per avere il tempo di preparare una accoglienza superiore alle loro possibilità .
Fu allora che incontrai Ibrahim Slimane, già direttore dellIstituto di filosofia islamica a Beirut, ma residente a Sabra in quanto palestinese e, come tale, emarginato; era giunto con la moglie e la figlioletta di dieci anni (oggi veterinaria in Libia e docente di genetica bovina allUniversità di Tripoli). Aveva perso due figli, ma li attendeva ancora, convinto che fossero vivi e che stessero cercandoli, senza sapere dove cercare.
Rimase poco tempo ad Hammam Liff, perché fu invitato dal governo algerino ad assumere la direzione dellistituto di filosofia islamica di Hanneba (lantica Ippona).
Mi fece ottenere linvito come osservatore a Il Cairo, in occasione dellannuale congresso dei filosofi arabi, per quellanno, 1997, presieduto proprio da lui, trattandosi di uno dei massimi filosofi allora viventi, universalmente riconosciuto nel mondo arabo. Quellanno, al termine del congresso fu stilato un documento con il quale si prospettava la soluzione del dramma dei palestinesi con la creazione di DUE STATI Confederati per UN Popolo (i semiti):
· Stato semita ebraico
· Stato semita palestinese
ma furono poste delle condizioni che resero la proposta inaccettata dal governo sionista, nel quale imperava Ariel Sharon, bollato dagli ebrei semiti come macellaio di Sabra e Shatila. Si voleva la restituzione della Palestina ai semiti, escludendo i sionisti; si chiedeva il ritiro delle basi americane e il disarmo nucleare. Il documento fu firmato anche dagli intellettuali israeliani, ma fu respinto dal governo sionista.
Il mio rapporto con Ibrahim si intensificò, da lui appresi quel poco che adesso conosco dellIslam.
Nel 1998 , in occasione del Ramadhan seppi che avrebbero rinunciato al sacrificio dellagnello, perché troppo caro per le loro finanze. Accetto di raccontare come quellanno arrivai ad Hammam Liff con quattro agnelli, perché fu loccasione nella quale mi venne riconosciuto il nome Abou Roxas, del quale vado orgoglioso.
Portai quattro agnelli perché il gruppo si componeva di quattro sotto-gruppi, assimilati per tribù.
Allora del sacrificio, chiesi che i quattro maggiorenti, riconosciuti come capi, si alternassero, in segno di unità dellintero gruppo; così avvenne, ma invitarono me, cattolico e cristiano, a guidare la preghiera, per la quale esordii As-salam Aleikun ben conoscendo la doppia natura di quellinvocazione la pace sia con voi, ma anche il 15° nome attribuito a Dio, e quindi Dio sia con voi; capii che quella preghiera era il loro modo di essere in comunione con Dio, mentre il modo cristiano è ancora fermo al fare la comunione. Fu lo steso Ibrahim a chiamarmi per primo Abou Roxas e tale sono rimasto fino al mio rientro in Italia nel 2002.
Trasferito ad Hanneba con quello che restava della sua famiglia, così mi recavo ogni fine settimana a trovare quel mio amico; coltivavamo il desiderio di tradurre in italiano limponente Storia Universale di Walī al-Dīn Abd al-Raḥmān ibn Muḥammad ibn Muḥammad ibn Abī Bakr Muḥammad ibn al-Ḥasan al-Ḥaḍramī, più noto come Ibn Khaldūn; lui traduceva in francese ed io riportavo in italiano, ma con la certezza di avere utilizzato il più vero significato di ogni singola parola.
Non andammo oltre la Muqaddima, cioè lintroduzione, dove pure viene anticipata di oltre cinque secoli, lesordio della sociologia come scienza.
Le traversie patite gli avevano prodotto un cuore polmonare cronico; mi aveva chiesto una di quelle bombole di ossigeno portatili e ricaricabili che in Algeria non si trovavano. Nel corso di uno dei miei rientri in Italia, trovai quella bombola e telefonai per dire che lavrei portata presto; fu la moglie a dirmi che non sarebbe più
servita. Scrivo ciò per rendere omaggio ad un amico prezioso e un maestro irripetibile.
Quando la terra non sa di pane
(Ai fratelli Palestinesi)
Nelloscurità del tempo
è stata scritta la nostra condanna,
nera fuliggine dentro uno scorcio di cielo.
I figli di Sem e di Abramo
rivendicano il diritto ad esistere uccidendosi a vicenda,
mentre le parole damore
dellUnico Dio si perdono
nellinospitale deserto dei valori.
Ci hanno vestiti con gli abiti del perdente,
con la maschera della ferocia, con le ciabatte del burattino,
mentre nel nostro petto cè la corazza del combattente.
Le reliquie della meschinità, la crudele avidità,
hanno vanificato ogni sforzo, violentando la verità:
Abele si è suicidato.
Il destino dei vinti ha mortificato la nostra volontà,
ma non il nostro diritto di esistere.
Cerchiamo di mettere le briglie alla memoria,
per dimenticare millenni di persecuzioni,
ma tutto torna alla mente con impietosa crudezza,
tutto si ripete con drammatica puntualità.
Naufraghi dentro la pozzanghera degli egoismi,
cerchiamo invano una parola di solidarietà,
una riva amica non venduta al più forte.
La felicità è uneco lontana che non ci appartiene da secoli;
balenio di speranze, sogni, illusioni,
tragica memoria di tante amarezze senza alcuna gioia,
tante rinunzie e nessuna vittoria.
Scorre dentro il nostro sangue il tempo impietoso,
continua linutile ricerca della nostra Patria,
senza un attimo di sosta.
Presagio di una fine che non ha avuto un inizio.
In questa tragica realtà
la nostra terra non sa di pane,
come la nostra casa non sa damore.
Morti dentro, cercano ancora di ucciderci.
La Speranza è un sogno da ricchi !
Solo orizzonti offuscati da nuvole gonfie di fiele.
Anche il giorno comincia con il tramonto.
Stiamo arrivando allultima goccia nel bicchiere.