martedì 21 ottobre 2014

Cambiamo l’ora di religione

Così come si presenta, l'ora di religione non è più sostenibile. Parlo della scuola superiore, ma forse la situazione negli ordini inferiori è anche più problematica: se parlo solo della prima è perché è l'unica che conosco direttamente. Se ne era accorto perfino il ministro Francesco Profumo del governo Monti: «Credo che l'insegnamento della religione nelle scuole così come è concepito oggi non abbia più molto senso». Per chi è dentro la scuola la situazione è chiara, per chi volesse avere un'idea precisa consiglio l'articolo di Maria Boscaino su www.laricerca.loescher.it intitolato L'ora di religione. Basti un dato mai sufficientemente notato: l'ora di religione è l'unica ora che, in teoria, dovrebbe essere pagata doppia, per chi la frequenta e per chi ha diritto alla cosiddetta ora alternativa, poco attivata in giro per comprensibili motivi di costi. Con esiti assurdi, come una mia amica pagata come docenza per fare studio assistito a 5 allievi, perché anche questa è una possibilità che si può scegliere, o docenti di religione pagati per fare lezione a un numero di allievi che sta su una mano, quando gli altri se ne prendono anche 32, con tutte le verifiche e le valutazioni del caso! E paradossi come l'insegnante che tenta di parlare di Bibbia «silurata» dall'ufficio competente della diocesi, perché perdeva clienti, ed essendo la materia non obbligatoria (e il voto non fa media), dipende dal consenso. Situazione anomala, frutto di un compromesso ideologico mai risolto tra chi deve insegnare religione e come e per quale scopo...
Perciò trovo di grande interesse per onestà intellettuale quanto scrive Giannino Piana in un articolo di «Rocca» dal titolo Bisogna avere coraggio (n. 9 del 1 maggio 2014, pp. 31-33). Lo sintetizzo a mo' di tesi (i corsivi sono miei), sapendo che non saranno da tutti condivise, sia in ambito cattolico sia in quello laico. 1) La cultura religiosa va considerata una disciplina obbligatoria come la letteratura, la filosofia, ecc. 2) Questo comporta che si abbandoni l'insegnamento confessionale: (e che si modifichi o si abroghi il Concordato) l'insegnamento di religione deve avere carattere strettamente culturale. (Qui Piana accenna alla necessaria riforma del sistema di reclutamento e selezione dei docenti, non più sottoposto all'Ufficio scuola delle diocesi, evidentemente, con l'istituzione di facoltà teologiche all'interno dell'università di stato, a cui si opposero e credo si oppongano sia la gerarchia cattolica sia la cultura laica.) 3) Esso deve procedere su due linee: il fenomeno religioso in generale, attraverso un approccio interdisciplinare, e contemporaneamente i contenuti dottrinali delle religioni storiche, dalle religioni abramitiche fino alle tradizioni orientali, con particolare riguardo alla conoscenza dei testi, da Bibbia e Corano fino ai testi buddisti e induisti. Questo terzo punto e fin troppo ambizioso, calcolando un'ora settimanale. Se di italiano riuscissi a fare un programma analogo (e ho 4 ore), sarei un mago...
Ma è un dettaglio su cui si può discutere. Almeno i primi due punti mi sembrano irrinunciabili. Quanto dovremo aspettare ancora? Forse, nonostante il nuovo clima sia politico che ecclesiale, dovremmo aspettare ancora qualche decennio. Perché dietro a tutto ciò sta, evidentemente, il problema del Concordato e dei rapporti Stato-Chiesa.  
Antonello Ronca

(il foglio n. 414 – 2014)