venerdì 31 ottobre 2014

La lettera del manager

"Essere omosessuale è un grande dono che Dio mi ha fatto"
In tutta la mia vita professionale ho cercato di mantenere un livello minimo di privacy. Sono di umili origini e non mi interessa attirare l'attenzione su di me. D'altro canto sono profondamente convinto di quello che diceva Martin Luther King, ossia che nella vita dobbiamo porci soprattutto una domanda: cosa facciamo per gli altri? E' un interrogativo cui spesso mi sforzo di rispondere e ho capito che il desiderio di riservatezza mi ha trattenuto dal fare qualcosa di più importante. Ecco come sono arrivato ad oggi.
Sono anni che non tengo nascosto il mio orientamento sessuale. Tanti colleghi alla Apple sanno che sono gay e non sembra che per questo mi trattino in maniera diversa. Certo, ho avuto la fortuna di lavorare per una società che apprezza la creatività e l'innovazione e sa che possono svilupparsi solo nell'accettazione delle differenze. Non tutti sono altrettanto fortunati. Se è vero che non ho mai negato il mio orientamento sessuale è vero anche che non l'ho mai dichiarato pubblicamente, fino ad oggi. Quindi voglio dirlo a chiare lettere: sono lieto di essere gay, considero l'omosessualità uno dei doni più grandi che Dio mi ha fatto.
Essere gay mi ha aiutato a capire cosa significa esser parte di una minoranza, ad avere un'idea delle difficoltà che altre minoranze affrontano quotidianamente. Mi ha reso più sensibile nei confronti degli altri, arricchendo così la mia vita. E' stato a volte difficile, scomodo, ma mi ha dato la forza di essere me stesso, di andare per la mia Strada, di superare le avversità e l'intolleranza.
Il mondo è cambiato moltissimo dalla mia infanzia. Gli Usa vanno verso la parità di matrimonio e i personaggi pubblici che hanno coraggiosamente dichiarato la propria omosessualità hanno contribuito a cambiare il modo di vedere e a rendere più tollerante la nostra cultura. Eppure nella maggior parte degli stati americani sono ancora in vigore leggi che consentono ai datori di lavoro di licenziare i dipendenti solo sulla base del loro orientamento sessuale. In molte realtà possiamo essere sfrattati solo perché omosessuali, oppure ci impediscono di andare a trovare i partner malati e di entrare nell'asse ereditario. Sono in tanti, innumerevoli, soprattutto i ragazzi, a doversi confrontare ogni giorno con timori e abusi per via del proprio orientamento sessuale.
Non mi considero un attivista, ma mi rendo conto dei vantaggi che mi sono derivati dal sacrificio altrui. Quindi se sapere che il Ceo di Apple è gay può aiutare una persona in difficoltà ad accettarsi, o essere di conforto a chi si sente solo, o di incoraggiamento a chi rivendica la propria uguaglianza, vale la pena di rinunciare per questo alla mia privacy.
Devo ammettere che non è stata una scelta facile. Il mio privato continua ad essere importante per me. Ho fatto di Apple il lavoro della vita e continuerò a dedicare tutto il mio tempo all'obiettivo di svolgere al meglio il mio compito, perché i nostri dipendenti meritano questo e lo meritano anche i nostri clienti, i nostri tecnici, gli azionisti e i nostri partner. Rientra nel progresso sociale la nozione che un individuo non si identifica in base all'orientamento sessuale, alla razza o al genere. Io sono un ingegnere, uno zio, un amante della natura, un fissato della forma fisica, un figlio del Sud, un fanatico dello sport e tante altre cose ancora. Spero di veder rispettato il mio desiderio di impegnarmi in quello che mi riesce meglio e nel lavoro che mi appaga.
La società di cui ho la fortuna di essere a capo è da tempo paladina dei diritti umani e della parità per tutti. La mattina in ufficio mi accolgono in cornice Martin Luther King e Robert F. Kennedy. Non pretendo con questa dichiarazione di mettermi al loro livello, ma ora posso guardare quelle foto sapendo di fare la mia parte, per quanto piccola, per aiutare gli altri. La strada di luce verso la giustizia la lastrichiamo assieme, un po' alla volta. Questa è la mia pietra.
Tim Cook
Tim Cook è Ceo di AppIe
Traduzione Emilia Benghi
(Repubblica 31 ottobre)