martedì 27 gennaio 2015

Claude Lévi-Strauss

L'antropologo Claude Lévi-Strauss nel 1955 scrivere: «Più che sull'evidenza di una rivelazione, questa grande religione si fonda sull'incapacità di legare all'infuori di sé. Di fronte all'universale benevolenza buddista e al desiderio cristiano del dialogo, l'intolleranza mussulmana adottò una forma inconscia presso coloro che ne sono responsabili. Anche quando non cercano, in modo brutale, di costringere gli altri a condividere la loro verità, essi sono tuttavia (cosa ben più grave) incapaci di sopportare l'esistenza degli altri in quanto altri. Il solo modo per loro di porsi al riparo da ogni dubbio e umiliazione consiste nell'annullamento dell'altro come testimone di una fede diversa e di un diverso comportamento. La fratellanza islamica esclude gli infedeli senza poterlo ammettere, perché il riconoscere la propria esclusività vorrebbe dire riconoscere quegli stessi infedeli come esistenti».
Credo che anche Lévi-Strauss oggi non scriverebbe più queste affermazioni così dimentiche della realtà, così contrarie alla vasta realtà dei musulmani dialoganti. Simili analisi aiutano il dialogo o confermano i pregiudizi?

Franco Barbero