giovedì 26 marzo 2015

LA PROPOSTA LOBINGER

Proprio in Brasile, dove lo studio di nuove forme di presbiterato è all'attenzione della Conferenza episcopale (v. notizia precedente), è uscito a gennaio il libro "Nuovi ministeri.
Vocazione, carisma e servizio nella comunità" (Herder Editorial, 2015, ma di prossima uscita anche in Spagna) a firma del teologo e pastoralista brasiliano Antonio José de Almeida, che il settimanale cattolico spagnolo Vida nueva, nel pubblicare una sua intervista (30/1), definisce «profondo conoscitore di numerose formule sorte negli ultimi decenni in America Latina, dove alcuni servizi evangelici sono assunti da persone che non sono sacerdoti».
Almeida, docente presso la Pontificia Università cattolica del Paraná e presso l'Istituto Teologico-pastorale per l'America Latina in Colombia, rilancia, fra le altre cose (molti e tutti da approfondire e vivificare sono i carismi ecclesiali di cui ha avuto esperienza e che tratta nel libro, al di là de ministero ordinato), la "proposta Lobinger". Perché, spiega, «quello che manca in moltissime comunità – solo in Brasile sono più di 70mila le comunità senza la possibilità di celebrare regolarmente l'eucarestia – sono, come vertice di un ampio processo, ministri eletti dalla comunità e ordinati come presbiteri per presiedere l'eucarestia nella loro comunità».

«Molto concretamente», aggiunge, Lobinger «propone che i nuovi ministri siano della loro stessa comunità, da questa direttamente eletti, e che non ce ne sia uno solo per comunità, ma una piccola équipe (due o tre), single o sposati, e che continuino ad essere inseriti nella vita civile, con la loro famiglia, il loro lavoro professionale, la loro vita normale. Dato che la comunità è piccola, la loro partecipazione in essa sarà vicina, forte, calda, ma il loro servizio come ministri ordinati sarebbe a tempo parziale. In questo modo si ottengono due cose: maggiore partecipazione, che porta a mettere in luce doni e carismi specifici (capacità di lavorare con bambini, con persone anziane, con coppie o con immigrati…) e minore sovraccarico di lavoro per una sola persona. Il modello non è la grande parrocchia, territoriale anonima, sacrale, totalmente centrata sul parroco e da lui dipendente in tutto, ma la comunità "a misura di persona", di gente che si conosce: una comunità accogliente, aperta, partecipativa, missionaria».

(Adista 7 marzo, Eletta Cucuzza)