domenica 26 aprile 2015

"Una doppia tragedia, uccisi durante la fuga dalle persecuzioni"

CITTÀ DEL VATICANO - «Credo si tratti di una tragedia nella tragedia. Siamo davanti a un dramma frutto più che altro della disperazione. Semplicemente si deve dire che sui barconi queste povere persone purtroppo a volte si portano dietro anche le divisioni e le miserie che vivono nei propri Paesi».
Monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei, invita alla cautela a riguardo della lite scoppiata su un barcone per motivi religiosi.
È solo una tragedia della disperazione secondo lei?
«Certamente. Ovviamente i migranti vengono tutti da Paesi difficili. Paesi dove le divisioni religiose sono all'ordine del giorno. Penso, ad esempio, al viaggio e alla fuga dal sud del Sahara, alla divisione che si vive nel Mali, dove c'è una maggioranza musulmana, o nel Ghana dove invece la maggioranza è cristiana. Penso anche ai Paesi mediorientali da dove partono oggi tanti profughi costretti a scappare per motivi religiosi. Ma nonostante ciò la tragedia della notte del 14 aprile, come tante altre tragedie del mare, altro non è che un terribile dramma della disperazione e della miseria umana. Non enfatizzerei il dato dell'odio religioso».
Papa Francesco andò a Lampedusa quasi due anni fa. Il suo grido sembra ancora oggi inascoltato. Cosa fare?
«Come azione immediata credo che ci sia bisogno di una maggiore accoglienza in alcune regioni del Nord dove oggi viene accolta una persona ogni duemila abitanti. Con una discrezionalità che non ci può essere all'interno della tutela di un diritto. Non si può scegliere, insomma, se dare o non dare dignità a un richiedente asilo».
È sufficiente questo?
«No, occorre lavorare maggiormente con gli Stati europei che per la maggior parte non sono attrezzati per l'accoglienza. Solo 6 Paesi su 28 accettano i richiedenti asilo. Mentre l'Italia è costretta ad accogliere un numero spropositato di persone. Infine, se è vero che questo flusso continuo è causato soprattutto dalle guerre che lacerano il Medio Oriente, diversi Paesi africani e, dopo la primavera araba, anche i Paesi del nord dell'Africa, allora occorre che la comunità internazionale si decida a svolgere un'azione di pace più decisa e concreta altrimenti il numero di profughi è drammaticamente destinato a crescere».
Paolo Rodari

(Repubblica 17 aprile)