mercoledì 25 maggio 2016

Nadia, ecco la donna eletta leader dai giovani musulmani


«Noi Giovani musulmani siamo come le Acli, gli Scout. Persone religiose ma prima di tutto italiani impegnati nella vita sociale»: Nadia Bouzekri, 24 anni, studentessa universitaria di management nata a Sesto San Giovanni da un impiegato e una casalinga di origini marocchine, è la nuova presidente dell'associazione che riunisce i fedeli islamici tra i 14 e i 33 anni. I Giovani musulmani d'Italia sono in espansione: oggi contano 1200 soci e 51 sedi a cui nei prossimi mesi se ne aggiungeranno altre venticinque.  
Nadia Bouzekri è la prima donna a guidare l'associazione. All'assemblea che l'ha eletta a Piacenza le ragazze velate erano da una parte, i maschi dall'altra; il ruolo femminile nel mondo islamico è spesso nel mirino: «Bisogna distinguere tra la religione e il retaggio culturale tradizionale - precisa Bouzekri -. L'Islam non limita la donna anzi la pone a un livello pari, se non superiore per alcuni aspetti, a quello dell'uomo. Anche in Italia le donne guadagnano meno degli uomini: c'è ancora tanto da fare indipendentemente dal credo».

IL «RECLUTAMENTO»  
L'associazione vuole crescere, è attivissima sui social, cura molto l'immagine e nel nuovo direttivo di Bouzekri c'è un consigliere incaricato del «reclutamento», cioè di avviare le nuove sedi, Mohamed Hamad. Come vi finanziate? «Ci sono le tessere dei soci, partecipiamo a bandi pubblici su particolari progetti e se necessario ci autotassiamo con l'aiuto delle famiglie. Finanziamenti esterni? Magari ne avessimo!» dice la neopresidente.
Che cosa desidera un ragazzo musulmano oggi in Italia? «Vorremmo non dover sempre dimostrare di essere davvero italiani, non dover ribadire a ogni strage che siamo contro gli attentati, che quella non è la nostra fede - risponde Nadia -. Credevamo che l'equazione islamismo e terrorismo fosse superata, invece sentiamo tanta diffidenza verso di noi. Il velo o i simboli islamici sono collegati ad aggressività, violenza o estremismo: niente di più sbagliato».
Bouzekri è nata in Italia ma ha ricevuto la cittadinanza solo alla maggiore età: «Quando ho aperto la lettera che mi chiedeva se sceglievo la nazionalità di questo Paese mi è venuto da sorridere perché io ero già profondamente italiana. Lo Stato deve fare un passo verso le seconde generazioni di immigrati. È assurdo che bambini nati qui debbano andare in questura per rinnovare il permesso di soggiorno».
Eppure negli altri Paesi europei dove l'immigrazione è cominciata prima che in Italia non sembra che l'integrazione sia un problema di cittadinanza: «No, è vero non basta - concorda Bouzekri -. Servono pari opportunità reali: ho amiche che avevano concordato stage che poi si sono viste rifiutare al colloquio, quando le hanno viste con il velo. Il modello italiano, però, resta migliore di altri, qui non ci sono quartieri-ghetto. Ma lo Stato deve stringere un'intesa con l'Islam riconoscendo i luoghi di culto: così ci saranno spazi di preghiera trasparenti. La lezione belga e francese ci insegna che i terroristi non frequentano centri islamici, hanno una visione distorta della religione, costruita su Internet».
Lei, single con la passione per la fotografia e per Marrakech (città della famiglia), ha le idee chiare: «Studio per la laurea magistrale a Reggio Emilia e in futuro mi vedo una manager. Desidero essere utile alla società. La politica? Mi interessa se è servizio alla comunità. Ma non di professione: voglio un'occupazione vera».
Barbara Cottavoz

(La Stampa 18 maggio)