giovedì 5 maggio 2016

Raniero La Valle – Corrado Augias
Non si può dubitare che Aldo Moro fosse laico. Ma nel suo discorso alla Costituente del 13 marzo 1947, convenendo con l'on. Togliatti che la Costituzione non dovesse essere ideologica, aggiungeva che costruire un nuovo Stato non voleva dire solo architettarne l'organizzazione, ma "prendere posizione intorno ad alcuni punti fondamentali inerenti alla concezione dell'uomo e del mondo"; per questo non si poteva fare una Costituzione "afascista", come voleva l'on. Lucifero, ma, mettendo insieme i primi tre articoli, occorreva fare la Costituzione di uno Stato che, posto a fondamento il lavoro, "avesse come fine supremo la dignità, la libertà, l'autonomia della persona umana". Perché dunque qualche suo lettore non tollera che dei "cattolici del No", senza parlare che per sé e senza voler imporre la propria visione a nessuno, motivino anche con la loro fede la propria contrarietà alla rottamazione del nostro ordinamento costituzionale (ben oltre il Senato)? Forse la fede è diventata così pericolosa per il potere nel tempo di papa Francesco, ed essere "laici" significa nascondersi "come cristiani" nella vita pubblica? Ma il papa a Lesbo, a propugnare una tutt'altra politica europea, c'è andato come un vescovo cristiano, o come un profugo argentino?
Con i più cordiali saluti
Raniero La Valle – Roma

Impeccabile il discorso di Raniero La Valle che ha testimoniato  lungo tutto il corso della vita professionale che cosa voglia dire e come si possano conciliare una fede profonda e un impegno progressista altrettanto profondo nelle istituzioni, nel giornalismo, nelle organizzazioni cattoliche. Perché dopo questo doveroso e sincero riconoscimento continuo a ritenere inopportuno che alcuni cattolici si siano espressi "per il no al referendum" (di ottobre) appunto in quanto cattolici? Non per una questione di principio men che meno per il fatto che essere laici significhi doversi nascondere "come cristiani". Ci mancherebbe altro, non voglio nemmeno parlarne. La ragione è più semplice e meno nobile; ha a che fare con l'opportunità di simili esternazioni che richiamano molti sgradevoli precedenti. Per esempio gli abusi che in nome della fede sono stati commessi, in alcune occasioni imposti, alla vita pubblica del nostro Paese. Niente a che vedere né con Moro né con Togliatti e nemmeno con il marchese Falcone Lucifero. Molto invece a che vedere con le pressioni direttamente politiche esercitate dalle gerarchie sugli uomini delle istituzioni. Il termine "gerarchie" comprende sia chiaro gli stessi pontefici romani intervenuti personalmente in più di un'occasione. Visto che La Valle ha menzionato lo Statista De Gasperi, ricordo che negli anni '50 uno dei primi incidenti si ebbe proprio tra il leader democristiano e Pio XII che temeva un'avanzata delle sinistre a Roma. De Gasperi resistette alle pressioni e papa Pacelli se la legò al dito con un episodio rimasto famoso. Più di recente pressioni ed abusi hanno riguardato sia materie vili come il pagamento delle dovute tasse sugli immobili, sia più elevati temi di coscienza, per esempio in occasione di importanti referendum, dal divorzio alla procreazione assistita. Nel clima di rinnovata spiritualità portato da Francesco ritengo auspicabile maggiore prudenza, e discrezione.
Corrado Augias
(La Repubblica 1 maggio)