Dio
è un instancabile seminatore che getta il seme della sua Parola nei
diversi terreni della nostra vita anche nei tempi meno opportuni.
Signore
non ti stanchi mai di noi. Continui a parlarci, a chiamarci per nome,
a seminare i semi del tuo regno nelle nostre vite.
Ti
muove una fiducia instancabile che dimentica i tanti fallimenti, gli
appuntamenti mancati. Perché continui a cercarci? Che cosa ti spinge
verso di noi? Che cosa hai visto in noi che i nostri occhi miopi non
hanno colto?
Ascoltate!
Ci inviti ad ascoltare. Proprio
come hai invitato il tuo
popolo prima di noi. Ascolta, Israele! (Deut. 6). Ascoltare....
questo semplice atto non è affatto semplice. Per ascoltare ci vuole
silenzio, e le nostre vite, invece, sono troppo chiassose. Siamo
sempre connessi: Internet, Whatsapp, Facebook. Quanta distrazione
Signore.
Forse
dovresti aggiornare le tue capacità comunicative, aprire un blog,
chiederci l'amicizia in rete... Non sarebbe inopportuno rivolgerti a
un consulente del settore. Una buona campagna pubblicitaria
catturerebbe la nostra attenzione. Oppure che ne dici di un numero
verde? Una linea gratuita per poter parlare con te, quando ne abbiamo
voglia, ovviamente!
Dove
incontrarci allora per ascoltarti? Ti proporrei di vederci in un bar
e di mangiare insieme un panino; ma anche lì sarebbe difficile
parlare con la musica dei videoclip.
Si chiama inquinamento acustico, mio caro! E' uno dei tanti frutti
della nostra civiltà. E allora? Fuggire, trovare rifugio in un luogo
deserto per poterti incontrare? Qualcuno
di noi l'ha fatto. In quella pace, in quel silenzio, la tua parola
l'ha raggiunto. E il terreno roccioso ha prodotto germogli, fragili
piante che sembravano annunciare la primavera dell'anima. Ma poi,
lasciate le zone protette della
fede, tornati a casa, alla quotidianità, quei germogli sono stati
bruciati dall'aridità spirituale dei nostri vissuti. Calpestati
dalle corse frenetiche di ogni giorno. Forse non serve cercarti nei
luoghi deserti, nei santuari, nelle chiese. E' più facile trovarti
tra la folla. E' tra la gente comune che ci chiami, Dio quotidiano,
Dio dei giorni feriali, Dio ordinario.
Ma
nel quotidiano come facciamo a fare silenzio, ad ascoltarti? Come
facciamo a fermarci, a renderci una pausa per noi, per te, per me,
per dialogare da amici proprio come Mosè che parlava con te?
Tra
le tante parole, cerchiamo di distinguere la tua Parola, quella
parola significativa che ha infiammato i cuori dei discepoli; quella
parola di vita per cui generazioni prima di noi si sono giocate
tutto; quella parola antica, eppure così attuale quando incontra i
nostri vissuti, quando si radica nei nostri terreni precari; quella
parola che, quando penetra, produce frutto in abbondanza e ti fa
dimenticare tutti i fallimenti precedenti.
Non
è solo questione di volontà, Signore, se non riusciamo ad
ascoltarti. Tu lo sai. Forse non abbiamo fatto i conti col fatto che
l'ascolto non è solo frutto di buona volontà, a volte avviene in un
contesto arido, come la strada, dove non c'è la condizione fisica
perché il seme della parola attecchisca. E anche se ci fosse, ecco
che qualcuno ce la porta via....e se ne ciba. E così quella stessa
parola diventa cibo geneticamente modificato, usata per sfamare altri
tipi di fame: fame di dominio, di guerra, di scontro di civiltà.
A
volte abbiamo la fortuna di vedere questa parola mettere radici nelle
nostre vite. La cura dei nostri genitori nel trasmettercela,
l'attenzione delle nostre chiese nell'annunciarla: tutto questo non è
rimasto senza frutto. Ma poi dobbiamo fare i conti con la questione
spinosa delle preoccupazioni.
E
qui c'è una crisi che invece di affrontare alla luce della Parola
diventa alternativa alla Parola. Bella la parola da ascoltare la
domenica, ma il lunedì ritornano le preoccupazioni.
Come
far radicare questa parola nei terreni spinosi della vita per non
ridurla a parola di consolazione a buon mercato?
Sono
domande che ci accompagnano per tutta la vita. Ed è forse dietro
queste domande che tu scorgi la nostra fedeltà. Ci sentiamo
incoerenti, incostanti, infruttuosi.
Ma
tu non ti stanchi mai di seminare, e getti il seme della tua parola
non solo nei diversi terreni delle nostre vite, ma anche nei tempi
meno opportuni.
La
tua parola è esigente: ci inviti a portare frutti persino fuori
stagione, come nell'episodio del fico (Marco 11). Ci chiami
all'ascolto di continuo, in ogni stagione della nostra vita, nei
tempi ordinari e in quelli festivi. Ci sostiene la tua immagine di
instancabile seminatore che semina in ogni tempo, in ogni luogo.
Siamo abitati dalla tua grazia. Dalla tua volontà di non lasciarci
andare. E' questa grazia che ci fa confidare che la parola attecchirà
nelle nostre vite.
Lidia
Maggi