mercoledì 27 luglio 2016

La realtà e la nostra percezione

Mi scrive da Firenze una donna che vuole restare anonima. Tra le altre numerose vicende di cui mi parla, compie un'osservazione che la addolora e che cito con enorme rispetto: "In questi giorni di fine luglio e di inizio d'agosto, quando le giornate si allungano a dismisura, io soffro ancora di più la massiccia presenza del male e l'assenza di ogni bene… Mi chiudo e mi avvolgo nella tristezza…".
Vedo il timbro del 19 luglio. Cara A. B., le giornate in questi giorni si abbreviano moltissimo, perdono almeno tre minuti di solarità ogni giorno. Non faccio il meteorologo o simile, ma annoto questa divergenza tra la realtà e la sua percezione. A livello climatico tale divario è irrilevante, ma sono partito da questo particolare per segnalare che spesso tra la realtà e la nostra percezione esiste una distanza davvero notevole, di cui diventiamo difficilmente consapevoli.
Ci sono cristiani che leggono il Vangelo con una cultura medioevale perché non sono mai usciti da una cultura catechistica del paradigma antico. Quando si trovano davanti alle coppie di fatto, gridano al peccato, alla rovina della famiglia.
Così ci sono dei cittadini che, davanti alla dilagante corruzione, pensano che "sono tutti uguali" e commettono un errore che porta al qualunquismo. Voglio dire che è molto difficile farci un'idea, una rappresentazione della realtà che non sia la semplice proiezione del nostro passato o la espressione dei nostri desideri. Il rischio è di vivere manghi sintonizzati con la realtà, con le sue mille facce, i suoi continui cambiamenti. Dire sintonizzati non significa rassegnati, ma vitalmente e creativamente inseriti. Addirittura facciamo fatica, nel trascorrere degli anni, a maturare una onesta e pacifica percezione dei nostri limiti e delle nostre possibilità.
In ogni caso ogni percezione, come ogni interpretazione della realtà, resta segnata dalla nostra parzialità e ciò rende più simile ognuno di noi.
Giungo al punto: è proprio vero che esiste solo la massiccia presenza del male e l'assenza di ogni bene?
Certo, i mezzi di comunicazione registrano e diffondono con prevalenza la cronaca nera, il negativo che esiste: eccome! Ma chi ci aiuta a saper cercare le buone notizie, a vedere le persone che ci aiutano, le mille forme e presenze di volontariato, le tante persone che gratuitamente ascoltano, visitano, sostengono? Chi ci aiuta a vedere chi accoglie emigranti, chi lavora nei centri di aiuto alle donne? Chi ci insegna a vedere che non è affatto tutto marcio anche nelle istituzioni, nelle chiese, nelle comunità, nelle associazioni? Per vedere il buono, la strada migliore e collegarsi coinvolgersi, fare la nostra piccola parte… Anche qualche tempo dedicato alla preghiera alimenta in noi una fiducia che ci aiuta a vedere bene in noi e attorno a noi, se non rimaniamo inchiodati tutto il giorno alla televisione e al vortice della retorica.
Forse il fatto che le città siano più vuote, gli amici e parenti in ferie e che il chiasso è aumentato, tutto concorre talvolta a colorare di nero le nostre giornate.
Ma io credo che, nelle mille notti del nostro tempo, sia quanto mai importante imparare l'arte di calamitare il positivo, di concentrare le energie su quel poco di bene che ognuno di noi può fare e trovare spazi di volontariato, secondo le nostre possibilità. E poi, cara amica, a Firenze esiste una comunità cristiana molto attiva al quartiere Le Piagge dove opera don Alessandro Santoro.
Leggendo la sua lettera, ho percepito che lei ha vissuto un'esistenza intensa e costruttiva. Non dimentichi quanto ha ricevuto e dato negli anni della sua lunga esistenza. I buoni ricordi sono energie per il presente e il futuro. E Dio le farà compagnia, anche se non è il parafulmine che ci mette al riparo da ogni sofferenza. Un po' di tristezza ci riconcilia con la nostra umanità.
Con un abbraccio

don Franco