martedì 27 settembre 2016

ANCHE LEI TUTTA DA RISCOPRIRE

Finalmente una vera donna con un corpo, una sessualità, una fede, un'esistenza in cui, tra l'altro, Dio le fece dono di un figlio "pazzo di Jahvè",  un profeta. Che "tormento" per dei genitori avere in casa un figlio o una figlia pieni di spirito profetico!

Sono quei doni di Dio che lasceresti volentieri ad altri... Questa "ricostruzione" rende molto più viva e stimolante per la mia fede la figura di Maria. Anche le leggende evangeliche della nascita di Gesù (Luca 1-2 e Matteo 1-2) sono leggibili come penetranti e luminosi commenti teologici per farci capire, con l'artificio del meraviglioso leggendario, la grande missione che Dio affidò a Gesù e come Maria fu la donna che Dio scelse per quest'opera. Nulla, proprio nulla impedisce di credere che Maria e Giuseppe siano i veri genitori di Gesù. Mi piace tanto citare una bella pagina della teologa cattolica Uta Ranke Heinemann: "Originariamente però, il cristianesimo non conosceva l'idea della verginità di Maria. La vergine Maria ha fatto ingresso nell'edificio della fede cristiana passando, per così dire, per vie traverse, vale a dire attraverso i pagani e i cristiani di origine pagana. Nell'ambito dell'ebraismo non si trova nessuna delle immagini descritte sopra: idee del genere rimasero estranee all'ebraismo e ai primi cristiani di origine ebrea: I cristiani di origine ebrea non credevano a un concepimento verginale (vedi il capitolo "Le fiabe degli atti degli apostoli".
In tutti i miti di redenzione le vergini hanno sempre giocato un ruolo particolare: come espressione e simbolo di un nuovo e puro inizio di un mondo nuovo e migliore. L'origine dell'idea che vergini partoriscono redentori divini si perde nella notte dei tempi. "I1 fanciullo redentore appare ovunque come figlio di una vergine" (Gerhard Kittel, Theologisches Woerterbuch zum Neuen Testament, vol. V, 1954, pag. 828, n. 21; trad. it: Grande lessico del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia, vol. IX, 1974, col. 760, n. 21).
Il cardinale Joseph Ratzinger scrive a questo proposito: "II mito della nascita miracolosa del bambino redentore è in effetti diffuso in tutto il mondo". (Uta Ranke -Heinemann, Così non sia. Introduzione al dubbio di fede, Rizzoli, 1993, Milano).
Spero che  al lettore dentro questi accenni di un percorso, non sfuggano alcuni dati essenziali. La mia non è stata una ricerca solitaria. Tutta questa elaborazione è reperibile in mille opere teologiche di persone che non sono come me "l'ultima ruota del carro", ma teologi quotati e collaudati. Oggi insigni teologi ed esegeti parlano e scrivono in questa direzione. Pensi all'opera di Tissa Balasuriya presentata da padre Tolmino Mazzinelli.
Ma c'è dell'altro. Sono le donne della mia comunità che mi hanno offerto gli stimoli più preziosi. Questa figura incontaminata, asessuata, tutta costruita a colpi di privilegi, è diventata loro progressivamente sempre più estranea in una chiesa che, sollevando una di loro, può permettersi di coltivare una strutturale emarginazione ed un costante "deprezzamento" delle donne, come è evidente. Nella mia comunità (e in molte altre realtà ecclesiali) le donne, quando hanno "disfatto" la statua di gesso di questa Maria immacolata, sempre vergine, assunta in cielo... si sono innamorate di lei. Ho sentito il cuore e le parole di molte donne prese da una profonda gioia, da una coinvolgente passione. Maria è grande proprio nella sua vita quotidiana. I dorati manti dogmatici del privilegio avevano eclissato la donna ebrea piena di fede, di forza, di amore. Su questo punto le parole, i commenti e gli scritti delle donne hanno fornito un contributo essenziale. Quanto ho imparato da queste puntuali, concrete, profonde riflessioni di molte donne ricche di fede e di quella "saggezza" che esse spesso ci sanno comunicare con semplicità, senza il devastante lusso di evadere dalla realtà.
Ma tutta la mia comunità ama molto Maria di Nazareth, non la "Madonna".

Franco Barbero, in L'Ultima ruota del carro, 2010