lunedì 21 novembre 2016

IL DLALOGO

«I grandi mass-media sono per la guerra», scrive deciso il direttore de Il dialogo (www.ildialogo.org) Giovanni Sarubbi in un editoriale pubblicato online il 25 settembre scorso. Del resto, spiega, «una politica di pace non rientra nei loro piani editoriali. La pace non attira investimenti pubblicitari, la guerra sì. E la pubblicità è in effetti una forma di guerra, la più subdola e meschina perché colpisce innanzitutto i bambini e li usa anche per ottenere persone schiave di un determinato prodotto». La prova di questa affermazione, continua Sarubbi, si trova sui quotidiani del 21 settembre scorso, il giorno successivo alla conclusione dell'incontro interreligioso di Assisi. «Alla fine dell'incontro è stato approvato un Appello alla pace dove si dicono parole inequivocabili contro la guerra, contro la dottrina demoniaca della "guerra di religione", contro le industrie di armamenti». Eppure, «solo due quotidiani hanno riportato sulla loro prima pagina ciò che era successo ad Assisi e sono il quotidiano Avvenire (che è il quotidiano della CEI, Conferenza episcopale italiana), e il quotidiano comunista il manifesto. Tutti gli altri hanno ignorato la notizia, come se ad Assisi non fosse successo nulla». «La guerra è un business e l'Italia vi partecipa alla grande. Siamo il terzo Paese esportatore di armi cosiddette leggere al mondo. Dovunque ci sia una guerra, potete essere sicuri, c'è un'arma "made in Italy"».
(Adista 8 ottobre)