sabato 10 dicembre 2016

DALLA LEGGENDA ALLA REALTA' POETICAMENTE DESCRITTA

La nascita di Gesù di Nazareth
Maria si voltò adagio sulla stuoia: non voleva svegliare Giuseppe. Lo sentiva dormire accanto a sé, con quel respiro profondo e regolare che le infondeva un senso di calma dolcezza. Dalla porta aperta, appena schermata dalla tenda, entrava il profumo della notte, una brezza tiepida. Maria desiderò esser fuori, a guardare le stelle, a respirare il fresco della notte.
Si alzò, silenziosa come un'ombra, fu fuori, nel piccolo cortile bagnato dalla luce della luna. Sedette sulla pietra levigata, accanto alla porta. Si cinse con le braccia le ginocchia e vi appoggio il capo. Che pace, lì fuori! Ascoltava i piccoli rumori che ricamano il silenzio: lo scricchiolio di un ramo, una folata di vento tra gli uliti, un grillo insonne.
Una quiete profonda era entrata in lei e, in mezzo a quel lago di quiete, una pozza di felicità. Felice, era. Perché?
Ripassò la sua giornata, i suoi lavori di giovane mamma, la cura del piccolo Giacomo, i preparativi sobri dei pasti. Dalla bottega accanto arrivava lo stridio della sega maneggiata da Giuseppe, i colpi di martello e il profumo del legno. A cena, Giuseppe aveva dei trucioli tra i capelli ricciuti e Giacomo gli si era arrampicato in grembo, a toglierli ad uno ad uno. Mentre ripuliva il tavolo, Maria aveva ripensato alla sua breve vita di sposa, a quel matrimonio combinato da suo padre, a come aveva temuto Giuseppe e il suo potere di uomo e di marito, a come, per farsi coraggio, avesse pensato che bastava avere pazienza come ogni donna.
Quanti anni erano passati? Due? Tre? Erano stati anni buoni: Giuseppe era stato dolce con lei, inaspettatamente tenero e la sua tenerezza non si era spenta con il passare dei giorni. Anzi... Amava parlare con lei, giocava con il loro bambino, a volte le leggeva dei brani dei Libri sacri, e ne parlavano insieme e lui la incoraggiava. “Non so nulla di queste cose... diceva Maria all'inizio sono una donna...” Ma Giuseppe sorrideva:
“Fammi sentire cosa pensa una donna: voglio impararlo...”. E piano piano Maria gli aveva aperto l'anima. Giuseppe non era più per lei solo il capo della casa, lo sposo a cui si deve obbedienza: era diventato il suo amico, il suo compagno di parole, di preghiere, di giochi.
Quella notte le aveva fatto una domanda che mai nessuno le aveva posto: “Come vorresti la tua vita? Come la sogni?”.
Si era smarrita; non era tutto già stabilito e chiaro? Era una moglie. Una mamma.
Avrebbe avuto altri figli, se Dio lo voleva.
Sarebbe invecchiata con Giuseppe. Lo avrebbe accudito. E infine sarebbe morta, come tutti.
Che altro? “Racconti una vita che sembra triste. Monotona.” aveva obiettato Giuseppe e un'improvvisa voglia di pianto aveva punto Maria.
“Che altro potrei fare?”, aveva chiesto con ansia.
Giuseppe la guardava con occhi saggi, pensosi: “Questa stessa vita che hai detto – aveva sussurrato quasi a se stesso – questa stessa vita diventa meravigliosa, se la condisci con l'amore...”.
“Amore per Dio?”, aveva chiesto Maria.
“Per tutto. Per tutti. Perché Dio è amore e, quando ami qualcuno o qualcosa, Dio è lì vicino a te, io credo”.
Il cuore di Maria aveva tremato. “Io desidero così tanto dare amore:::” aveva confessato e lo scopriva lei stessa per la prima volta, si erano abbracciati a lungo, in silenzio. In silenzio avevano fatto l'amore, con una dolcezza, uno struggimento, un abbandono quale mai Maria aveva provato. Le pareva di conoscere  realmente Giuseppe per la prima volta.
“Vorrei che questa notte tu mi avessi dato un figlio...”, gli aveva bisbigliato.
“Forse Dio ci farà questo regalo... E come se fossimo alla sua ombra, non trovi? Come se Lui fosse qui vicino e ci benedisse...”.
Giuseppe era scivolato nel sonno. Lei no. Ora se ne stava lì, nel cortiletto bagnato di luna, nell'incanto della notte. La speranza che dall'amore di quella sera nascesse un figlio, un figlio speciale, pieno di amore come si sentiva lei, stava diventando una quieta certezza. Maria alzò gli occhi verso il cielo stellato. “La mia anima è piena di gioia e di amore. Ti ringrazio, mio Dio! - bisbigliò commossa – tienimi ancora nella Tua ombra...”.
E restò lì fuori ancora un poco, a contemplare il lento moto della luna, in un turbamento pieno di dolcezza.
  Anna Maria Bermond