venerdì 17 febbraio 2017

Ancora “per fede”

Tutto oggi ci porta a concentrarci su di noi, sui nostri problemi, sulle angosce del mondo, oppure a "imprigionarci" nei nostri affari, nei nostri progetti, nei nostri cammini.

L'originalità ebraico-cristiana, il tratto irrinunciabile della nostra fede ci dice che noi siamo la creatura che cresce se ci aggrappiamo alle mammelle di Dio, se ci nutriamo del latte della Sua Parola, se ci mettiamo in relazione con Lui, sorgente di vita. Anzi, se ci lasciamo "invadere" dall'amore di Dio, diventiamo noi stessi "sorgivi" per altri, come è detto di Gerusalemme. Davvero tempi travagliati quelli del dopo esilio! La voce profetica non vuole semplificare i problemi:25 vuole piuttosto indicare il "luogo" da cui attingere le energie per affrontarli: "Rallegratevi con Gerusalemme, esultate in essa quanti la amate... Così succhierete e vi sazierete alle mammelle delle sue consolazioni; popperete, ristorandovi, alle sue mammelle turgide. Poichè così dice l'Eterno: ...come una madre consola il figlio così io consolerò voi a Gerusalemme. Voi vedrete e il vostro cuore gioirà, le vostre ossa riprenderanno vigore come erba fresca" (Isaia 66,10-14).

Non facciamoci illusioni sui decantati "cammini interiori" oggi tanto di moda. Io "tiro" fuori dalla mia interiorità solo le acque profonde che mi sono state donate da Dio. La preghiera, come appello a Dio, è la grande e radicale via d'uscita dalla prigionia dell'io. Se noi ci fidiamo di Dio non otterremo la "miracolosa" liberazione dai mali che minacciano la nostra vita personale, collettiva e sociale, ma sapremo a chi far riferimento per poggiare la nostra esistenza e non dimenticheremo che "Dio solleva il popolo oppresso su ali d'aquila" (Esodo 19,4) e lo porta in braccio.

2001 Franco Barbero