venerdì 17 febbraio 2017

La diocesi di Padova prima "porcellona" e adesso molto stanca

È dalla fine degli anni Novanta che la diocesi di Padova si impegna per accreditarsi come la più "porcellona" d'Italia. A scadenza regolare, ogni due anni circa, dai preti patavini giungono notizie di malesseri, comportamenti stravaganti e avventure boccaccesche. I protagonisti appartengono tutti a una generazione cresciuta negli anni Novanta, quando (si può leggere in Rete) i "formatori" teorizzavano (a vantaggio dei secondi) una netta distinzione tra seminaristi che "avevano la volontà» di diventare preti e seminaristi che ne "avevano la personalità». Grazie a queste fumisterie socio-psicologiche il seminario ha prodotto una serie di chierici in caduta libera presenti sulle cronache poco edificanti di questi ultimi quindici anni. Ed è un peccato perché il seminario di Padova è stato a lungo uno dei vanti della Chiesa italiana, fonte di studi da parte di Sabino Acquaviva, fondatore della facoltà di Sociologia presso l'Università della città, lume indiscusso dei cambiamenti che, mano a mano, avvenivano nell'humus profondo delle terre del Nordest, una delle regioni culturalmente a più forte struttura cattolica.
E da questa scuola è nata una  recente ricerca sul clero della diocesi che, a fronte di un milione e mezzo di abitanti, conta 730 preti operanti sul territorio. Gli autori, tre sacerdoti, hanno intervistato 400 confratelli: quattro su dieci dichiarano di «essere in crisi», altri due di trovarsi in «stato di forte disagio». In sintesi sei preti su dieci dicono di trovarsi in condizione di burn-out. Il termine, in psichiatria, viene tradotto come "sindrome da stress lavorativo", caratterizzata da irrequietezza, apatia, depersonalizzazione e senso di frustrazione, frequente nelle professioni a elevata implicazione relazionale.
La ricerca individua gli esausti tra i più giovani (i viceparroci) e tra chi ha una ventina d'anni di sacerdozio alle spalle, quindi i 45-50enni. Ma cosa li porta a logorarsi a tal punto? Spersonalizzazione, esaurimento emotivo, scarsa efficacia personale, tensioni interpersonali che si innestano in una realtà dove, secondo un intervistato, «c'è poca solidarietà tra preti, usati per un progetto che non si conosce».
Commenta don Giorgio Ronzoni, uno dei ricercatori: «Nelle organizzazioni aziendali si parla di vision e di mission, due termini che hanno un'origine biblica ma che non sono conosciuti in ambito ecclesiale. Nonostante tutta la riflessione teologica, a livello di condivisione non c'è una chiara percezione della mission nel territorio e della vision sul futuro prossimo». Restano solo gli errori del passato, in seminario.
Filippo Di Giacomo

(Il Venerdì 10 febbraio)