martedì 28 febbraio 2017

LO SDEGNO DI TOLSTOJ DAVANTI ALLA MISERIA

L'arresto di alcuni mendicanti lo sconvolse. Protestò. Gli dissero che una legge vietava chiedere l'elemosina per strada. Vagò per dormitori pubblici per capire cosa volesse dire essere poveri. La contemplazione quotidiana di una miseria senza remissione produsse in lui una profonda crisi di coscienza. Era ricco. Nobile. Aveva sempre vissuto da privilegiato. «Quando nel 1881 mi trasferii a Mosca restai colpito dalla diffusa povertà urbana...». Allora il conte Lev NicolaevicTolstoj era già il celebrate autore di Guerra e Pace e di Anna Karenina. A modo suo una autorità morale. Si dedicherà a incontrare i moscoviti disperati. Pensava di avviare una grande opera caritatevole. Con l'illusione di modificare quella inaccettabile condizione in cui tanti essere umani erano costretti a trascinare la loro esistenza. Girava per la città dispensando inutilmente elemosine. «Durante la fallimentare esperienza di aiuto ai poveri vedevo me stesso come uno che voglia tirar fuori qualcun altro da una palude... Mi mancavano le idee sulla causa di tutto ciò...». Cercando di capire il senso della tragedia, tra il 1882 e il 1886, scrive Che fare, dunque? con cui, di fronte allo scandalo della povertà, espone le sue amare riflessioni sulla responsabilità dei ricchi e della politica. Denuncia lo stato di violenza, la fame, il dolore dove sono costretti i poveri di tutti i continenti. Quando Tolstoj vagheggiava di cancellare la povertà nel mondo, esisteva già un altro Che fare?: scritto da Cernysevskij tra il 1862 e il 1863 in carcere nella fortezza di Pietro e Paolo, a San Pietroburgo. Quando questo Che fare? fu pubblicato venne immediatamente sequestrato. Ristampato, venne diffuso solo attraverso copie clandestine. Ma non si sminuì la portata dell'opera e il grande influsso che, come quella di Tolstoj, ebbe su diverse generazioni di giovani rivoluzionari. Un terzo Che fare? fu pubblicato nel 1902. Scritto da Lenin. Pur elogiando la denuncia di Tolstoj, non ne condivise il substrato spirituale, apprezzato invece dal giovane Gandhi. Mai opera come quella di Tolstoj è stata "riesumata" al tempo giusto: il nostro, un mondo globalizzato caratterizzato da ingiustizie e drammi, in cui non ci si chiede che fare. In attesa di un prossimo Che fare?...

*Lev Nicolaevic Tolstoj, Che fare, dunque?, Fazi, pp. 246, euro 20, traduzione di Flavia Sigona
Giuseppe Marcenaro


(Repubblica 17 febbraio)