lunedì 27 febbraio 2017

Quando la realtà è più avanti delle nostre leggi

Dino se n'è andato via addormentandosi, esattamente come aveva chiesto. Malato di Sla da cinque anni, ha rifiutato ogni trattamento, compresa la nutrizione artificiale, e ha domandato che gli venisse somministrata la sedazione profonda. Mentre alla Camera dei deputati il progetto di legge sulle direttive anticipate e il testamento biologico arranca in Commissione, sommerso da centinaia di emendamenti ostruzionistici, la realtà va quindi avanti da sola. Grazie all'ostinazione di alcuni eroi solitari e di tutti quei medici che, vedendo, toccando, sentendo e vivendo quotidianamente la sofferenza, sanno bene che la dignità umana la si rispetta giorno dopo giorno prendendo sul serio la volontà dei pazienti. Anche semplicemente perché non serve a nulla invocare astrattamente il "principio di dignità" quando poi, di fronte all'agonia di chi è in fin di vita, si resta sordi e ciechi.
Ma allora perché il Parlamento non si muove? Perché lasciare alla buona (o cattiva) volontà dei singoli la responsabilità di decidere quando (e se) dar seguito alle scelte dei malati? Non è compito del legislatore dare forma giuridica certa e vincolante al diritto per ognuno di noi di morire con dignità e senza dolore, sedati e accompagnati fino alla fine?
Qualcuno potrebbe obiettare che, quando si toccano temi etici, la legge non dovrebbe intervenire. Ma qui nessuno obbliga nessuno a rinunciare alla propria morale. Qui si tratta solo di permettere a ognuno di noi di vivere e morire in base ai propri valori, senza che qualcun altro decida al posto nostro ciò che è giusto o sbagliato. Si tratta solo di rispettare la volontà di ognuno affinché le nostre scelte e la nostra volontà siano "uguali" di fronte 'alla legge, e non dipendano dalla discrezionalità dei medici.
Michela Marzano

(la Repubblica 15 febbraio)