mercoledì 22 febbraio 2017

SUL LETTINO DELLO PSICANALISTA

 di MASSIMO RECALCATI
Nelle letture politiche della scissione in corso nel Pd il coro sembra essere giustamente unanime: la scissione è il frutto di una irresponsabilità che coinvolge entrambi i contendenti. Con una penale per chi — Matteo Renzi — avrebbe avuto più mezzi per provare ad arrestarne il decorso. È indubbio che chi col cuore e con la ragione guarda a sinistra non può che sentirsi angosciato e smarrito. Gli psicoanalisti nel loro lavoro quotidiano si occupano continuamente di separazioni e, dunque, conoscono bene il dramma che le accompagna. Scompaginamento, incertezza per il futuro, trauma della perdita, vacillamento della propria identità, rottura col proprio passato. Ma la scissione del Pd non ha il carattere improvviso del trauma, quanto piuttosto, come spesso accade nelle separazioni della vita individuale e di quella collettiva, quello di un lento logoramento che non è stato trattato nei tempi giusti.
La scissione in corso non è il prodotto di una frattura violenta, ma di un processo che ha origini lontane legate addirittura, per alcuni, all'atto stesso di fondazione del partito diviso in due anime tra loro culturalmente inconciliabili: quella cattolica sociale e quella socialista-comunista. Secondo Massimo Cacciari questo sarebbe stato il peccato originale del Pd: esigere una convivenza forzata tra elementi troppo eterogenei per stare insieme. È la sentenza del partito nato già morto che risuonerebbe oggi come una profezia avveratasi.
In realtà la psicoanalisi insegna a leggere il dramma della separazione anche da tutt'altra prospettiva. Per esempio, quella dell'impossibilità della separazione. Questo vale per i legami familiari, quelli amorosi e anche quelli gruppali e istituzionali. In molti casi restare insieme, non separarsi, è il vero problema che può ostacolare un progetto di crescita e di autonomia. Il legame che si è leso, che ha perso forza generativa, si trasforma allora in un laccio mortale. Io credo, come molti elettori del Pd, che anche la separazione in corso può non essere solo una sciagura, una maledizione da tamponare ad ogni costo, ma diventare un'occasione (certamente dolorosa e angosciante) per ritrovare le ragioni di una convivenza possibile e non avvelenata da continue aggressioni intestine. Se per un verso l'azione politica degna di questo nome mira sempre alla mediazione tra le parti, essa dà prova di maturità anche quando deve prendere atto di una differenza che è divenuta insormontabile.
Laddove l'opera di mediazione (che entrambi i fronti rivendicano, in questo caso specifico, di avere esercitato) incontra una barriera, un limite invalicabile, cosa resta da fare? È un punto di impasse che riguarda la nostra vita in generale. Se in un legame storicamente fondamentale non si trovano più le ragioni della sua esistenza, o, meglio, se la sua esistenza appare contaminata da continue tensioni, da odi reciproci, da mancanza di fiducia, da accuse ripetute, da infinite rivendicazioni, cosa resta da fare? La scissione non era già manifesta nel tempo della campagna referendaria dove, per la prima volta all'interno del Pd, si organizzavano comitati militanti a sostegno dello schieramento avverso a quello della maggioranza del partito e del suo segretario? È mai accaduto qualcosa del genere nella storia della sinistra?
 Quando un legame affettivo o istituzionale si spezza, quando una sua parte si perde irreversibilmente, è sempre una sconfitta. La pulsione di morte — che è una pulsione autodistruttiva — prevale su quella di vita, che è una pulsione affermativa e aggregativa. Tuttavia, non si può non vedere come il prolungarsi di una convivenza forzata rischi anch'essa di alimentare una pulsione di morte altrettanto devastante. L'orizzonte del mondo allora si restringe sulle vicissitudini interne del legame. Anziché trasformare il mondo — come invitava a fare Marx — si resta paralizzati nella continua ruminazione su se stessi. È quello che ha distanziato la politica dal Paese reale. Non è forse questo uno dei mali maggiori che affligge il Pd da qualche tempo? Una scissione esterna si chiama separazione, mentre una scissione interna permanente si chiama schizofrenia.

( Da Repubblica di oggi 22 febbraio)