mercoledì 15 marzo 2017

Fatti e segni - Silenzio

A ricordo di Nanni Salio, ad un anno dalla morte, abbiamo piantato un tiglio, accanto al monumento a Gandhi, nei giardini Cavour di Torino. L'alberello sta crescendo, mette le gemme. Abbiamo fatto una mezz'ora di silenzio attorno a lui. L'albero è vivo, diritto e silenzioso, tra terra e cielo. Sente la terra che lo nutre, sente la luce e il vento, lo spirito dell'aria. Sente, vive, e tace. I morti cari ci mancano alla vista, ma forse di più all'orecchio. Tacciono. La loro assenza è il loro silenzio, perché quel che ci hanno dato lo abbiamo dentro, e lì non sono assenti. In noi riprendono la parola i ricordi, quando li esprimiamo, l'impegno ereditato, quando lo proseguiamo. Solo noi, nel mondo, aggiungiamo la parola alle cose. Gli animali tentano di dire ciò che sentono. Gli alberi tacciono, al massimo fanno risuonare il vento, danno suono al vento. Noi diamo voce al mondo. Anche la nostra voce è vento modulato, in mille toni e significati. Il mondo parla in noi. L'albero vive e tace. Forse, io lo spero, i morti tacciono e vivono. Noi taceremo, forse vivremo come la vita silenziosa della terra e dell'universo. Forse il nostro corpo disseminato sarà l'universo intero, silenzioso ma mobile e vibrante. E noi saremo il suo silenzio, il silenzio dell'immensa vita. Di più: anche Dio è silenzio. Meglio: è voce vicina al silenzio, come sa Elia sull'Oreb (1 Re, 19). Parla, sì, ma come il «sussurro di una brezza leggera», come «voce di silenzio sottile», e nessuno lo ha mai visto (Giovanni 1, 18; 1 Giovanni 4,12), ma agisce. È parola che non si impone, non irrompe nelle orecchie, ma chiede di essere ascoltata nel cuore.
Enrico Peyretti

(Rocca, 1 gennaio 2017)