venerdì 31 marzo 2017

L'ultima strategia dei grillini "Mai intese con la sinistra piuttosto trattiamo con Salvini"

ROMA. Se lo chiedi a Roberta Lombardi, la prima capogruppo dei 5 stelle alla Camera, colei che - in streaming - gelò le aperture di Pier Luigi Bersani del 2013 con un «Mi sembra di essere a Ballarò», ti risponde: «Se facessimo un'alleanza con lui e D'Alema, saremmo morti ancor prima di cominciare». Se ne parli con la senatrice Paola Taverna, che in questi anni al Pd in tutte le sue forme non le ha certo mandate a dire, ti dice chiaro: «Noi puntiamo davvero al 40 per cento. Altrimenti siamo fregati perché non facciamo alleanze. Detto questo, se Bersani vorrà davvero farci un'apertura, la farà al nostro programma. Quando lo presenteremo in Parlamento». Mentre Nicola Morra - sempre a Palazzo Madama - spiega; «Non mi fido assolutamente. Sia chiaro, io tutta questa gente non la voglio più vedere».
La strategia dei 5 stelle per le prossime elezioni non prevede neanche lontanamente un'alleanza a sinistra. «Bersani e D'Alema sono personaggi del passato, screditati», è il ragionamento sentito ieri alla Casaleggio Associati. «I nostri attivisti non capirebbero. E Gianroberto si rivolterebbe nella tomba».
Non aveva alcuna simpatia per il centrosinistra, il cofondatore del Movimento (che non per niente, quando si candidò in provincia di Torino, nel 2004, scelse una lista civica guidata da un politico di Forza Italia). E non aveva alcuna simpatia per il Pd, anche se - giorni fa - uno dei deputati che gli erano più vicini confidava: «Casaleggio pensava che il migliore di loro fosse Enrico Letta. E si è visto com'è andata». Quanto a Beppe Grillo, basti pensare a come si infuriò quando Roberto Fico - in un'intervista a Repubblica - disse: «Perché mai se servisse dovremmo allearci con la Lega? Allora perché non con Sel?». Apriti cielo. Fulmini e saette. Perfino una stilettata sul blog.
Chi ha parlato con i vertici non ha dubbi: «Mai alleanze a sinistra». E non si tratta solo di "sentimenti", ma di calcoli. «Le nostre proiezioni ci dicono che i voti che potrebbero mancarci realisticamente li potremmo ottenere solo dalla Lega e da Fratelli d'Italia». Meglio Matteo Salvini e Giorgia Meloni di Pier Luigi Bersani? «Non dico che vogliamo andare con Salvini, ma sì, è di certo meno screditato di quegli altri. E comunque, in questi anni, ha fatto opposizione come noi».
Dice Nicola Morra: «Sa di chi fu uno degli interventi più belli contro il Jobs Act? Di Walter Tocci. Che si dimise, ma dopo un po' e tornato a fare il bravo soldatino nel Pd. E contro la buona scuola? Della senatrice Dirindin, che fece un discorso devastante, poi però votò la fiducia. Queste persone usano la ragion di Stato di stampo machiavellico, quella per cui il fine giustifica qualsiasi mezzo. La vera apertura non ce la fanno loro, ma i milioni di elettori. dei vecchi partiti che si sono svegliati e votano il Movimento». «Sono dell'avviso - spiega Morra - che come abbiamo sempre detto, noi dobbiamo portare i punti del nostro programma, perché la Costituzione dice che è in aula che si formano le maggioranze».
Quanto alla prima avversaria di streaming di Bersani, Roberta Lombardi è convinta che 1'ex segretario pd «non abbia ancora capito come siamo fatti. Non lo aveva capito a1l'epoca e non l'ha capito ora. Se la sua proposta è sincera, deve spiegarci perché in questi anni non è stato disponibile su nessuna delle nostre proposte. Se è tatticismo per spaccare il fronte guidato dal Pd, non ha capito che noi di tatticismi non ne facciamo». E infine: «Il nostro profilo è quello di sempre. I temi sono quelli che abbiamo elencato in questi mesi. Se arriveremo primi, si spera che stavolta questo presidente dia a noi l'incarico. A quel punto, chi vota il nostro programma ne è corresponsabile. Non spartiamo poltrone. Noi pensiamo solo al Paese».
Annalisa Cuzzocrea

(la Repubblica 23 marzo)