SAPER
SCRIVERE VUOL DIRE SAPER PENSARE
“Rem
tene verba sequentur”, diceva Catone “Conosci l’argomento e le
parole verranno spontaneamente”.
E’ necessario possedere il contenuto della cosa che vuoi dire, per
poterla esprimere bene. Per arrivare a questo c’è un primo
livello di apprendimento, devi capire, approfondire, fare propria e
memorizzare una nozione. Dante scriveva “Non fa scienza – sanza
lo ritenere, aver inteso (Paradiso 5,41-42)”. Non c’è un vero
sapere se non c’è stata una comprensione profonda e una
memorizzazione successiva. Il bravo studente è attento e sembra
interessato, nell’interrogazione del giorno dopo dimostra che ha
ben appreso. Poi all’esame di maturità ti accorgi che non ha
assimilato e ripete poche nozioni imparate il giorno prima. C’è
stato una specie di processo di cancellazione. Quando eravamo alle
elementari i nostri maestri ci imponevano di imparare a memoria molte
poesie, ma anche le tabelline, le capitali, i fiumi e i monti e le
formule. E le preghiere. In ogni momento senza consultare un computer
potevamo attingere a questa memoria che ci aiutava, consolava,
rasserenava.
Ma
c’è un salto successivo importante:
non è sufficiente “possedere”
un argomento, ma bisogna saperlo esprimere in modo preciso e
corretto.
Lo scrivere un
pensiero non solo aiuta a comunicare in modo esatto, ti obbliga ad
organizzare i tuoi concetti spesso confusi, a fare chiarezza nelle
tue idee e sentimenti.
Lo sa bene chi tiene un diario o chi ancora,
scrive delle lettere; chiarisce il groviglio sempre molto labile dei
tuoi pensieri e sentimenti.
Nel
mito del Paradiso terrestre Adamo quando non aveva ancora mangiato il
frutto avvelenato della conoscenza del bene e del male, cominciò a
possedere il mondo e la realtà intorno a lui osservando gli animali
e le cose e dando loro un nome. Per questo fu benedetto da Dio. Don
Milani in Lettera a una professoressa
scrive “L’operaio conosce 100
parole,
il padrone 1000; per questo è lui il padrone”. La parola, la
conoscenza di un linguaggio appropriato, ti dà uno strumento
straordinario ed efficiente di libertà personale e di affermazione
sociale. Il cosiddetto analfabetismo di ritorno “l’ignoranza
diffusa” che lamentano i saccenti di turno, è cercata
consapevolmente attraverso la distrazione di massa della TV. Serve
per tenerci schiavi e sottomessi.
Lasciate
che i giovani scelgano gli indirizzi universitarie che desiderano
seguendo le loro passioni senza
preoccuparsi della spendibilità nel campo del lavoro. Devono
studiare prima di tutto per sé, per arricchire la propria anima
attraverso le parole sagge dei poeti, dei filosofi e degli artisti
del passato, che rischiano di essere cancellate nel fragore mediatico
della società.