lunedì 13 marzo 2017

LA SECONDA RIFLESSIONE DI BEPPE MANNI

SAPER SCRIVERE VUOL DIRE SAPER PENSARE
Rem tene verba sequentur”, diceva Catone “Conosci l’argomento e le parole verranno spontaneamente”. E’ necessario possedere il contenuto della cosa che vuoi dire, per poterla esprimere bene. Per arrivare a questo c’è un primo livello di apprendimento, devi capire, approfondire, fare propria e memorizzare una nozione. Dante scriveva “Non fa scienza – sanza lo ritenere, aver inteso (Paradiso 5,41-42)”. Non c’è un vero sapere se non c’è stata una comprensione profonda e una memorizzazione successiva. Il bravo studente è attento e sembra interessato, nell’interrogazione del giorno dopo dimostra che ha ben appreso. Poi all’esame di maturità ti accorgi che non ha assimilato e ripete poche nozioni imparate il giorno prima. C’è stato una specie di processo di cancellazione. Quando eravamo alle elementari i nostri maestri ci imponevano di imparare a memoria molte poesie, ma anche le tabelline, le capitali, i fiumi e i monti e le formule. E le preghiere. In ogni momento senza consultare un computer potevamo attingere a questa memoria che ci aiutava, consolava, rasserenava.
Ma c’è un salto successivo importante:
non è sufficiente “possedere” un argomento, ma bisogna saperlo esprimere in modo preciso e corretto.
Lo scrivere un pensiero non solo aiuta a comunicare in modo esatto, ti obbliga ad organizzare i tuoi concetti spesso confusi, a fare chiarezza nelle tue idee e sentimenti.
Lo sa bene chi tiene un diario o chi ancora, scrive delle lettere; chiarisce il groviglio sempre molto labile dei tuoi pensieri e sentimenti.
Nel mito del Paradiso terrestre Adamo quando non aveva ancora mangiato il frutto avvelenato della conoscenza del bene e del male, cominciò a possedere il mondo e la realtà intorno a lui osservando gli animali e le cose e dando loro un nome. Per questo fu benedetto da Dio. Don Milani in Lettera a una professoressa scrive “L’operaio conosce 100 parole, il padrone 1000; per questo è lui il padrone”. La parola, la conoscenza di un linguaggio appropriato, ti dà uno strumento straordinario ed efficiente di libertà personale e di affermazione sociale. Il cosiddetto analfabetismo di ritorno “l’ignoranza diffusa” che lamentano i saccenti di turno, è cercata consapevolmente attraverso la distrazione di massa della TV. Serve per tenerci schiavi e sottomessi.
Lasciate che i giovani scelgano gli indirizzi universitarie che desiderano seguendo le loro passioni senza preoccuparsi della spendibilità nel campo del lavoro. Devono studiare prima di tutto per sé, per arricchire la propria anima attraverso le parole sagge dei poeti, dei filosofi e degli artisti del passato, che rischiano di essere cancellate nel fragore mediatico della società.