martedì 21 marzo 2017

"Ma è una scelta sbagliata, alimenta discriminazioni"

«La decisione della Corte di giustizia europea ci delude molto: legittima il perpetuarsi di pregiudizi e discriminazioni contro i musulmani, in particolar modo le donne di fede islamica, già ampiamente sotto attacco in Europa». Lo afferma Iverna McGowan, direttrice dell'ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee.
Cosa non la convince?
«La Corte sostiene che i datori di lavoro non possono assecondare i pregiudizi dei loro clienti. Allo stesso tempo, però, afferma che per assicurare la neutralità delle politiche aziendali si possono vietare i simboli religiosi. Facendo insomma rientrare dalla porta di servizio quegli stessi pregiudizi che dice di condannare».
Teme che una formula di questo tipo apra la porta a nuovi licenziamenti?
«È possibile. Anziché tutelare quelle donne che indossando il velo vogliono solo esprimere i valori della propria cultura, la sentenza offre anzi una scappatoia a chi vuole agire in maniera discriminatoria. Azione particolarmente grave in questo momento, con i musulmani sempre più sotto attacco in Europa e già duramente discriminati nelle scuole e nei posti di lavoro».
Indossare simboli religiosi è un diritto?
«Se si tratta di una libera scelta, se non ci sono pressioni in tal senso, senz'altro sì. Tutti hanno il diritto di esprimere la propria cultura, le proprie tradizioni, i propri valori religiosi attraverso uno specifico modo di vestire. E comunque c'è un'attenzione morbosa solo verso i simboli della fede islamica, il velo delle donne su tutti».
Molti lo considerano un simbolo di oppressione...
«Se la scelta è libera, se non ci sono pressioni bisogna rispettare il diritto delle donne a manifestare così la propria fede. Invece quello a cui assistiamo è il linciaggio di una cultura. Purtroppo viviamo in un'epoca dove anche identità religiosa e aspetto esteriore sono diventati terreno di scontro politico».
Anche la sentenza entrerà nel dibattito politico europeo?
«Le retorica xenofoba è sempre più forte in Europa. Sicuramente questa sentenza sarà utilizzata da Marine Le Pen nella campagna elettorale francese. E poi, essendo un giudizio della Corte di giustizia europea, influirà sulle scelte e sulle prossime leggi di tutti i paesi europei».
Come pensate di reagire?
«Ci saranno senz'altro sfide legali a quanto i giudici hanno scritto ieri. Nel frattempo bisogna monitorare come verrà messa in pratica la sentenza. Capire se i nostri timori di ulteriori discriminazioni sono effettivamente fondati».
Anna Lombardi

(la Repubblica 15 marzo)