giovedì 9 marzo 2017

"Preti pedofili, la Curia non collabora"

CITTÀ DEL VATICANO. Marie Collins, membro irlandese della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, in passato vittima di abusi sessuali da parte di un sacerdote, si è dimessa dal suo impegno presso la Santa Sede. La donna si dice «umiliata» e «frustrata» nel vedere il lavoro suo e quello dei suoi colleghi vanificato o respinto dai dicasteri della curia romana che dovrebbero invece sostenere l'organismo creato dal Papa nel 2014 e guidato dal cardinale Sean O'Malley, arcivescovo di Boston, per la lotta contro gli abusi. «A mio avviso non c'è un motivo specifico che ha portato Collins alle dimissioni - spiega a Repubblica Hans Zollner, presidente del Centre for child protection della Gregoriana e membro della Commissione vaticana - piuttosto si tratta di un insieme di molteplici delusioni, la frustrazione per un lavoro che procede troppo a rilento. Posso dire, tuttavia, che la stessa Collins crede ancora in questo lavoro, tant'è che si è resa disponibile a girare il mondo per parlare della sua esperienza».
A conti fatti, la decisione della Collins scoperchia una realtà esplosiva. Esiste una curia restia al cambiamento, negligente, capace di mettere il bastone fra le ruote alla volontà papale di perseguire quella tolleranza zero sugli abusi sessuali commessi dai sacerdoti spesso sbandierata ma, nei fatti, non sempre realizzata. Collins non fa i nomi e i cognomi degli ecclesiastici che non favoriscono il lavoro. Ma punta il dito esplicitamente contro un dicastero, la Congregazione per la Dottrina della fede, quello stesso dicastero che può promuovere i processi canonici contro i preti sospettati di abuso e che, tramite il cardinale Gerhard Ludwig Müller che lo guida, ha detto recentemente a Repubblica che ogni vescovo deve spingere i predatori ad «autodenunciarsi». Eppure, i casi controversi non mancano. Un recente articolo dell'Associated Press parla ad esempio della riduzione delle sanzioni concessa ad alcuni preti pedofili. Fra questi don Mauro Inzoli, sacerdote condannato per abusi e la cui riduzione allo stato laicale è stata revocata. Oltretevere c'è chi parla di pressioni arrivate da personalità di peso della Chiesa, ma nessuno osa fare nomi.
Con il forfait della Collins la Commissione perde la presenza al suo interno dell'unica vittima rimasta. Prima di lei si era dimesso Peter Saunders, anch'egli vittima di abusi. Collins «proseguirà il suo lavoro in un ruolo educativo, in riconoscimento delle sue eccezionali capacità di insegnamento e dell'impatto della sua testimonianza come sopravvissuta», dice la Santa Sede. Ma in ogni caso, la misura per lei era piena: anche la più semplice richiesta approvata dal Papa, ad esempio il dover rispondere alle lettere inviate dalle vittime di abusi, era stata, spiega lei stessa, «rifiutata da un ufficiale della curia». E anche la raccomandazione di istituire un tribunale per giudicare i vescovi negligenti, decisione approvata dal Papa, è fino a oggi caduta nel vuoto. (p.r.)

(la Repubblica 2 marzo)