sabato 15 aprile 2017

Da troppo tempo puri spettatori

Sia chiaro. Credo sia un errore esagerare nelle attese e nelle responsabilizzazioni affidate in esclusiva alla figura del vescovo di Roma, chiunque ricopra questo compito; è pericoloso farsi contagiare dall'ansia da prestazione che caratterizza il nostro tempo affollato di passioni tristi, nel quadro di quel bisogno di gratificazione istantanea di cui ha parlato, fra i primi, Zygmunt Bauman. Personalmente, anzi, ritengo, inoltre, che non poche corresponsabilità della profonda crisi istituzionale in cui si sta dibattendo da tempo la chiesa cattolica siano da condividersi all'interno della chiesa stessa, a partire da noi cristiani feriali e da noi teologi, spesso autoridotti a essere pura eco del magistero di turno… Da troppo tempo ci siamo assopiti, per dir così, siamo rimasti troppo spesso puri spettatori silenziosi del naufragio in corso, coltivando semmai le arti perverse della maldicenza e del mugugno; e non abbiamo avuto coraggio di parlare con parresìa (spesso, abbiamo agito di conseguenza e ci siamo occupati dei problemi meno spinosi, senza affrontare, ad esempio, la questione cruciale dell'odierno pluralismo religioso, letteralmente silenziata nel dibattito pubblico infraecclesiale). Con eccezioni, benemerite, ma isolate e non di rado eroiche, evidentemente. Ciò detto, è sicuramente lecito, anzi, doveroso, sperare che, grazie soprattutto alla caratura evangelica e alla buona volontà dell'attuale papa, si stia mettendo in moto qualcosa di nuovo, e che stia in effetti crescendo la consapevolezza dell'enormità della posta in gioco: ma ci sarà bisogno di tempo, di pazienza, di educarci al dialogo all'interno e all'esterno, e di una gran dose di coraggio da parte di tutti gli attori coinvolti. Certo, è impossibile sottovalutare gli effetti purtroppo consolidati della drammatica mondanizzazione degli stili ecclesiastici: con esiti disastrosi in termini di mancata testimonianza evangelica, fra l'altro, soprattutto verso quella che don Armando Matteo ha definito la prima generazione incredula… i giovani attuali, i primi a crescere dopo l'esaurimento del regime di cristianità e nel contesto di un irreversibile pluralismo culturale e religioso, che sono giustamente i più sensibili alla coerenza fra il dire e il fare!
Brunetto Salvarani

(Rocca, 07/2017)