venerdì 28 aprile 2017

Due cappellane per le ricoverate del Sant'Anna



Suor Miriam, di Castelfranco Veneto e suor Fe (Fede), filippina, hanno iniziato ieri ad incontrare medici e infermieri, a fare i primi passi nella grande famiglia dell'ospedale Sant'Anna. Primo in Italia, il presidio ostetrico-ginecologico della Città della Salute, il più grande d'Europa, non avrà più un cappellano, ma due: due suore con storie ed esperienze diverse, ma entrambe formate all'accoglienza, alla relazione, all'empatia con la gioia e con il dolore. Suor Miriam, 29 anni, appartiene alla congregazione delle Discepole del Vangelo di Charles de Foucauld. «Sono stata operatrice socio sanitaria - racconta - e impegnata nell'accoglienza alle donne migranti ed emarginate. Il nostro fondatore era aperto alla spiritualità universale». Fe, quarantenne, inglese perfetto, a 17 anni ha aderito alla proposta di una missionaria delle Zelatrici del Sacro Cuore. «Sono partita dalle Filippine nel '90. In Italia sono stata otto anni all'Aquila, con i bambini orfani. A Perugia, invece, ho lavorato con gli anziani». È a Torino da settembre insieme a due consorelle.
«Le suore avranno piena responsabilità - spiega l'arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia -, non saranno collaboratrici di un prete, saranno loro a guidare i servizi della Cappellania del Sant'Anna. Tenuto conto che si tratta de1l'ospedale con la maggiore percentuale di nascite e al tempo stesso dove si curano malattie molto serie, la presenza e il servizio di ascolto - sul piano religioso, per chi lo desidera, e umano - offerto da consacrate a cui non mancano tenerezza e sensibilità, sarà accolto con favore e riconoscenza dalle ricoverate che si trovano in momenti importanti della loro vita». Saranno le due suore a celebrare la liturgia della Parola, l'adorazione eucaristica, i rosari e a fare tutto ciò che è consentito in «circostanze di necessità», battesimo compreso.
Ieri le due religiose, dipendenti part-time dell'azienda sanitaria, accompagnate da don Paolo Fini, direttore dell'Ufficio diocesano di Pastorale della Salute, hanno ricevuto il benvenuto del direttore generale della Città della Salute, Gian Paolo Zanetta. «Abbiamo accolto immediatamente con favore la proposta dell'arcivescovo, una scelta - spiega   che va incontro alle esigenze di una realtà complessa. E non solo perché si tratta di un grande  presidio europeo, ma perché il Sant'Anna è l'approdo della società multiculturale che vive nella città e nella regione. Dell'ospedale si dà per scontato che il servizio sanitario sia buono, ma molto si aspettano i pazienti anche in termini di accoglienza, umanità».
Don Fini sottolinea che «con la presenza delle suore non si è pensato a un "ospedale di genere", ma a trovare persone ben collegate con il mondo attuale, capaci di comunicare con tutte le pazienti». Ancora: «Credere nel ruolo della donna nella Chiesa non a parole ma nei fatti è una scelta ecclesiale di civiltà, di civiltà ecclesiale, voluta dal nostro arcivescovo. Tutto questo è stato possibile anche perché esiste la Cappellania della Città della Salute che supporta tutti gli ospedali, Cto, Molinette, dermatologico, Regina Margherita e Sant'Anna». Ne è responsabile il diacono Francesco Benedic e ne fanno parte alcuni sacerdoti. Saranno loro ad essere convocati per il sacramento che le suore non possono amministrare, l'unzione degli infermi. Naturalmente, si spera, il più raramente possibile.
Maria Teresa Martinengo

(La Stampa 14 aprile)