venerdì 7 aprile 2017

FIGLIO DI DIO: GLI EQUIVOCI DELLA DOGMATICA

Figlio di Dio

Spesso si pensa che “Figlio di Dio” significhi Dio o divinità.
“Per l'Antico Testamento figlio di Dio significa avere ricevuto una missione da Dio e averla portata a termine in un atteggiamento di obbedienza. Questo significato passa nel Nuovo Testamento, cosicché quando Gesù viene indicato come figlio di Dio , si fa riferimento alla missione che il Padre gli conferisce, all'obbedienza con cui Gesù assolve questa missione e alla reciproca confidenza e fiducia che si stabiliscono tra Padre e figlio. Essere il figlio di Dio richiede che si assuma un atteggiamento senza riserve di risposta alla chiamata di un Dio che convoca l'uomo a un'impresa di liberazione” (J.R. Guerrero, L'altro Gesù, Borla, Roma 1977).
“Il Figlio di Dio rende Dio udibile e visibile più di chiunque altro o di qualunque altra cosa e pertanto è il primogenito di tutta la creazione (Col. 1,15). Così egli è superiore a qualsiasi altra creatura. Ma resta inferiore a Dio. Quando Paolo in I Corinti 15,27 applica al Figlio di Dio le parole “tutto ha posto sotto i piedi di lui” (Salmo (8,7), egli eccettua Dio espressamente, concludendo: “quando avrà assoggettato a lui tutte le cose, allora il Figlio stesso farà atto di sottomissione a Colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti” (Bas Van Iersel, Concilium 3, 1982).
“Già nell'Antico Testamento il popolo di Dio veniva detto “figlio di Dio”, ma era chiamato così soprattutto il re di Israele, che all'atto dell'intronizzazione veniva proclamato “figlio di Jahvè”. Ora questo epiteto viene applicato a Gesù: mediante la risurrezione e la glorificazione egli, Gesù di Nazareth, viene “costituito Figlio di Dio”, secondo l'espressione desunte da un salmo. Qui indubbiamente non si allude alla generazione, ma soltanto alla posizione giuridica di prestigio di Gesù, non quindi a una filiazione fisica, come nel caso dei figli degli dèi e degli eroi pagani, ma ad una elezione ed investitura da parte di Dio. Più di altri nomi, quello di “Figlio di Dio” doveva chiarire agli uomini di quel tempo quanto strettamente l'uomo Gesù appartenesse a Dio, quale rilievo avesse la sua posizione al fianco di Dio: non più nella comunità, nel mondo, ma ora di fronte alla comunità e al mondo, subordinato soltanto al Padre e a nessun altro” (H.Kung, 24 tesi sul problema di Dio, pag. 133).
“In questo riferimento a Dio e completa dimenticanza di sé, a quel Dio che Gesù chiamava suo Creatore e Padre, sta la definizione, cioè l'autentico significato di Gesù” (Ed. Schillebeecks, la questione cristologica, Un bilancio. Queriniana, Brescia 1980, pag, 161).
“La preesistenza di Gesù come eterno Figlio di Dio è un modo ebraico ed ellenistico di esprimere il significato salvifico di Gesù”(Brian McDermott, Gesù Cristo nella fede e nella teologia, Concilium 3/1982, pag. 28).
“L'identità di Gesù come Figlio è un'identità rispondente e ricettiva di fronte al Padre, e sottolinea il fatto che Gesù è il primo a ricevere l'offerta di salvezza di Dio, prima di diventare colui che offre la salvezza agli altri” (Brian McDermott, Gesù Cristo nella fede e nella teologia, Concilium 3/1982, pag. 25).
“L'antropomorfismo che ci può fuorviare considerando “Dio” come un nome proprio ha portato i cristiani a pensare che, se Gesù è veramente Figlio di Dio, allora non può essere, per esempio, figlio di Giuseppe. Ma si tratta di un errore. Dire che Gesù è il figlio di Dio non comporta la negazione che era figlio di un altro.” (Nicholas Lash, Riflessioni su di una metafora, Concilium 3/1982, pag. 39).
“Si noti bene che “Figlio di Dio” non significa altro se non l'uomo Gesù in quanto morto e risuscitato, in quanto avente peso salvifico per tutti gli uomini, in quanto centro del progetto di Dio. Quindi anche il famoso schema della preesistenza, che ci sembra così lontano dal Gesù di Nazareth, in fondo non è altro che un mezzo linguistico per poter sottolineare, in una determinata cultura, quella ellenistica, che in Gesù Dio si è espresso al massimo” (G. Barbaglio, Gesù di Nazareth dalla storia alla fede. Arsenale Cooperativa Editrice, Venezia 1980).
Soltanto la manipolazione dei linguaggi biblici ed ellenistici ha potuto fare di Gesù un Dio. Si tratta di una ricerca storica e filologica che ormai da secoli impone una radicale revisione delle formule in cui il credo cristiano parla di Gesù. Purtroppo manca il coraggio, a livello istituzionale, di rendere pubblici i risultati degli studi biblici che continuano ad essere nascosti al popolo di Dio sotto la montagna di dogmi che la predicazione e il catechismo difendono e divulgano.
Franco Barbero