sabato 29 aprile 2017

Il clerico-grillismo nel paesaggio religioso e politico

Ieri, con due mosse simultanee e fragorose, è emersa un'isoletta sconosciuta nel paesaggio religioso e politico del paese: il clerico-grillismo. Una intervista a Beppe Grillo su Avvenire e una al direttore di quel giornale sul Corriere della Sera hanno infatti mostrato una attenzione roboante nei confronti del mondo pentastellato. E oltre a ricordare il peso di errori politici commessi nel triennio renziano, hanno fatto affiorare fisiologici conflitti interni alla chiesa italiana e palesato una distanza fra questa e la Santa Sede gravida di conseguenze.
Poniamoci allora quattro domande.
C'è qualcosa di nuovo in questo esordio clerico-grillino? Sì: suggerire un allineamento fra Grillo e le priorità bergogliane. I 3/4 della visione grillina coincidono con quella della chiesa – quota che neppure a De Gasperi fu mai concessa. Il compromesso sul fine-vita e la lotta all'apertura domenicale dei centri commerciali (invisa anche a Landini, comunque) sono dunque la base di una convergenza fra la Casaleggio e la chiesa? L'idea è a dir poco bislacca: ma se una persona autorevole come Marco Tarquinio la postula vuol dire che una parte della Cei (la popolosa e spaesata platea ruiniana in cerca di un candidato per sostituire Bagnasco) sogna di replicare su altri terreni i tempi in cui l'ossequio ai "valori non negoziabili", espresso tra una cena elegante e l'altra, veniva ricambiato con benevolenza ecclesiastica.
La ipotesi clerico-grillina esprime la posizione della Santa Sede nel suo insieme? No, e per più motivi. Il giudizio della diplomazia vaticana sul movimento grillino discende da una accurata analisi delle biografie e delle priorità del movimento: M5S è un partito con un personale di destra, una vocazione di destra e un destino di destra (analisi avvalorata dalla narrativa interna del movimento: perché chi dice di non essere né di destra né di sinistra è sempre di destra; e chi dice di essere oltre le ideologie ne ha sempre una, pure quella di destra). Il che non vuol dire che la Santa Sede non aprirebbe un dialogo col populismo grillino se diventasse forza di governo: ma non lo farebbe contando all'ingrosso presunte similitudini programmatiche, ma sapendo che quella eventualità porterà l'Italia alla troika e l'Europa della pace al capolinea: prezzi che probabilmente la diplomazia pontificia riterrà cari a fronte di una norma sui centri commerciali. Inoltre la Segreteria di Stato non potrà nascondersi che fra Casaleggio e papa Francesco vi è uno iato incolmato e incolmabile: pace, rifugiati, Europa, migranti, giustizia, fiscalità, salute, ecc., sono solo alcuni dei capitoli che è difficile comprimere in un modesto 25 per cento di disallineamento fra papa e M5S.
L'inattesa sortita clerico-grillina esprime tutta la chiesa italiana? No. E non solo perché di questa mossa spericolata sembra fossero ignari in troppi. Né perché i cattolici italiani (vescovi e non) che hanno mugugnato contro il verticismo ruiniano, non sono riusciti a convergere né attorno alla voce del papa né nella lettura di un paese fragile e ferito. I cattolici di centro-destra non hanno riconosciuto ad Alfano il merito di aver creato un albergo moderato, piccolo, ma sgombro dall'invidia per la xenofobia leghista, l'autoritarismo grillino e la furbizia verdiniana; e non hanno individuato nella corte berlusconiana figure affidabili, perché Gianni Letta lo era da prima e Tajani lo è diventato da sé. I cattolici di centro-sinistra non hanno saputo spiegare a Renzi che la loro ragione sociale è il senso dello Stato e l'unità di quel paese che soffre a cui si rivolge solo Orlando: così coi vescovi non ha parlato nessuno, salvo Gentiloni che parla con quello di Roma e non parla di sé. Rispetto a queste due aree che hanno il grave dovere di fornire al paese un po'di senso di con-cittadinanza, il clerico-grillismo è minoritario: ma l'uscita di ieri dice che se gli altri esitano esso produce ambizioni strabilianti e devastanti.
Ci potrebbero essere obiettivi interni in questa mossa? Certamente sì, non tutti indecifrabili. In pochi mesi Francesco ridisegnerà infatti tutti gli equilibri della chiesa italiana (e in certa misura universale). Sceglierà il vicario di Roma, l'arcivescovo di Milano, il presidente della Cei e i cappelli cardinalizi (da cui in futuro dipenderà anche un conclave che se vedesse gli italiani ancora esclusi per principio sancirebbe il disdoro della chiesa e l'irrilevanza del paese). Ci sono dunque ambizioni che hanno i giorni contati e che cercano di fare del populismo grillino la bilancia per decidere cosa del papato conti o non conti. Tentativo audace.
Perché Francesco potrebbe reagire. O sorridere. O farsi l'idea che la chiesa italiana è proprio così: politicante e avventata.
Alberto Melloni

(la Repubblica 20 aprile)