martedì 11 aprile 2017

L’affondo di Netanyahu: coloni in piena Cisgiordania

BEIRUT. L'era dei divieti e delle limitazioni è finita, aveva detto dopo l'elezione di Trump il premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Così, coerente con quella premessa, giovedì notte Netanyahu ha deciso la costruzione di un nuovo insediamento, il primo dal 1991, nel cuore della Cisgiordania occupata. Un passo che, oltre a sfidare le residue speranze di pace, comporta una dose d'imbarazzo nei rapporti con la nuova Amministrazione americana. Amministrazione che il premier ha inteso tranquillizzare annunciando una nuova politica di contenimento nell'espansione degli insediamenti da intendersi come "gesto di buona volontà".
Persino Trump, considerato il più filo-israeliano dei presidenti americani, aveva avuto qualcosa da ridire sulla potente accelerazione impressa dal governo israeliano dell'estrema destra all'espansione degli insediamenti dopo il giuramento del nuovo presidente degli Stati Uniti.
Gli alleati del Medio Oriente (Giordania, Arabia Saudita, Egitto) gli avevano aperto gli occhi: se Netanyahu continua così come faranno i palestinesi (e i Paesi arabi ancora formalmente in guerra con Israele) a sedersi al tavolo della pace. Su che cosa negozieranno se i territori destinati al futuro Stato palestinese sono già annessi o colonizzati? Dalla Casa Bianca parte l'invito a mettere un freno all'ingordigia del coloni e Netanyahu raccoglie. E siccome Trump non è Obama, ma è «un vero amico d'Israele», e fra amici si discute, ecco che si avvia il negoziato su come rallentare la corsa di ruspa selvaggia ,e dissipare i timori del presidente.
Soltanto che, dopo un paio di settimane, il negoziato fallisce. I due team si separano con un nulla di fatto. Ma Netanyahu non può accontentarsi di un pareggio zero a zero. Il partito dei coloni, che vuole l'annessione della West Bank, lo ha chiuso in un angolo. Le inchieste giudiziarie in corso e forse anche i dieci anni ininterrotti al potere lo hanno indebolito. Sono i coloni gli arbitri del suo futuro. Allora lancia la sua stoccata destinata a suscitare la rabbia dei palestinesi. Un nuovo insediamento con i timbri del governo, come non accadeva dal '91. E per tranquillizzare Trump una lista "unilaterale" di buone intenzioni alle quali nessuno, forse neanche lui stesso, crede.
Alberto Stabile

(la Repubblica 1 aprile)