giovedì 6 aprile 2017

Ospedale Koelliker. Missionari contro. Roma accusa Torino

È una battaglia legal-religiosa del valore di 11 milioni di euro quella che è partita in corso Galileo Ferraris, ai piani alti dell'ospedalino Koelliker. Vanno a uno scontro senza esclusione di colpi i missionari della Consolata di Roma contro quelli di Torino, dopo essere subentrati nella gestione della struttura sanitaria che per un po' di tempo era stata in vendita, e che invece la congregazione ha deciso di risanare prima di mettere definitivamente sul mercato. La guerra in questo caso si chiama "azione di responsabilità": una causa civile che suona come un attacco durissimo ai precedenti amministratori, e in particolare al dominus del Koelliker, l'uomo che per oltre vent'anni ne ha tenuto le redini, il religioso padre Silvano Cacciari. «La sua attività era decisamente assai lontana dallo spirito di servizio che avrebbe potuto e dovuto informarne l'operato - è scritto nella citazione in giudizio firmata dal professore romano Antonio Rizzi - il consigliere delegato, pur appartenendo a una congregazione storicamente attiva nelle missioni e nel sostegno degli svantaggiati, era destinatario di emolumenti che il consiglio accordava con generosità e certamente in misura superiore rispetto a qualsiasi standard di mercato». I missionari romani hanno aperto i cassetti dell'amministrazione e hanno fatto un resoconto dettagliato di quel che hanno trovato. Poi hanno incaricato gli avvocati di chiedere i danni per "mala gestio" ai precedenti amministratori e non solo. Anche la congregazione di missionari torinesi che fino al 2016 è stata azionista di maggioranza della Pro Infantia (la società di gestione dell'ospedale) dovrebbe rispondere in solido dei danni che, secondo i consulenti, provengono da anni di contabilità poco trasparente, forniture strapagate, personale gestito in modo quantomeno approssimativo, ritardi nei versamenti dei contributi.
I religiosi venuti da Roma, o meglio, i nuovi manager da loro nominati, puntano il dito nell'atto di citazione prima di tutto su padre Cacciari. Il suo stipendio, dicono, è passato rapidamente dai 155 mila euro l'anno del 2005, a 200 mila nel 2010, infine a 250 mila euro fino alla fine del suo mandato, nel 2014. «Esercitando il potere di gestione - è sempre scritto nell'azione di responsabilità - con piglio schiettamente padronale, concentrando su di sé ogni potere di indirizzo, assumendo ogni decisione, adottando uno stile manageriale sostanzialmente clientelare» e così via. Dopo di lui, in sequenza, viene l'ex presidente Franco Koelliker, presidente della società pro Infantia, discendente di quell'Enrico Koelliker che nel 1928 diede vita all'ospedale dopo aver perso entrambi i figli piccoli per malattia, e che lo cedette nel 1952 all'Istituto Missionari di Maria S. S. Consolata di Torino per il 98,2% e per la restante parte, minima, all'Istituto della Consolata per le missioni estere con sede a Roma. Due congregazioni che, nonostante i legami sotto il profilo spirituale e religioso, sono, sul piano giuridico, perfettamente distinte. Ma dopo un braccio di ferro di anni nel 2016 i missionari torinesi hanno ceduto tutte le loro quote ai romani, che sono rimasti ora gli unici azionisti della Pro Infantia e cercano di risanare l'azienda.
L'esame dei conti era già partito due anni prima, nel 2014. Quando, grazie alla mediazione delle autorità ecclesiastiche, padre Cacciari e il suo cda avevano acconsentito che i missionari di Roma, azionisti di minoranza, esercitassero i propri diritti e facessero entrare un proprio componente nell'organo di controllo. Fin da quel momento erano emerse le stranezze che ora sono denunciate: cda che non si riuniva se non per approvare il bilancio; il marchio «Koelliker» ceduto gratuitamente a un gruppo di oculisti che esercitavano negli spazi di corso Galileo Ferraris come liberi professionisti; forniture pagate direttamente dai reparti e anche il 10 per cento più rispetto ai competitor; compensi tagliati ai medici senza preavviso e una conseguente causa per centinaia di migliaia di euro.
Il giudice, Gabriella Ratti, ha fissato la prima udienza della causa il 21 giugno prossimo.
Ottavia Giustetti

(la Repubblica 28 marzo)