venerdì 28 aprile 2017

Un libro con cui confrontarsi
Secondo Vitalini, La fede della vita la vita della fede, Cittadella Editrice, pag. 96, € 3,50.

Ricevo in gentile omaggio dai cari amici della Associazione Biblica della Svizzera Italiana questo piccolo libro che costituisce il tentativo generoso e dignitoso, oltre che appassionato, di rendere comprensibile e significativo il linguaggio dogmatico delle confessioni di fede oggi in uso nelle liturgie domenicali ufficiali.
Il libro è ispirato da una fede liberante che la vita e le opere del teologo Sandro Vitalini esprimono con coerenza esemplare.
Eppure, nel pieno rispetto dell'opera e delle sue intenzioni, non riesco a condividere la prospettiva. Penso, infatti, che tali "Credo" siano espressioni di fede linguisticamente irrecuperabili, non più utilizzabili nel contesto della nostra cultura che esige linguaggi nuovi. La continuità nella fede esige, a mio avviso, la pluralità delle formulazioni. Direi di più: oggi il messaggio cristiano deve, a mio avviso, operare un nuovo confronto con la testimonianza della Scrittura per uscire dalla prigione dogmatica.
Il "simbolo Niceno-Costantinopolitano" per molti cristiani, è impronunciabile, prima di tutto perché è espresso in categorie culturali tramontate e poi perché, già nella sua formulazione, risente di un processo di cancellazione della pluralità delle "confessioni" di fede dei primi secoli.
Almeno dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso mi sono congedato da una visione cristologica e trinitaria della dogmatica ufficiale, stimolato dai grandi teologi del Concilio e dal dialogo ebraico-cristiano. Anche per questo, nel più profondo rispetto di scelte diverse, non recito mai il Credo Niceno-Costantinopolitano, senza sentirmi fuori dalla comunione di fede.
Constato con piacere che molti preti, anche seguendo gli stimoli delle comunità cristiane di base dell'America Latina, da molti anni hanno semplicemente omesso questo Credo, trovando espressioni liturgiche assai più aderenti alla Scrittura e alla vita dei credenti.
Non è l'allergia ad una formula, non è una patologia o un cedimento al "nuovismo", ma è la questione della storicità dei nostri linguaggi che diventa centrale.
Abbiamo perso il senso vivo della tradizione che non è solo "tradere" come "portare" nel tempo, ma anche "transducere" come "andare oltre". Dire Dio oggi è "anche" tentare di parolizzare per gli uomini e le donne di oggi il Suo mistero di amore con parole sempre parziali, provvisorie, approssimative, inadeguate...
Grazie per il dono di questo libro che, pur in una prospettiva lontana dal mio impegno teologico e pastorale, mi testimonia la stessa passione per Dio e per le Sue creature che sento attraversare e risvegliare la mia piccola vita quotidiana.
Franco Barbero