lunedì 22 maggio 2017

“Costituente islamica” per l’intesa con lo Stato vertice a Torino

Parte da Torino la ricerca di una rappresentanza unitaria dei musulmani italiani. Nonostante i fedeli nel paese siano oltre due milioni e mezzo non esiste un portavoce unico, titolato a parlare a nome di tutti con il governo.
Questa mattina alle 11 in via Fiochetto 15, nel centro Dar Al Hikma, si apre la prima assemblea per presentare il progetto della Costituente islamica italiana, un organo di 100 eletti attraverso una piattaforma web che vorrebbe superare lo schema delle associazioni di rappresentanza legate ai centri islamici o alle comunità nazionali di immigrati residenti in Italia, fino ad oggi unici interlocutori con le istituzioni.
Altri incontri sono in programma nei prossimi mesi a Bologna, Milano e Roma, «ma siamo partiti da Torino, dove la comunità islamica è numerosa e senza grossi problemi al suo interno» spiega Brahim Baya, presidente dell'Associazione islamica delle Alpi, che però a questo progetto partecipa a titolo personale.
Il comitato promotore dell'iniziativa è formato da una trentina di persone, uomini e donne, alcuni italiani di fede musulmana, altri cittadini di origine straniera. «Vogliamo creare una rappresentanza civile e laica» dice Davide Piccardo, 35 anni, di Milano, tra i fondatori dei Giovani musulmani d'Italia. «Non saremo un partito politico - aggiunge Baya - nessuno di noi si presenterà a qualche elezione, ma il nostro obiettivo è politico perché ci rivolgiamo al governo e alle istituzioni per ottenere finalmente quell'intesa prevista dalla Costituzione e che esiste con molte altre religioni come quella ebraica».
L'intesa di cui parla il comitato della Costituente è quella prevista dall'articolo 8 della Costituzione: la prima è stata firmata con la tavola valdese nel 1984, l'ultima nel 2015 con l'istituto buddista italiano Soka Gakkai. Con i musulmani oggi esiste solo un patto firmato a febbraio di quest'anno «che però è poco più di una dichiarazione di intenti» dice Piccardo. E Baya precisa: «La mancanza di una voce unitaria dell'islam italiano ha sempre fornito un alibi al governo per non portare avanti i lavori per questa intesa».
In ballo ci sono i diritti di una comunità religiosa: «I cittadini musulmani sono uguali a tutti gli altri sul piano civile ma non su quello religioso» spiega Piccardo. Le moschee ufficialmente riconosciute come tali, ad esempio, sono pochissime: anche a Torino, dove i musulmani sono 50mila, esistono associazioni culturali e sale di preghiera ma nessuna vera moschea che abbia un riconoscimento giuridico. «Il nodo dei luoghi di culto è il più importante ma non l'unico. Il raggiungimento di un'intesa ci permetterebbe di ricevere l'otto per mille.

(la Repubblica)