mercoledì 3 maggio 2017

LA LEGGENDA DI SANTA ZITA: COME EVITARE LA COLLERA DEI POVERI

COME EVITARE LA COLLERA DEI POVERI
 2 Maggio 2017  -   Giorgio Nebbia 

     
E’ maggior peccato davanti a Dio rubare ai ricchi per dare ai poveri o lasciar morire di fame i poveri per rispettare la proprietà privata dei ricchi ? Questa domanda “di classe” angustiava Zita (1218-1278), una domestica nella casa dei ricchi mercanti Fatinelli di Lucca, la quale di soppiatto portava via del cibo dalla casa dei padroni per darlo ai poveri.
Le virtù di Zita erano apprezzate dai lucchesi che la chiamavano ”santa” già nei primi decenni del trecento (Dante chiama “anzian di Santa Zita” un personaggio incontrato nel XXI canto dell’”Inferno”), anche se il riconoscimento “ufficiale” della santità da parte della Chiesa Cattolica sarebbe arrivato soltanto nel 1696.
Lo storico Gianni Bergamaschi ha ricostruito di recente le narrazioni della vita di santa Zita apparse nel corso di cinquecento anni alla ricerca di notizie sui “miracoli” a lei attribuiti.
Un giorno Zita stava portando ad una famiglia povera del pane nascosto nel grembiule quando è stata sorpresa dal padrone che le chiese che cosa stesse facendo. Zita rispose che portava dei fiori e aprì il grembiule che conteneva dei fiori nei quali, “per miracolo”, si era trasformato il pane, ed evitò così il rimprovero del padrone. Ancora oggi i lucchesi celebrano la festa della santa, il 27 aprile, con esposizioni di fiori.
E ancora: nella casa dei padroni c’era una cassa piena di fave il cui contenuto restava “miracolosamente” uguale, nonostante Zita ne prelevasse una parte che dava ai poveri.
La storia offre anche l’occasione per una lettura politica: lo “stato”, se operasse pro bono publico, dovrebbe prelevare maggiori tasse da chi ne ha di più per assicurare ai meno abbienti, quei beni e servizi che non possono procurarsi da soli; l’articolo 53 della nostra Costituzione specifica che, per motivi di solidarietà sociale, deve pagare più tasse chi ha più soldi, proprio il contrario di quanto avviene nella realtà. Addirittura le politiche sbandierate da tanti governi promettono la “diminuzione delle tasse”, di cui godono maggiormente i più abbienti, con la conseguenza che i meno abbienti hanno meno beni e servizi utili e necessari: lasciare nella miseria i poveri per non toccare le proprietà dei ricchi.
Le scuse sono note; bisogna toccare poco i soldi dei ricchi perché così possono comprare merci e servizi costosi e possono investire soldi per aprire fabbriche e commerci e creare posti di lavoro, ciò che invece regolarmente non avviene perché i ricchi i soldi se li tengono come dimostrano le statistiche delle evasioni, frodi fiscali e corruzione, che ammontano a circa il 6 % del reddito nazionale italiano.
Una più equa distribuzione della ricchezza monetaria, e quindi delle risorse naturali, acqua, energia, minerali, prodotti agricoli, all’interno di ciascun paese e fra i paesi è una questione non di etica o di misericordia (cioè di amore per i miseri), ma di economia e anche di ecologia politica, è la condizione per evitare la collera dei poveri. Nella iniqua distribuzione della ricchezza, nell’estendersi della miseria, nell’aumento dei poveri respinti dalla mensa dei ricchi, affondano le radici la violenza, il terrorismo, le guerre. Lo sapeva anche il profeta Isaia che aveva detto che la giustizia è la mamma della pace.

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