domenica 14 maggio 2017

ROMA GRILLINA SEMPRE PIÙ SPORCA

Roma. Una montagna di rifiuti indifferenziati pari a 15mila tonnellate. Tanti attualmente se ne sono accumulati nelle fosse dei quattro impianti della capitale, i cosiddetti Tmb, gli impianti di trattamento meccanico biologico, due pubblici di Ama, due privati dell'ex dominus della spazzatura Manlio Cerroni, a Malagrotta.
Una quantità monstre che i Tmb non riescono a lavorare e che giorno dopo giorno ha finito per saturare gli impianti fino a farli scoppiare. Gli stabilimenti si sono trasformati in piattaforme di stoccaggio, dove la spazzatura attende di essere trattata. Ancora una volta Roma paga il suo fragilissimo sistema di gestione dei rifiuti, che per 500 tonnellate al giorno dipende da strutture esterne.
La capitale produce infatti ogni giorno oltre 2.700 tonnellate di indifferenziata: materiale che deve entrare negli impianti per trasformarsi in "cdr", combustibile da rifiuti che a sua volta produrrà energia negli inceneritori. Ebbene, quando tutto fila liscio, i quattro impianti della capitale riescono a trattarne 2.200. Il resto prende la strada di altri comuni e regioni (Frosinone, Aprilia, Aielli in Abruzzo) o addirittura va all'estero (70mila tonnellate all'anno in Austria).
Poi arrivano gli imprevisti, gli incidenti di percorso. Per esempio, l'interdittiva antimafia al consorzio Colari di Cerroni, il rallentamento nella ricezione dei rifiuti, il commissariamento. E di nuovo l'inceneritore di Colleferro, una cittadina in provincia di Roma dove la capitale spedisce il suo cdr, che chiude per manutenzione e che rimarrà inattivo fino a ottobre. Dunque la difficoltà a liberarsi del materiale lavorato, che rimane nello stabilimento, e di nuovo lo svuotamento dei cassonetti in città che si ferma, perché gli operatori non sanno dove portare la spazzatura.
È un copione che sistematicamente si ripete e mette Roma in ginocchio. Prima bastava buttare tutto in discarica, il grande buco di Malagrotta, il più esteso d' Europa. Ma da quando questo è stato chiuso, nell'ottobre 2013, la città si è fatta trovare impreparata ad una gestione alternativa. È un gioco di equilibri precarissimi, un meccanismo di vasi comunicanti che può andare in tilt da un momento all'altro. Dalla fine di aprile, la spazzatura in uno degli impianti Ama, quello del Salario, ha raggiunto il tetto. Un operaio, nel tentativo di creare spazio tra i rifiuti, ha toccato con la ruspa il soffitto, facendo crollare un pannello di cemento. Tragedia sfiorata. Tutto questo perché i tmb di Cerroni avevano ridotto sensibilmente i quantitativi presi da Ama.
La situazione è analoga a quella del luglio dello scorso anno, quando l'allora assessora grillina all'Ambiente Paola Muraro fece irruzione negli uffici dell'Ama con l'operatore al seguito per la diretta streaming, puntando il dito sull'incapacità dell'azienda. Ora i vertici sono di nomina pentastellata, ma nulla è cambiato. Le previsioni anzi sono di un peggioramento dalla fine di giugno, quando gli impianti del nord Italia dove Ama manda l'organico si fermeranno per la manutenzione stagionale.
L'amministrazione precedente targata Pd, con Ignazio Marino sindaco, aveva ipotizzato il superamento dell'emergenza con la realizzazione di quattro ecodistretti, il primo quello di Rocca Cencia, da realizzare al posto del Tmb attualmente in uso. Secondo il progetto, quel primo ecodistretto avrebbe lavorato 250mila tonnellate l'anno di rifiuti di vario genere: organici, plastica e carta, lattine, cartone, legno, vetro, contribuendo a togliere dalla strada 300 tonnellate al giorno di rifiuti indifferenziati.
La giunta Raggi ha rispedito al mittente quel piano, contrapponendogli l'obiettivo di "rifiuti zero". Il nuovo piano non prevede nessun ulteriore impianto, ma quattro centri di compostaggio, ancora da localizzare, e punta sulla percentuale di raccolta differenziata al 70% nel 2021 attraverso il porta a porta esteso a tutta la città. «Un piano molto vago», ha bollato il documento il ministro dell'Ambiente Galletti.
Cecilia Gentile

(la Repubblica 9 maggio)