mercoledì 21 giugno 2017

I DONI DELLA RIFORMA

La Riforma Protestante ha portato alle nostre chiese molti doni. Essere "salvati per l'amore gratuito di Dio" era un punto piuttosto dimenticato nella grande chiesa cattolica romana. In questi mesi abbiamo avuto modo di riandare con il nostro cuore a questo nodo centrale: la "chiesa" non salva. Ovvio, ma non scontato… vista la permanenza dell'indulgenza, del suffragio, di certa teologia sacramentaria… Ma io vorrei porre l'accento su un aspetto che ritengo decisamente rilevante: la Riforma ha cancellato il sacerdozio come potere sacro e gerarchico ed ha, dentro il "sacerdozio universale" dei credenti, dato corpo alla figura e al servizio del pastore e della pastora.
Non si tratta di una realtà e di una terminologia che fa pensare ad un "gregge" obbediente e riverente. "Pastore – pastora" evoca senso e pratica di cura amorevole con un rimando al linguaggio biblico che allude a Dio, a Gesù, alle donne e agli uomini in cui l'amore si esprime nel prendersi cura, accompagnare, avere occhi e cuore per chi fa più fatica…
Ora so benissimo che papà Francesco parla spesso di "pastori". Ancora di più noto con gioia che molti vescovi e "sacerdoti" nel loro stile di vita sono veri pastori. Conosco centinaia di preti "senza sacro e senza casta", anche se in certi momenti operano mediazioni opinabili dentro l'istituzione ecclesiastica. Se penso ai miei confratelli della città e diocesi, quelli che conosco, li trovo quasi tutti fuori casta e "pastori" appassionati. Romero, Ortensio da Spinetoli, Ciotti, Balducci, don Eugenio, don Paolo di Reggio, don Alessandro di Firenze, Alex Zanotelli, Fra Benito, don Fredo, don Angelo, don Pasqualino, don Antonio... Non erano "casta e sacro" don Milani e don Mazzolari… Credo fondamentale il passaggio teologico e strutturale dal sacerdozio al pastorato delle donne e degli uomini. Nel servizio nella cura pastorale donne e uomini scoprono doni che creano nuovi ministeri di animazione comunitaria. È la comunità che forma, indidua e poi accompagna.
Ma al sinodo di Torre Pellice trovo sempre molto significativo il fatto che, riaffermata la pluralità dei ministeri, "senza ombra di casta e di sacro", la comunità intera "consacra" i pastori, le pastore, i diaconi che sono stati preparati e ritenuti idonei.
Non "ordinati", cioè inseriti in un ordine gerarchico e "a parte", ma "consacrati" al servizio della comunità che prega Dio di accompagnarli... La svolta verso la cura pastorale è possibile, se teniamo insieme la "lotta teologica" e la conversione personale. Tenendo conto che, alla base come i vertici, dai sinodi ai coordinamenti, animosità, bassezze e mistificazioni della realtà sono le ombre che accompagnano gli uomini e le donne come noi, attraversati dalle contraddizioni creaturali e sempre bisognosi/e di salvezza.
Franco Barbero