sabato 10 giugno 2017

Il Medioevo dei sudditi

Gesto di sottomissione. Di ubbidienza totale, nella buona e nella cattiva sorte. Era rinchiuso come un sorcio, murato vivo. Ma appena è tornato alla luce la comunità di San Luca ha pianto la cattura di uno che chiamano "u capra"', la capra, vero nome Giuseppe Giorgi, uno degli uomini di 'ndrangheta di un paese che ci fa precipitare nel Medioevo. In tanti l'hanno pianto e qualcuno si è pure inchinato per baciargli la mano, il massimo segno di rispetto. In Sicilia si usava qualche decennio fa, i sudditi davanti al boss a poggiare le loro labbra sull'anello come si fa con vescovi e cardinali. Il capo seduto nella penombra della sua dimora e un "popolo" in adorazione ai piedi di un uomo che per loro era tutto. Tutta la loro vita. A Corleone, negli anni '50, per esempio Michele Navarra era semplicemente 'U Patri Nostru", il Padre Nostro.
In Calabria, in quei paesi aggrappati alla schiena dell'Aspromonte, è ancora così. E anche giù a Reggio. Fanno fermare le statue dei patroni e della Madonna sotto i balconi delle case dei mafiosi, ma fanno sentire la loro vicinanza anche nei momenti più difficili. Come quella folla che si strinse intorno ad Angelo Tegano - anche lui appena arrestato - davanti alla questura di Reggio nell'aprile del 2010. Tanti in lacrime, i bambini sulle spalle degli uomini, tutti a gridare: «È un uomo di pace». Per loro la mafia è come "la mamma", l'origine di ogni cosa. Ricordando un boss morto nel suo letto, qualcuno scrisse in un santino: «La mafia sua non fu delinquenza ma amore».
Attilio Bolzoni

(la Repubblica 3 giugno)