giovedì 8 giugno 2017

Il mio Ramadan da egiziana d'Italia senza rinunciare alla vita quotidiana

Sono nata ad Alessandria d'Egitto ma cresciuta a Reggio Emilia. Fin dalle scuole medie ho digiunato dall'alba al tramonto per tutti i trenta giorni del sacro mese del Ramadan. Ho avuto il piacere di vivermelo solo una volta in estate qualche anno fa in Egitto e di godermi l'atmosfera che si respira sin dalla veglia fino ai festeggiamenti al termine del mese.
Essere cittadina italiana e musulmana oggi è possibile. Digiunare per Ramadan e viversi la quotidianità lo è pure, basta usare, secondo me, un po' di buon senso. Ramadan per i musulmani è come fosse Natale, solo che dura trenta giorni. Mese del calendario lunare islamico che cade una volta all'anno, ogni anno inizia dieci giorni prima rispetto all'anno precedente, seguendo l'avvistamento della luna. Digiunare corrisponde a uno dei cinque precetti della religione musulmana, tanto caro ai fedeli poiché si misurano con la loro forza di volontà, intenzionalità e capacità di purificarsi. Non si mangia, non si beve, non si fuma, non si hanno rapporti sessuali, dall'alba al tramonto per trenta giorni. Dopo il tramonto sì, ovviamente. Ma non si tratta solo di una sottrazione di azioni. Digiunare a Ramadan vuol dire ricercare la propria dimensione spirituale, rendendola più solida, confidando nella pace interiore, nella misericordia e nel perdono degli altri. Si tratta dunque di una dimensione intima, personale, privata: un dialogo interiore tra sé e Dio. Dialogo che si può curare e coltivare sempre tutti i giorni, ma proprio in questo mese è vissuto con maggiore sacralità perché è anche il mese in cui avvenne la rivelazione del testo sacro per i musulmani, il Corano.
Digiunare e vivere quotidianamente la dimensione pubblica e laica dello Stato italiano in qualsiasi ambito esso sia - quello scolastico, lavorativo e nella relazione con amici e coetanei anche non musulmani - è possibile ed è la prassi della mia quotidianità. Ricordo con affetto che fin da piccola amici, compagni di scuola e i loro genitori mi riempivano di domande e io ogni volta a correre dai miei genitori alla ricerca di precise ed esaustive risposte. «Ma non si può bere neanche un goccio d'acqua? Ma la cicca la puoi masticare? Mica la ingoi! La doccia la puoi fare? Ti puoi lavare i denti? Vieni in piscina con noi anche se sei a digiuno?» Molti allora, e altri tuttora, non si capacitano del fatto che si possa resistere tutto il giorno, e mi chiedevano scherzosamente se di nascosto, a scuola, bevessi un goccio d'acqua. Rispondere che non si percepisse la sete o la fame è inverosimile e infatti soprattutto nelle ultime ore prima della rottura del digiuno quando lo stomaco miagola la percezione di sete e fame aumentano. Ma è proprio lì che senti e dai un grande valore all'acqua che tutti i giorni noi sprechiamo, al cibo e alle quantità industriali che si consumano e si sprecano senza curarsi di quante persone al mondo potrebbero saziarsi dei nostri eccessivi sprechi. Ci sono alcune eccezioni per i digiunanti che riguardano chi è in viaggio, chi è ammalato, chi è in dolce attesa o sta prendendo medicinali. Inoltre l'associazione degli imam e delle guide religiose in Italia si è espressa a favore dell'interruzione del digiuno anche per gli studenti che dovranno conseguire gli esami di maturità.
Sono convinta che un adattamento e un adeguamento religioso e culturale al contesto in cui si vive sia necessario e d'altro canto trovo fondamentali i momenti di condivisione, di dialogo e di conoscenza reciproca all'insegna della scoperta di saperi che provengono da orizzonti lontani ma che oggigiorno connotano la nostra Italia interculturale.
Marwa Mahmoud, responsabile progetti di educazione interculturale a Reggio Emilia, è nata ad Alessandria d'Egitto

(la Repubblica, 30 maggio 2017)